In un romanzo-verità a più voci, ascesa, potere e cattura di uno spietato killer di Cosa Nostra, Maurizio Avola diventato in seguito il principale collaboratore di giustizia nella lotta alla mafia catanese.
Maurizio, il “bravo ragazzo” che parla a ruota libera in questo libro, è in realtà Maurizio Avola, uno dei sicari al servizio di Benedetto Santapaola, capo della cosca mafiosa che controllò per decenni Catania e l’intera Sicilia orientale. Dalle rapine al primissimo omicidio – affrontato come un bestiale “esame” sul campo – fino alla terribile routine di decine e decine di uccisioni a sangue freddo eseguite su commissione, l’uomo che nel 1984 assassinò il giornalista Pippo Fava si racconta senza reticenze. La sua voce, intervallata da quella della moglie e dal controcanto lucido e razionale del giudice che raccolse le sue deposizioni, ci sorprende e ci fa orrore mentre svela la logica perversa e spietatamente coerente di un uomo che scelse di essere un soldato della famiglia Santapaola, da lui venerata come un soldato venera il proprio generale, eseguendo gli ordini senza porsi interrogativi. Finché qualcosa in lui non si è incrinato, spingendolo, dopo l’arresto, a collaborare con la giustizia e a permettere ai due giornalisti Roberto Gugliotta e Gianfranco Pensavalli, che per mesi l’hanno ascoltato e intervistato nel carcere dov’è rinchiuso, di raccogliere la testimonianza di una vita che non riesce più a venire a patti con se stessa, rivelandoci una volta ancora il vuoto e il silenzio morale che si nascondono dietro la maschera dell'”uomo d’onore”.