Porte Aperte: oltre 245 milioni i cristiani perseguitati nel mondo

Porte Aperte ha pubblicato la WORLD WATCH LIST 2019 (WWL periodo di riferimento ricerche 1 novembre 2017 – 31 ottobre 2018), la nuova lista dei primi 50 paesi dove più si perseguitano i cristiani al mondo.

 

Primo dato degno di nota: cresce ancora la persecuzione anti-cristiana nel mondo in termini assoluti, così come cresce il numero di paesi dove essa si verifica. Oggi salgono ad oltre 245 MILIONI i cristiani perseguitati, sostanzialmente 1 cristiano ogni 9 subisce un livello alto di persecuzione a causa della propria fede.

Sui 150 paesi monitorati dalla nostra ricerca, 73 hanno mostrato un livello di persecuzione definibile alta, molto alta o estrema (punteggio superiore a 41), mentre l’anno scorso erano 58. Il numero di cristiani uccisi per ragioni legate alla fede sale da 3.066 dello scorso anno a 4.305 del 2018, con la Nigeria ancora terra di massacri per mano soprattutto degli allevatori islamici Fulani, oltre che dei terroristi Boko Haram. Si contano infatti 3.731 cristiani uccisi in questa nazione, con villaggi completamente abbandonati dai cristiani, che alimentano il fenomeno degli sfollati interni e dei profughi.

Sono 11 le nazioni che rivelano una persecuzione definibile estrema. Al primo posto troviamo ancora la Corea del Nord, la quale, nonostante lo scongelamento delle relazioni seguito al vertice Trump-Kim Jong un, non offre segnali di miglioramento: si stimano ancora tra i 50 e i 70 mila cristiani detenuti nei campi di lavoro di questo paese per motivi legati alla loro fede. Anche Afghanistan (2°) e Somalia (3°)

totalizzano un punteggio superiore ai 90, ma ovviamente per ragioni diverse rispetto alla Corea del Nord, connesse a una società islamica radicalizzata e all’instabilità endemica di questi paesi. La Libia (4°), stato diviso e fragile, peggiora leggermente: il blocco ulteriore dei flussi migratori attraverso il Mediterraneo comporta che molti cristiani in fuga dai disordini e dalle persecuzioni dell’Africa subsahariana rimangano bloccati in questo paese, rendendoli ancora più vulnerabili a pressioni o violenze. La cronaca in Pakistan (5°), vedasi il caso di Asia Bibi e i seguenti disordini, ha dimostrato

ancora una volta il motivo per cui questa nazione si trovi ai vertici della WWList, con aggressioni, ingiusti incarceramenti, sentenze di pena di morte per blasfemia ed almeno 28 assassini documentati di cristiani. A proposito di incarceramenti, registriamo 3.150 cristiani arrestati, condannati e detenuti senza processo, poco meno del doppio del 2017. Ricordiamo che questi sono dati di partenza verificati, dunque il sommerso, sia nell’ambito degli assassini che degli incarceramenti, potrebbe aumentarli di molto. Sono invece 1.847 le chiese (ed edifici cristiani direttamente collegati ad esse) attaccati nello stesso periodo. Continua l’involuzione della situazione in Asia, dove includendo il Medio Oriente addirittura 1 cristiano ogni 3 è definibile perseguitato. Ad accelerare questo processo è il peggioramento della situazione in Cina, risalita al 27° e al primo posto per incarceramenti di cristiani, e in India, la quale dall’ascesa al potere del Primo Ministro Modi è stata scenario di un costante aggravamento della condizione dei cristiani, fino a entrare nella top 10 della WWL 2019.

Anche in tutto il vicino Nord Africa peggiora la condizione dei cristiani: oltre alla Libia, allarmano le chiusure di chiese in Algeria (22°), gli episodi di violenza in Egitto (16°), il malcontento generale in Tunisia (37°) e la ricomparsa del Marocco (35° – era uscito dalla WWList nel 2014). Rimangono preoccupanti le situazioni in Medio Oriente (in particolare in Siria 11°), nella Penisola Araba (soprattutto nello Yemen 8°) e nel Corno d’Africa, dove l’accordo Etiopia-Eritrea per ora non ha migliorato la condizione dei cristiani in Eritrea (7°). Non passa di certo inosservata la ricomparsa della Federazione Russa (41°), per motivi collegati a leggi sulla libertà religiosa sempre più restrittive e certamente agli attacchi di chiese avvenuti in Dagestan e Cecenia. In alcuni paesi dell’Asia Centrale, lo Stato, per ragioni connesse al controllo del territorio, tenta deliberatamente di ridurre lo spazio in cui la società civile può operare. In relazione alla libertà di culto dei cristiani, questa attitudine prende regolarmente la forma di raid nelle chiese e tentativi di impedire ai cristiani di riunirsi. È anche per questo motivo che l’Uzbekistan (17°) e il Turkmenistan (23°) ottengono punteggi elevati nella sfera della persecuzione nella “vita di chiesa”.

L’oppressione islamica continua ad essere la fonte principale di persecuzione dei cristiani, ma l’ascesa del nazionalismo religioso, con le 2 connotazioni induista in India e buddista in stati come il Myanmar, si presenta come prorompente fonte di discriminazione anti-cristiana (e di altre minoranze). La recrudescenza dell’opposizione comunista/post-comunista in nazioni come Cina e Vietnam conclude il quadro delle maggiori fonti di persecuzione, anche se degni di nota rimangono Messico (39°) e Colombia (47°), nazioni cristiane dove l’intolleranza arriva soprattutto quando i leader delle chiese sfidano la corruzione e i cartelli della droga, e nelle aree rurali per ragioni connesse all’antagonismo tribale.