Le aggressioni verbali e fisiche a medici ed infermieri accompagnano la cronaca degli ultimi mesi come uno stillicidio, testimonianza della rottura del patto di fiducia tra cittadini ed operatori sanitari, assunti a capro espiatorio di tutte le inefficienze e le disorganizzazioni indotte sulla sanità pubblica dai governi nazionali e regionali.
Nella recente indagine dell’Anaao Assomed, ben il 65% dei responder ha dichiarato di aver ricevuto aggressioni verbali o fisiche e tale percentuale sale all’80% per i medici che lavorano nel settore dell’Emergenza/Urgenza.
L’approvazione in Consiglio dei Ministri di un Ddl di iniziativa governativa, che va ad aggiungersi a quelli già presentati per iniziativa parlamentare, con la istituzione di un Osservatorio nazionale e l’inasprimento delle pene per chi aggredisce un operatore sanitario riconosciuto pubblico ufficiale è certamente una prima risposta all’escalation di violenza cui abbiamo assistito in questi mesi. C’è da chiedersi, però, – commenta il Segretario Nazionale Carlo Palermo – se sia sufficiente lavorare sul versante della deterrenza giuridica senza una forte campagna di comunicazione che porti i cittadini a riconoscere ai professionisti della sanità il ruolo civile e sociale che svolgono.
Ogni giorno e ogni notte i medici che entrano in ospedale o salgono su una ambulanza, in questi tempi in cui il rispetto umano dell’altro sembra perdersi, sommano alla determinazione necessaria per curare e salvare la vita di propri simili, la paura di non riuscire a salvaguardare la propria integrità fisica. Ma un professionista sanitario deve poter operare con la serenità necessaria a prendere decisioni difficili, in tempi spesso maledettamente brevi, compiere manovre delicate e rischiose, eseguire complessi e sofisticati interventi chirurgici ed anche comunicare, con la necessaria empatia, eventuali cattive notizie. I dispositivi di sicurezza che si intendono mettere in campo (dalla vigilanza nei pronto soccorso alla centralizzazione delle sedi di guardia medica con un diverso utilizzo dei medici di continuità assistenziale) sono certo utili ma serve un impegno delle istituzioni per promuovere il concetto che un pronto soccorso, una rianimazione ed un ospedale sono gli unici luoghi a disposizione per salvare, per quanto possibile, pazienti in condizioni di salute critiche. Ed è paradossale aggredire coloro cui si chiede soccorso.
Stiamo raccogliendo il frutto amaro di 10 anni di de-finanziamento del SSN, quasi 40 miliardi tradotti in tagli lineari alle risorse professionali, strutturali, logistiche nelle singole Aziende sanitarie, continua Palermo. I pensionamenti senza turn over hanno prodotto la perdita di almeno 50.000 unità di personale dal 2009 al 2017, di cui circa 9000 medici, più di 70.000 posti letto sono stati tagliati dal 2000 ad oggi, le limitazioni degli acquisti di beni (farmaci, protesi, device) hanno pesantemente degradato l’organizzazione delle strutture e reso difficile l’erogazione dei servizi sanitari.
In tale contesto, l’attesa di una prestazione o il ritardo nella presa in carico di un problema di salute vengono vissuti dai cittadini come la negazione di un diritto. Medici ed infermieri da un lato, i cittadini dall’altro sono diventati, su fronti contrapposti, spettatori e vittime innocenti dello scempio quotidiano di un diritto costituzionale.
Non basterà la militarizzazione delle corsie, se non vengono incrementate le risorse del Fondo sanitario nazionale, come previsto nel Contratto di Governo, per restituire alla sanità il maltolto, prerequisito per tentare di ricomporre la frattura creatasi con i cittadini e rilegittimare il ruolo e la funzione dei Medici, anche attraverso la garanzia di migliori condizioni di lavoro che restituiscano loro la serenità perduta. Aprendo finalmente la strada ad un processo virtuoso di reintegro delle dotazioni organiche, primo ed ineludibile passo verso una sanità più prossima agli standard europei e alle esigenze dei cittadini e di tutti gli operatori. E per ciò stesso più sicura.