Le condizioni di lavoro negli ospedali – denuncia l’Anaao Assomed – vanno peggiorando senza freni. Medici e dirigenti sanitari si ritrovano nella morsa della desertificazione delle dotazioni organiche e della crescita di una domanda di salute che non ammette attese o incertezze, che non possano essere risolte da Google.
Alle prese con una burocrazia asfissiante, turni massacranti che non conoscono riposo, ogni anno almeno 15 milioni di ore di lavoro eccedenti il dovuto contrattuale, tutti i week end passati a coprire reperibilità e turni di guardia, estenuanti trattative per conquistare le ferie, aggressioni verbali e fisiche, una crescita esponenziale del rischio clinico e medico-legale, a fronte di retribuzioni inchiodate al 2010 e di progressioni di carriera rarefatte ed invase dalla politica, sono protagonisti, a partire dal ricco Veneto, di un esodo di massa verso settori più remunerativi che consentono anche una migliore qualità della vita. Una fuga che amplifica gli effetti della gobba previdenziale, che collocherà in quiescenza 35.000 medici nei prossimi 5 anni, al netto degli effetti del cambio della normativa annunciato, rendendo ancora piu insopportabile il carico di lavoro di chi rimane ed incerto il futuro del SSN.
Un’attesa frenetica del “fine pena” pervade, dal Nord al Sud, una popolazione professionale invecchiata, frustrata e arrabbiata, la cui uscita determinerà impoverimento del sistema sanitario anche in competenze professionali e sicurezza delle cure, mentre i giovani non sono più attratti dal lavoro negli ospedali.
Una situazione da saldi di fine stagione con il “fuori tutto” sostituito dal “fuori tutti”, figlia del definanziamento decennale del FSN, della svalorizzazione del suo capitale umano, del disinteresse di chi gestisce nei confronti di chi produce e ci mette la faccia. Mentre da più pulpiti si chiede di abolire il numero chiuso a Medicina, tra due anni per 15.000 medici, laureati e abilitati ma esclusi dal completamento del percorso formativo per la insufficienza dei posti, ci sarà solo la scelta tra sottoccupazione, dominata da un caporalato spregiudicato che paga al massimo ribasso il loro lavoro, ed emigrazione, che regala ad altri Paesi il frutto dell’investimento formativo pagato dai cittadini italiani.
Dove sono le condizioni di dignità professionale nei nostri ospedali? Dov’è l’umanizzazione delle cure? Dov’è lo spazio per il tempo di relazione con il paziente che è tempo di cura?
Il collasso della dignità di una professione si accompagna al collasso di un diritto costituzionale dei cittadini: diritto alle cure e diritto a curare, con dignità ed autonomia, sono intrinsecamente legati. O insieme sopravvivono o insieme moriranno.
A quando un decreto dignità per il lavoro ed il ruolo dei medici e dei dirigenti sanitari che tengono in piedi quello che resta del Servizio Sanitario Nazionale?
A quando un tweet che annunci un cambiamento che invochiamo da troppo tempo?
A quando un intervento necessario quanto urgente per il presente ed il futuro della sanità pubblica?