Lo stesso giorno in cui ha avuto inizio l’anno scolastico, ho ricevuto una telefonata da un’amica insegnante di religione che mi portava a conoscenza di un suo progetto da presentare agli organi competenti del plesso scolastico in cui opera (Messina sud) circa l’educazione alla “mondialità” dei bambini con particolare ricaduta sulla messa al bando del razzismo.
Mi chiedeva se avessi del materiale da cui poter ricavare una prima ipotesi di lavoro. L’ho invitata a rivolgersi alla Caritas diocesana e a p. Andrea Cardile, visto pure che la stragrande maggioranza dei miei libri sono ancora inscatolati… La struttura di Via Emilia e il bravissimo chirurgo plastico operano già in questa direzione, seppur con modalità e finalità diverse ma convergenti proprio nell’educare la gente a prendere coscienza che l’altro, il diverso, non è un nemico da combattere ma un fratello da accogliere.
Questa introduzione, mi torna utile nel riprendereil tema (altre volte accennato) e approfondire alcuni segmenti “provocatori” nei confronti dei mass media e dei cristiani che hanno una particolare allergia (ahimè non stagionale) verso gli “stranieri” che circolano nelle nostre città.
L’allergia in questione ha un nome chiaro: intolleranza. E presenta dei sintomi preoccupanti perché con tempistica precisa, a causa dell’ondata xenofoba del momento, la rabbia diventa violenza e parecchi mass-media strumentalizzano i fatti per un tornaconto elettorale.
Chi non ricorda come all’inizio della “invasione storica” degli stranieri soprattutto africani (parlo degli anni ’80), qualcuno teorizzò che costoro fossero causa della diffusione dell’AIDS?
Faccio un altro riferimento più vicino di tempo e di luogo. Circa due mesi fa vi fu un repulisti generale nei confronti dei venditori ambulanti abusivi che stazionavano in una nota località del litorale nord di Messina. Sarebbe interessante calcolare la proporzione numerica fra quanti sono stati gli stranieri e quanti gli italiani sanzionati e allontanati. Forse rivedere le immagini ancora fruibili sul web potrebbe aiutare.
Pare però che né i cristiani, né gli uomini di buona volontà siano mai insorti…perché conviene a tutti farsi gli affari propri. So per esperienza che i sintomi di questo malessere non si curano solo con le polemiche o aggredendo le persone, ma riflettendo sui dati per avviare un confronto che in sé presenti le caratteristiche di una decisa educazione alla mondialità
Non so se i nostri giovani abbiano ancora memoria delle umiliazioni vissute dal nostro popolo a cavallo delle due guerre mondiali e subito dopo il 1945, allorché milioni di uomini, donne e bambini sono stati costretti a lasciare il proprio paese per “cercare pane, fortuna e speranza” nella Mittel-Europa e in America (del nord e del sud).
Forse dell’emigrazione non si parla più nei libri di storia? Ricordo che a Buenos Aires, nell’estate del 1990, conobbi un signore originario del mio stesso comune di nascita che, dopo 50 anni di vita porteña, mi disse: “Ho ancora rabbia per l’Italia che ci ha costretti ad emigrare… La mia patria ormai è questa. Ho detto ai miei figli che, anche se volessero e avessero la possibilità economica di riportare la salma in Sicilia, voglio essere tumulato qui, in Argentina”.
La tolleranza e la solidarietà si imparano anche attraverso la memoria che in questo caso suona nel dettato biblico del primo testamento: “Ricordati che anche tu sei stato straniero” (da quasi tre anni è stato pubblicato un libro il cui titolo ricalca la frase tratta dal Libro del Deuteronomio, a cura di Vincenzo Passerini con una lettera introduttiva di Alex Zanotelli, ed Il Margine. È una chicca perché in appena 84 pagine offre la proposta dell’atteggiamento giusto da tenere come cristiani e come cittadini di fronte alle cause delle migrazioni).
Se questo discorso è valido per tutti, dovrebbe essere un “imperativo categorico” per i cristiani che, legati a tutti gli uomini dal filo dell’amore del Padre, si sentono parte integrante dell’umanità intera e la vivono come dono da condividere. E se questi passaggi dovessero risultare veri e quindi vincolanti ed esigenti, allora proprio i cristiani possono, anzi debbono iniziare a ridiscutere il proprio benessere di fronte alla gente che scappa da fame, guerre, distruzioni, carestie…
La nostra accoglienza deve essere direttamente proporzionata a quanto prescrive il vangelo: “tutto quanto volete che gli altri facciano a voi, fatelo a loro”.
Ettore Sentimentale