Sebbene dal 2015 le Regioni e gli enti locali non possano più aumentare le tasse locali (come l’Imu, la Tasi, le addizionali Irpef, l’addizionale regionale Irap, etc.), per le tasche degli italiani le cose non sono migliorate.
Anzi, in alcuni casi la situazione è addirittura peggiorata, visto che in questi ultimi 3 anni le tariffe dei servizi pubblici erogati dagli enti locali sono aumentate del 5,6 per cento, vale a dire oltre 3 volte la crescita dell’inflazione.
“Con lo stop agli aumenti della tasse locali – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – molti amministratori hanno continuato ad alimentare le proprie entrate agendo sulla leva tariffaria, incrementando le bollette della raccolta dei rifiuti, dell’acqua, le rette degli asili, delle mense e i biglietti del bus. E tutto ciò, senza gravare sul carico fiscale generale, visto che i rincari delle tariffe, a differenza degli aumenti delle tasse locali, non concorrono ad appesantire la nostra pressione fiscale, anche se in modo altrettanto fastidioso contribuiscono ad alleggerire i portafogli di tutti noi”.
Tra il 2015 e i primi 4 mesi di quest’anno, infatti, le principali tariffe amministrative applicate dai comuni (certificati di nascita, matrimonio/morte) sono aumentate dell’88,3 per cento. Quelle applicate dalle società controllate da questi enti territoriali per la fornitura dell’acqua, invece, hanno subito un incremento del 13,9 per cento, quelle della scuola dell’infanzia del 5,1 per cento, le mense scolastiche del 4,5 per cento, il trasporto urbano del 2 per cento e i rifiuti dell’1,7 per cento. L’inflazione, invece, sempre in questo periodo è salita solo dell’1,7 per cento.