Il volume “Povertà in Attesa” di Caritas Italiana si compone di due parti, il diciassettesimo Rapporto sulla povertà e il quinto Rapporto sulle politiche di contrasto. Particolare attenzione è data nel rapporto al tema della povertà educativa, un fenomeno principalmente ereditario nel nostro Paese, che a sua volta favorisce la trasmissione intergenerazionale della povertà economica.
I dati nazionali dei centri di ascolto, oltre a confermare una forte correlazione tra livelli di istruzione e povertà economica, dimostrano anche un’associazione tra livelli di istruzione e cronicità della povertà. Esiste uno “zoccolo duro” di disagio che assume connotati molto simili a quelli esistenti prima della crisi economica del 2007-2008, con la sola differenza che oggi il fenomeno è sicuramente esteso a più soggetti. Si tratta, dunque, di un “esercito di poveri” in attesa, che non sembra trovare risposte e le cui storie si connotano per un’ allarmante cronicizzazione e multidimensionalità dei bisogni.
In Italia il numero dei poveri assoluti (cioè le persone che non riescono a raggiungere uno standard di vita dignitoso) continua ad aumentare, passando da 4 milioni 700mila del 2016 a 5 milioni 58mila del 2017, nonostante i timidi segnali di ripresa sul fronte economico e occupazionale. Dagli anni pre-crisi ad oggi il numero di poveri è aumentato del 182%, un dato che dà il senso dello stravolgimento avvenuto per effetto della recessione economica.
L’evidente particolarità di questi anni di postcrisi riguarda la questione giovanile: da circa un lustro, infatti, la povertà tende ad aumentare al diminuire dell’età, decretando i minori e i giovani come le categorie più svantaggiate (nel 2007 il trend era esattamente l’opposto). Tra gli individui in povertà assoluta i minorenni sono 1 milione 208mila (il 12,1% del totale) e i giovani nella fascia 18-34 anni 1 milione 112mila (il 10,4%): oggi quasi un povero su due è minore o giovane.
L’istruzione continua ad essere tra i fattori che più influiscono (oggi più di ieri) sulla condizione di povertà. Dal 2016 al 2017 si aggravano le condizioni delle famiglie in cui la persona di riferimento ha conseguito al massimo la licenza elementare (passando dal 8,2% al 10,7%). Al contrario i nuclei dove il
“capofamiglia” ha almeno un titolo di scuola superiore registrano valori di incidenza della povertà molto più contenuti (3,6%).
Per quanto riguarda la cittadinanza, la povertà assoluta si mantiene al di sotto della media tra le famiglie di soli italiani (5,1%), sebbene in leggero aumento rispetto allo scorso anno, mentre si attesta
su livelli molto elevati tra i nuclei con soli componenti stranieri (29,2%). Lo svantaggio degli
immigrati non costituisce un elemento di novità e nel 2017 sembra rafforzarsi ulteriormente. Volendo
semplificare, tra i nostri connazionali risulta povera una famiglia su venti, tra gli stranieri quasi una su tre.
Nel corso del 2017 i “volti” incontrati dalla rete Caritas sono stati 197.332. I dati e le informazioni
provengono da 1.982 Centri di ascolto (il 58,9% del totale) collocati in 185 diocesi (che corrispondono all’84,8% delle Caritas diocesane italiane). Rispetto al 2016 si registra un calo del numero medio di persone incontrate in ciascun centro (da 113,9 a 99,6) e al contempo un incremento del numero medio di ascolti (dal 3,2 a 6,6). Diminuiscono dunque le storie di povertà intercettate ma queste risultano più complesse, croniche e multidimensionali. Delle persone incontrate il 42,2% è di cittadinanza italiana, il 57,8% straniera. Nelle regioni del Settentrione e del Centro le persone prese in carico sono per lo più straniere (rispettivamente il 64,5% e il 63,4%), mentre nel Mezzogiorno le storie intercettate sono in maggioranza di italiani (67,6%).
In termini di genere il 2017 segna il sorpasso dell’utenza maschile su quella femminile, dovuto alle
trasformazioni delle dinamiche migratorie, quali il calo delle migrazioni dai Paesi dell’Est, per lo
più di donne impiegate nel badantato, e di contro, l’incremento di richiedenti asilo e profughi
provenienti dai Paesi africani, che vede come protagonisti soprattutto uomini. Il 42,6% delle
persone incontrate nel 2017 sono nuovi utenti; il 22,4% è in carico ai centri di ascolto da 1-2 anni; il 12,3% da 3-4 anni. In aumento la quota, piuttosto alta, di chi vive situazioni di fragilità da 5 anni e più (22,6%). L’età media delle persone incontrate è 44 anni. I giovani tra i 18 e i 34 anni rappresentano la classe con il maggior numero di presenze (25,1%); tra gli italiani prevalgono le persone delle classi 45-54
(29,3%) e 55-64 anni (24,7%); i pensionati costituiscono il 15,6%. Per quanto riguarda lo stato civile le persone incontrate risultano per lo più coniugate (45,9%) e celibi/nubili (29,3%). Aumentano le storie di solitudine e, di contro, diminuiscono le situazioni di chi sperimenta una stabilità relazionale data da un’unione coniugale.
Il 63,9% delle persone ascoltate, circa 89mila persone, dichiara di avere figli. Tra loro oltre 26mila persone vivono con figli minori, un dato importante se rapportato al numero corrispondente di nuclei familiari. Risulta preoccupante la situazione dei minori coinvolti in tali situazioni di fragilità, alla luce del fatto che tali deprivazioni materiali penalizzeranno irrimediabilmente il loro futuro, sul piano economico e socio-educativo. Si attivano spesso dei circoli viziosi che tramandano di generazione in generazione le situazioni di svantaggio.
Per quanto riguarda l’istruzione, la stretta connessione con lo stato di povertà è evidente se si considera che oltre i due terzi delle persone che si rivolgono alla Caritas ha un titolo di studio basso, pari o inferiore alla licenza media (il 68,3%); tra gli italiani questa condizione riguarda il 77,4% degli utenti. La situazione dei giovani della fascia 18-34 anni desta ancor più preoccupazione: il 60,9% dei ragazzi italiani incontrati (fuori dal circuito formativo e scolastico), possiede solo una licenza media; il 7,5% può contare appena sulla licenza elementare.