In occasione del centenario dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, il Centro Culturale Cattolico San Benedetto, propone una Mostra fotografica all’attenzione della cittadinanza e del pubblico. Per l’occasione è stato pubblicato un volume, «La Grande Guerra. Politica, Chiesa, Nazioni», edito da Lindau (2014), uno strumento di tipo divulgativo e nello stesso tempo di alta qualità sotto il profilo scientifico, che consenta una viva riscoperta di ciò che storicamente ricordiamo, unitamente ad uno stimolante approfondimento circa le implicazioni e le conseguenze che ha avuto sul mondo di ieri e su cosa può dire a noi oggi.
Leggo dal sito del Centro Culturale (cccsanbenedetto.wordpress.com) che la mostra si potrà vedere presso la Scuola Secondaria di 1° grado, “A. Ronchetti” de l’Istituto Comprensivo Vanzago-Pogliano Milanese, dal 12 al 15 novembre.
Il testo consiste in una serie di schede di alcuni studiosi, curate da Luca e Paolo Tanduo, che formano una ricerca di studi accurata e sintetica sulla guerra. «Studi, mostre, convegni vengono organizzati in tutta Europa per ricordare i 100 anni della Grande Guerra – scrive Don Giulio Zagheni – Il presente volume e la mostra a esso collegata si inseriscono in questo cammino e ripercorrono alcune tappe del tragico conflitto, leggendolo dal particolare punto di vista della Chiesa e degli eventi italiani».
Le conseguenze della Grande Guerra sono impressionanti, secondo don Zagheni: 10 milioni di morti, 21 milioni di feriti e dispersi; l’annientamento degli imperi austro-ungarico e zarista; la rivoluzione russa (1917-1920); la guerra civile spagnola (1936-1939); la guerra civile in Italia tra fascisti e antifascisti; la guerra nella ex Jugoslavia; la seconda guerra mondiale, con 50 milioni di morti.
In questa prima grande guerra, vincitori e vinti uscirono dal conflitto sconvolti su tutti i piani, da quello economico e ideologico, a quello politico e sociale. I grandi studiosi come Furet, Nolte la chiamano la «la guerra civile mondiale».
Si inizia con le ragioni del conflitto; si parte dal 1905, con numerosi interventi che posero le basi per lo scoppio del conflitto. Il testo focalizza l’attenzione sui motivi culturali come la diffusione di una certa «‘statolatria’, che dava alla guerra un’assurda cornice romantica, anestetizzando la paura e sacralizzando la morte». Infatti, «la cultura giocò un ruolo fondamentale nel sostenere il conflitto soprattutto in Francia e in Germania dove gli intellettuali giustificarono la scelta nazionale». Bergson parlò di «lotta della civiltà contro le barbarie». Ma anche gli intellettuali tedeschi pensavano di avere una missione civilizzatrice. In pratica ogni parte era convinta di combattere una guerra giusta. «In Italia, intellettuali e giornalisti, tra cui personalità come Gabriele D’Annunzio e il direttore del Corriere della Sera, Luigi Albertini, riuscirono a convincere un paese sostanzialmente neutralista alla causa irredentista e interventista».
Subito dopo, si passa ai protagonisti di quegli anni terribili: Francesco Giuseppe, lo zar Nicola II, il Kaiser Guglielmo II e poi i primi ministri degli Alleati francesi , inglesi, italiani. Da pagina 26 a pagina 38, il libro si ferma sul movimento cattolico, sui cattolici di fronte allo scoppio della guerra. I cattolici di fronte allo Stato liberale, si erano divisi tra intransigenti e transigenti, venivano dagli anni del non expedit; di non partecipazione alle competizioni elettorali. Poi nel 1913 con il Patto Gentiloni, per la prima volta parteciparono cogliendo un ottimo risultato. Intanto nasce il Partito Popolare di don Luigi Sturzo, che avrà un certo ruolo durante la guerra. A questo punto di fronte alla guerra, i cattolici si dividono in interventisti e neutralisti. L’interventismo era appoggiato da varie forze politiche e culturali: i nazionalisti, i repubblicani, alcuni socialisti riformisti, i sindacalisti rivoluzionari, come Mussolini, direttore del “Popolo d’Italia”, poi i liberali non giolittiani, la massoneria italiana e molti giornali. Nel 1915, ci sono state le «radiose giornate», del 16, 20, 24 maggio, a favore della guerra.
