Una giornata intera nella più prestigiosa istituzione culturale dell’Egitto e del continente africano per parlare di differenza, di capacità di dialogare tra realtà diverse, di amicizia e collaborazione. Temi molto cari al Meeting di Rimini.
La giornata ha preso le mosse dall’incontro “L’estetica della differenza: il modello del Meeting di Rimini”. «Se guardiamo a come è nato l’incontro di oggi», ha affermato la presidente della Fondazione Meeting Emilia Guarnieri, «vediamo che all’inizio c’è stata una amicizia tra noi e Wael Farouq, un’amicizia carica di fiducia reciproca, di stima per le differenze, di desiderio di costruire luoghi dove anche altri potessero fare la stessa esperienza. Questo ha arricchito il Meeting di Rimini e poi, imprevedibilmente, ha dato origine al Meeting del Cairo nel 2010. A Rimini quest’anno è intervenuto Khaled Azab, direttore della comunicazione della Biblioteca di Alessandria, ma già nel 2017 avevamo ascoltato il direttore Mostafa El Feki. Proprio in occasione di quella visita lui aveva lanciato l’idea di realizzare un “Meeting” in Egitto. Quel pomeriggio dell’agosto 2017 questa possibilità mi era parsa affascinante quanto lontana. Oggi, con gratitudine ed emozione, la vediamo realizzata».
«Possiamo trovare la differenza come valore positivo nell’Islam?», ha fatto eco Farouq. «Sì, perché è basato sulla tolleranza, anche se non amo il modo con cui questa parola è usata, troppo spesso sottende un odio da parte di chi tollera. Ma questo principio è presente è in tutte le religioni abramitiche che si basano sulla testimonianza. Nell’altro noi troviamo una parte della nostra identità. L’espressione “Mi manchi” in arabo deriva da un termine che indica la fame, la povertà. Abbiamo bisogno degli altri, sono parte di noi stessi».
Subito di seguito, il secondo momento della giornata, “La differenza, una base della conoscenza”, incontro aperto da Marco Bersanelli, ordinario di Astronomia e Astrofisica all’Università Statale di Milano. Bersanelli ha riproposto alcune tappe di storia della cosmologia, mettendo in luce il ruolo degli astronomi egizi, capaci di misurare con estrema precisione la posizione degli astri, e poi proseguendo con gli astronomi greci, il sistema tolemaico, le concezioni medievali fino all’oggi, per concludere con un versetto del Corano “il cielo lo abbiamo costruito magistralmente e noi ne allarghiamo di continuo gli spazi”, che sembra prefigurare l’universo in espansione, accompagnato dal Salmo «Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra».
Salah Fadl, linguista di chiara internazionale, coinvolto anche nella stesura della Costituzione egiziana, ha sottolineato che non si cresce nonostante le differenze ma grazie alle differenze. «In arabo la radice della parola “differenza” significa generazione, l’eredità, l’avere dei figli». La differenza è feconda quindi, perché «tutte le arti si appoggiano sul concetto di armonia delle differenze, non possiamo con un solo colore dipingere un quadro o con una sola nota comporre un’armonia». Khaled Azab, direttore della comunicazione alla Biblioteca di Alessandria, ha messo in evidenza l’apertura tipica del popolo egiziano, che storicamente ha sempre accolto gli stranieri, integrandone anche aspetti linguistici e culturali. Un approccio che trova espressione anche nel nuovo Museo delle religioni nato di recente al Cairo.
Nel pomeriggio poi l’incontro “Vogliamo tutto: il Sessantotto in Italia e in Egitto” aperto da Ahmed Bahaa el-Din Shaaban, segretario generale del Partito Socialista Egiziano, che visse in prima persona il 68 egiziano. «La nostra condivisione delle lotte di tutto il mondo aveva anche un altro risvolto, la protesta contro l’invasione israeliana dell’anno precedente», ha ricordato el-Din Shaaban, «per quanto isolati dal resto del mondo, anche noi cercavamo una liberazione, eravamo tutti insieme a prescindere da razze e religioni, eravamo una generazione capace di sperare in un futuro migliore».
Al ’68 egiziano si è richiamata anche Emilia Guarnieri, che ne ha messo in risalto alcuni aspetti anche letterari. «Loro, come noi italiani, seguendo Marcuse volevamo lottare contro il consumismo che riduceva l’uomo a una dimensione unica; in quel momento la domanda “io chi sono?” veniva fisicamente messa in piazza, e inoltre eravamo la prima vera generazione globalizzata, ci si concepiva in nesso con il mondo». Un tentativo di costruire il mondo nuovo eliminando ogni ostacolo, basandosi sull’utopia, che ben presto ha generato anche esiti violenti. «Ciò che oggi resta come eredità viva e attuale di quella stagione di lotte, di desideri e di utopie, è una domanda acuta sul cambiamento del mondo, perché, come diceva Paolo VI, “In questa insoddisfazione giovanile c’è un segreto bisogno di valori trascendenti”».
Durante la giornata c’è stato tempo anche per una visita alla grandiosa biblioteca, realizzata nel 2002 grazie al contributo dell’Unesco, e anche alla promozione del territorio in cui il Meeting si svolge, con la visione di video di Destinazione Romagna e l’invito ai presenti alla quarantesima edizione del Meeting, che si svolgerà dal 18 al 24 agosto 2019.