Scusate siete su scherzi a parte. In altri momenti un caso come questo avrebbe avuto molta meno importanza. La storia del calcio, dello sport più in generale, è piena di piccoli gialli d’estate e di classifiche reinventate a tavolino. Tutto avveniva con un buon clamore locale e una discreta disattenzione generale. Stavolta è diverso.
Le dimissioni annunciate dal procuratore del Coni, il generale dei carabinieri, Enrico Cataldi, hanno scosso profondamente il vecchio rapporto tra lo sport e la sua gente. Calcio, pallacanestro, danza o atletica non fa testo: lo sport è vissuto dalla gente, dai tifosi, in modo particolare e la lealtà sportiva, l’etica e il controllo anti frode è visto come garanzia per tutti.
Invece, questo stato di abbandono volontario, di sottomissione totale alle lobby dei presidenti di federazione è la certificazione di un fallimento da parte del Coni. Non c’è più niente di automatico. Questa è il Karma alla quale lo sport Italiano giornalmente assiste.
Ormai c’è la consapevolezza che chi governa lo sport, e quindi le lobby dei presidenti federali, sono in grado di creare una propria realtà a loro piacimento per gestire, secondo i loro principi karmici, lo sport con l’intento di aumentare la preponderanza politico-gestionale nei confronti di chi vuole praticare lo sport con etica, sacrificio, passione e sana competizione.
Vi chiederete ma ciuff…..e…tino sono impazziti? E’ no vogliamo solo illuderci perché non crediamo che sia possibile che il Procuratore Federale della FIGC Pecoraro, cioè colui che deve dare credibilità e rigore alla prima impresa Italiana per fatturato, possa commettere un errore del genere e far naufragare giorni d’indagine per non aver audito il massimo esponente del Chievo Verona cioè il Presidente Campedelli.
Proprio non vogliamo crederci anche se, tutti gli indizi confermano che lo sport è governato da interessi di alcuni che in spregio alle elementari regole vogliono imporre la propria supremazia.
Presidente Malagò, batta un colpo ma molto forte altrimenti la tanta reclamata grande rivoluzione del Coni, in materia di giustizia sportiva, arrivata in pompa magna prima di Natale 2013 che portò in dono l’abolizione del Tnas e dell’Alta Corte, e la creazione di una superprocura affidata a Enrico Cataldi, sarà ricordata come la rivoluzione abortita in Russia del 1905.
Il calcio ci dice che qualcosa, più di una non funziona e non è colpa del povero Ventura; il basket ci dice che la certezza dei campionati e dei controlli è affidata al caso; del ciclismo meglio non parlare come delle ultime vicende che hanno colpito il settore del nuoto. Cosa pensare? Come uscirne? Ecco perché occorre che il presidente del Coni Malagò faccia al più presto chiarezza: tutto deve essere trattato con una durezza che rispecchi la fragilità e la diversità dei tempi. Calcio o basket non cambia: non bastano più le retrocessioni e le squalifiche.
Bisogna cominciare a dirsi che concordare per esempio un risultato è prima di tutto una truffa. Ed è il momento che chi cade nella tentazione di perpetrarla sappia che a giudicarlo può e deve essere un tribunale ordinario.
E nel frattempo assistiamo a decisioni della giustizia sportiva che lasciano basiti, che assestano colpi bassi alla credibilità del mondo sportivo in generale. Riteniamo che non si può più andare avanti con questo assetto del mondo sportivo incapace di gestire la prima azienda nazionale.
Forse è maturo il tempo sopratutto in nome del cambiamento, che va tanto di moda in questo periodo storico, che il governo “carioca” decida di finirla con questa autonomia del mondo dello sport che di fatto è una dittatura di pochi.
Ci vuole una riforma totalitaria che elimini del tutto questi “carrozzoni di potere” che sono diventate le federazioni sportive che pensano solo a spendere risorse con risultati scadenti basta vedere che in 20 anni abbiamo diminuito i risultati sportivi in maniere consistente (20 % in meno di medaglie vinte).
Ciuff…..e…Tino