A Roma, D’Annunzio richiamava il mito della Roma dei Cesari a favore della causa interventista. D’Annunzio nella sua oratoria, usava anche simbolismi sacri e paganeggianti. Poi c’erano le posizioni neutraliste dei cattolici intransigenti, quindi a favore dell’Austria che consideravano un baluardo contro i nemici dell’Europa cristiana. Per questi la massoneria era a favore della guerra con lo scopo di distruggere l’impero austriaco, ultimo residuo di quel Sacro Romano Impero. Tra i neutralisti, il libro, si sofferma su Filippo Meda che si ispirava alla dottrina della Chiesa, rifiutando la deriva materialista socialista.
Le nuove tecnologie, ampliavano il potere distruttivo degli armamenti, modificarono sensibilmente il modo di condurre la guerra. Il testo, dettagliatamente, riporta i numeri delle varie forze armate in campo. Nella marina hanno un grande peso le corazzate. La prima super-corazzata fu la Queen Elizabeth. Un grande ruolo nella Grande Guerra l’ha avuto l’aviazione. L’aereo è stato uno delle grandi novità della Prima Guerra mondiale. «Il volo comportava rischi notevoli perché gli apparecchi erano poco sicuri e per questa ragione era fondamentale la bravura dei piloti, i ‘cavalieri del cielo’, costretti a volare senza paracadute, perché ingombrante». Leggendari sono stati alcuni aviatori come il tedesco barone rosso, Manfred von Richthofen o il nostro Francesco Baracca.
La caratteristica principale della Grande Guerra, è stata la guerra di trincea, tra i reticolati. Il conflitto doveva essere veloce, ben presto si è trasformato in una guerra di posizione dominata dalle trincee con reticolati. In questo tipo di guerra il protagonista diventa, «il logoramento fisico e psichico, lo stress, la presenza continua della morte, ebbe un grande impatto sui soldati. I campi di battaglia erano caratterizzati dalla presenza di ostacoli passivi, filo spinato, lavori di fortificazione campale, trinceramenti di vario tipo, ricoveri, osservatori, camminamenti».
A terra venivano utilizzate le mitragliatrici che falcidiavano il nemico. Nel primo giorno dell’offensiva sulla Somme, gli inglesi nel 1916, persero 20.000 soldati, uccisi in gran parte dal fuoco automatico dei mitraglieri avversari. Poi sono stati utilizzati i gas, i primi furono i francesi e non i tedeschi.
Per la prima volta viene utilizzato il carro armato, furono gli inglesi a costruirlo per primi. Il testo riporta brevemente le grandi battaglie che hanno causato le gratuite carneficine di milioni di uomini. A Verdun morirono 300 mila soldati francesi e 300 mila soldati tedeschi. La guerra di trincea portò a sanguinosi scontri per la conquista di pochi metri.
Sul fronte italiano ci furono dodici grandi battaglie contro l’esercito austro-ungarico, che provocarono tra italiani e austro-tedeschi 410 mila morti. Altra caratteristica furono i bombardamenti delle città. Lo spiegavo ai ragazzini più grandi delle elementari come la Guerra era cambiata. Ormai era totale, per la prima volta anche i civili erano coinvolti, combattevano tutti, non solo i soldati. Ecco i bombardamenti delle città indifese, la Santa Sede, il Papa Benedetto XV deplorava tali bombardamenti. La Chiesa ha sempre protestato per i morti civili e la distruzione dei monumenti e dei tesori d’arte e cultura.
Il testo curato dal Centro Culturale S. Benedetto, sottolinea la tregua di Natale del 1914, quando ancora la perdita di umanità non aveva fatto presa nei belligeranti.
Il testo dà conto della cosiddetta «guerra bianca», quella parte di conflitto che ebbe come teatro le cime e i ghiacciai dell’Ortles-Cevedale e dell’Adamello, dove i nostri alpini si scontrarono con i Kaiserjager. Qui il testo brevemente accenna agli episodi, alle leggendarie imprese degli alpini. Una guerra che si svolse tra i 2000 e i 3000 metri, per cui i soldati furono falcidiati più dalle slavine, dal gelo che dalle mitraglie.
