Le promesse del governo del cambiamento sull’abbattimento immediato del precariato scolastico non trovano alcun riscontro nella legge di bilancio. Dopo la denuncia dell’Anief, ad ammetterlo è stato anche il Ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, intervenuto al Question Time alla Camera.
Rispondendo ad una precisa domanda sugli organici dei docenti, in particolare sull’ampliamento di quelli della scuola dell’infanzia e primaria, il Ministro ha detto di avere “chiesto al presidente del Consiglio Conte e al ministro dell’Economia Tria che nella legge di bilancio vengano trovate le risorse per il rafforzamento dell’organico dei docenti, in particolare alla scuola dell’infanzia e alle primarie”.
Perché solamente “attraverso un consistente ampliamento dell’organico che riguarderebbe, in particolare, le regioni meridionali dove è maggiore l’esigenza di potenziamento del tempo pieno – ha concluso Bussetti – potranno, infatti, crearsi le condizioni per dare soluzione agli effetti negativi prodotti dalla legge 107″. L’ammissione del Ministro non è sfuggita ai commenti della stampa specializzata. “Ci si aspettava che le risorse venissero stanziate nella legge di bilancio – scrive Orizzonte Scuola – ma di nuovi posti neppure l’ombra. A farne le spese, come al solito, il potenziamento del tempo pieno al sud, nonché le assunzioni in più per infanzia (si contava di recuperare 20.000 posti). Nel complesso, i posti che sono saltati, rispetto alle aspettative del Miur, sono 27.400”.
Salvo interventi in Parlamento, quindi, sfuma il “pacchetto” di 27.400 assunzioni di insegnanti a Ata che il Ministro dell’Istruzione ha presentato in vista del prossimo anno scolastico. E allora viene da chiedersi: perché i politici di maggioranza e al governo, in testa lo stesso Ministro dell’Istruzione, continuano a perorare l’esigenza di incentivare sensibilmente il numero di cattedre nelle regioni dove i tassi di abbandono scolastico e disoccupazione sono altissimi e dove l’offerta culturale è vicina ai Pasi del terzo mondo? Perché si continua a penalizzare il primo ciclo, in particolare la scuola dell’infanzia, negando un potenziamento di organici degno di questo nome?
Solo qualche settimana fa, avevamo ascoltato con serio interesse le parole dell’on. Luigi Gallo (M5S), presidente della commissione Cultura alla Camera, che ha parlato della necessità di organizzare delle iniziative culturali nei territori più degradati, affermando che “è necessario trasformare le scuole in presìdi di aggregazione per attività culturali ed educative” e riguardo al tempo pieno ha preso un preso un preciso impegno, sostenendo che “in questi cinque anni, bisogna necessariamente ridurre quella distanza che separa il Settentrione dal Meridione. Laddove esiste questo divario vanno posti rimedi. Il contratto di Governo prevede il recupero dei gap che esistono fra una regione e l’altra”.
Ora, però, le buone intenzioni si perdono nella concretezza delle disposizioni del governo. Del progetto di ampliamento del tempo pieno, attraverso l’innalzamento degli organici del personale, non c’è traccia all’interno del testo della manovra economica del 2019: “I 27.400 mila posti chiesti dal Ministro Bussetti – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – erano già una quota risibile, rispetto alle effettive necessità, visto che oggi vi sono 120 mila posti vacanti, di cui quasi le metà su sostegno. Avere negato anche quelli significa che al momento non c’è alcuna volontà di investire su potenziamento tempo pieno. Addirittura, se non si cambia marcia, la prossima estate potremmo ritrovarci con un numero record di supplenti annuali. Così il governo del cambiamento negherà se stesso. Inutile promettere mari e monti se poi nell’unico provvedimento utile, nella legge di stabilità, non si trovano coperture finanziarie”, conclude Pacifico.