25 luglio 1978: una data storica, rivoluzionaria, nel campo della Riproduzione Medicalmente Assistita. A Oldham, cittadina nel Nord dell’Inghilterra, nasce Louise Brown, la prima bambina concepita in provetta grazie alla fecondazione assistita, tecnica che risulterà fondamentale per affrontare con successo infertilità e sterilità.
Da quel giorno di tempo ne è trascorso davvero molto e in questi 40 anni la PMA ha sviluppato tecniche sempre più sicure, mettendo a disposizione delle pazienti opzioni sempre più sofisticate e raggiungendo risultati fino ad allora impensabili.
Basti pensare che oggi nel mondo, grazie alla fecondazione artificiale, sono nati più di cinque milioni di bambini. E in Europa, se nel 1995 si contavano 100mila cicli, nel 2014 questo numero ha raggiunto quota 700mila. Attualmente negli Stati Uniti e nel Vecchio Continente una percentuale compresa tra l’1 e il 3% delle nascite avviene in seguito ad una tecnica di PMA.
“La Procreazione Medicalmente Assistita rappresenta la realizzazione di un sogno per le coppie infertili che desiderano avere un figlio – afferma la Dott.ssa Daniela Galliano, Direttrice del Centro IVI di Roma – Nel futuro la ricerca scientifica si appresta ad affrontare nuove e affascinanti sfide: dal ringiovanimento ovarico alla preservazione della fertilità nei pazienti oncologici e, grazie agli studi su ovociti e spermatozoi, sarà possibile indagare sempre più a fondo sull’infertilità. Non solo: lo sviluppo della diagnosi pre-impianto aiuterà a contrastare gravi malattie genetiche”.
La Spagna è il Paese all’avanguardia ma anche in Italia, soprattutto negli ultimi anni, sono stati ottenuti risultati davvero eccezionali. A partire dall’inseminazione fino alla fecondazione in vitro e all’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI): nel 2016 sono stati 97.656 i cicli effettuati; con 12.836 mila bambini nati vivi, pari al 2,6% del totale dei bimbi nati.
Ogni anno nel nostro Paese si registrano più di 22mila cicli di trattamento di I livello (inseminazione semplice) e oltre 55mila di PMA in vitro di II e III livello (FIVET, ICSI, e GIFT), mentre sono stati 2.800 i cicli effettuati con donazione di gameti: un numero che corrisponde al 2,9% di tutte le tecniche di PMA realizzate.
Secondo i dati di sintesi dell’attività di PMA per l’anno 2016, se si prendono in esame tutte le tecniche, omologa ed eterologa, sia di I livello (inseminazione), che di II e III livello (fecondazione in vitro), dal 2015 al 2106 aumentano le coppie trattate (da 74.292 a 77.522), i cicli effettuati (da 95.110 a 97.656) e i bambini nati vivi (da 12.836 a 13.582).
Resta costante l’età media delle donne che si sottopongono a tecniche omologhe a fresco: 36,8 anni. Si conferma l’aumento progressivo delle donne con più di 40 anni che accedono a queste tecniche: sono il 35,2% nel 2016, erano 20,7% del 2005. Nella fecondazione eterologa l’età della donna è maggiore se la donazione è di ovociti (41,4 anni) e minore se la donazione è di seme (35,2).
Dal 2014 in Italia è possibile fare ricorso alla fecondazione eterologa, anche se questa tecnica deve fare i conti con lo scarso numero di ovodonatrici e con la disomogeneità regionale nell’accesso ai servizi sanitari.
A 40 anni dalla nascita straordinaria di Louise Brown, oggi mamma di due bambini, gli esperti della PMA si trovano dunque ad affrontare sfide affascinanti. Le tecniche e le terapie sono ormai personalizzate, sono cioè ‘cucite’ su misura per ogni singolo paziente. Oggi, inoltre, si tende a trasferire un solo embrione nell’utero per evitare gravidanze multiple che possono risultare pericolose per le madri e per i figli.