Naturalmente si menziona la situazione degli italiani del Trentino, divisi tra quelli favorevoli agli austriaci e chi invece con il governo italiano.
A questo proposito diventa difficile il ruolo assunto dai tanti sacerdoti, diventati nel frattempo cappellani, vicini alle truppe di combattimento, a pagina 74, c’è una scheda, dove viene affrontato l’argomento, prendendo in esame il caso di padre Semeria, che euforicamente ha aderito agli ideali nazionalistici, della Patria in combattimento. Ma ben presto ha dovuto ricredersi, venendo a contatto con le varie carneficine.
La Chiesa, la Santa Sede era da sempre neutrale. Papa Benedetto XV, è passato alla storia per la celebre frase dell’inutile strage, dando un giudizio estremamente negativo della guerra che si stava combattendo.
Il Santo Padre in un articolo dell’Osservatore Romano, intitolato «La Chiesa e i suoi ministri nelle amarezze dell’ora presente», chiariva la missione propria del sacerdote in guerra. Riferendosi ai sacerdoti, il papa scriveva, «[…] non dimenticheranno mai che, al di sopra delle aspirazioni anche legittime del sentimento patriottico, è da porsi costantemente l’interesse generale della Chiesa e dell’umanità, ricordando sempre di essere ministri di Colui, che anche nel mezzo agli spasmi della sua passione, non aveva parole di amarezza e di odio per i suoi carnefici, e moriva perdonando ai propri nemici».
Il testo sporadicamente fa riferimento a quei vescovi che si trovano coinvolti in prima persona nella guerra, come quello di Padova, di Trento, di Vicenza. Non è stato facile per loro mettere in atto le direttive della Santa Sede. Nel testo si fa solo qualche accenno alla persecuzione o quantomeno all’ostracismo che hanno subito tanti sacerdoti, religiosi, da parte dell’amministrazione statale italiana, che spesso li vedeva come disfattisti, antipatrioti.
Il testo si sofferma sulla difficile diplomazia vaticana per scongiurare la guerra. In particolare si guarda alla corrispondenza del papa con l’imperatore Carlo d’Asburgo, che tentò in tutti i modi di salvare, senza riuscirci , l’Austria-Ungheria, ma soprattutto di fare la pace. Sull’eroica figura di Carlo I° d’Austria, il libro dedica una scheda, per evidenziare il suo impegno per la pace.
Inoltre si evidenzia l’impegno della Chiesa cattolica per le numerose popolazioni che a causa della guerra stavano letteralmente morendo di fame, sui tanti profughi, sballottati da un fronte all’altro. Il papa, i religiosi erano sempre vicini ai loro bisogni.
Benedetto XV si spese molto per risolvere la questione dei prigionieri di guerra, per la loro assistenza. Nel libro si ricorda la vergognosa posizione del governo italiano, che praticamente ha abbandonato i propri soldati prigionieri, non firmando il trattato di Berna sui prigionieri. Mi riferisco allo scambio dei prigionieri tra italiani ed austriaci. Sonnino e Diaz temevano l’aumentare del disfattismo e delle diserzioni. Qui si dovrebbe ricordare l’odiosa fucilazione di tanti poveri soldati italiani da parte delle squadre di carabinieri, obbligati a svolgere quel ruolo tanto odioso di fucilare chi disertava o aveva paura di combattere. Ricordo la mia recensione al prezioso testo di Monticone e Forcella, «Plotone di esecuzione. I processi della prima guerra mondiale», edizioni Laterza (2014).
Il testo si chiude con le schede che riguardano il dopoguerra. Interessante quella sulla Russia e la profezia di Fatima, e quella sull’eccidio degli Armeni. Almeno 1 milione e 400 mila armeni massacrati dai Giovani Turchi, tra deportazioni di massa e vari assassini.
Il testo si limita ad osservare i fatti e gli avvenimenti della Grande Guerra, qua e là fa qualche considerazione politica, forse bisognava essere un pochino più critici sul Governo italiano, sul ruolo degli intellettuali, di certi partiti, della massoneria e soprattutto su certi ufficiali dell’esercito italiano che non hanno avuto un comportamento irreprensibile.
Domenico Bonvegna