Durante il Natale i cristiani si prostrano davanti all’immagine di Gesù bambino. Sono gli stessi che il Venerdì Santo si genuflettono davanti al crocifisso. «E forse in questo bipolarismo c’è una risposta, perché nel tardo medioevo la contemplazione dell’umanità di Gesù si è concentrata sugli episodi dell’infanzia e della passione. Basterebbe pensare ai misteri del rosario».
Nelle vacanze natalizie ho letto un libro che riesce bene a inquadrare la storia del culto a Gesù Bambino. Una storia che riesce ad esporre il sacerdote spagnolo Michele Dolz in un documentatissimo libro dal titolo, «Il Dio Bambino. La devozione a Gesù Bambino dai Vangeli dell’infanzia a Edith Stein», pubblicato da Mondadori nel 2001. Nel testo il sacerdote ci spiega dove è nato questo culto e come si è sviluppato all’interno della Chiesa. Soprattutto racconta quali sono stati i santi a praticarla, a svilupparla e a diffonderla.
Inoltre il testo elenca quali sono le immagini più celebri e venerate, il testo ne pubblica alcune. Infine don Dolz sviluppa le ragioni teologiche che sostengono questa devozione. Dolz prima di passare ad approfondire tutti questi elementi, avverte citando lo storico del Medioevo Huizinga che questa devozione al Bambino Gesù può apparire grottesca e capricciosa.
Cosa si può pensare quando una persona culla tra le braccia la statuetta del bambino cantandogli ninna nanne, Anche se questo si può rimandare per altre occasioni come il rapporto di amore tra due amanti.
Nel testo di Dolz si fa riferimento a visioni, rivelazioni, apparizioni e fenomeni mistici straordinari, veri o presunti. Anche se la Chiesa è andata sempre cauta riguardo a questi aspetti. Peraltro l’autore del libro avverte che lui su questo tema non prende posizione, perchè spesso i racconti sono privi di attendibilità.
L’interesse di Dolz è quello di comprendere come veniva vissuto in determinati ambienti la devozione al Gesù Bambino.
Dolz specifica di aver fatto delle scelte, una selezione, soffermandosi su quei santi che hanno vissuto con eroismo la loro devozione e forse le loro esperienze mistiche. Un’ultima avvertenza, la devozione al bambin Gesù non è solo un fenomeno vissuto (nell’ambiente religioso) da un’élite religiosa, ma certamente è una pratica vissuta anche tra il popolo.
Andando a studiare le radici di questa devozione al Bambino, Dolz, inizia dai Padri della Chiesa, che sono stati attenti al significato teologico che non all’aspetto della «ricreazione contemplativa», i padri sottolineavano maggiormente la divinità di Cristo. Si comincia con Sant’Atanasio (295-373), vescovo di Alessandria in polemica con i manichei è interessato a difendere il corpo umano di Gesù che nasce da Maria con un corpo vero e si nutre di veri alimenti. Poi S. Gregorio Nazianzeno (329-390) che propone i vari personaggi intorno alla nascita di Gesù descritti nel Vangelo. Quindi si passa alle descrizioni di Sant’Ambrogio e S. Girolamo che dimorò per lunghi anni a Betlemme.
Una eccezione nel panorama patrististico è S. Leone Magno 8400-461) che ha dedicato ai misteri dell’infanzia numerose omelie. Tutta la vita di Gesù per S. Leone ha avuto un valore redentivo a cominciare dall’incarnazione. S. Leone evidenzia le proprietà delle due nature: divina e umana. In quel momento storico occorreva ribadire con forza che Cristo è vero Dio e vero uomo contemporaneamente, senza mescolanze delle nature né separazione in due persone più o meno vincolate.
Pertanto Dolz può scrivere: «mentre la contemplazione del Bambino nel presepio ci mostra la debolezza umana, l’annuncio degli angeli ne rivela la grandezza divina. Ai magi appare come Re, mentre fuggendo da Erode dimostra di essere un vulnerabile bambino». Così dunque i Magi, afferma S. Leone: «Adorano il Verbo nella carne, la Sapienza nell’infanzia, la Virtù nella debolezza e il Signore della maestà nella realtà dell’uomo». Cristo ama l’infanzia, sentenzia S. Leone.
Interessante il culto della grotta di Betlemme, fin dai primi tempi S. Girolamo reputava il luogo dove è nato Gesù più sacro della rupe Tarpea. Altro elemento da considerare nel diffondersi della devozione all’infanzia di Gesù Bambino sono i pellegrinaggi in Terra santa, si conservano a questo proposito dei «souvenir» destinati a mantenere viva la memoria dei cristiani come a Monza dove si trovano diverse ampolle del VI° secolo con l’immagine dei Magi e dei pastori adoranti il fanciullo in braccio a Maria. Il sacerdote ricorda pure la reliquia della culla di Santa Maria Maggiore a Roma.
La «Sacra Culla» che si fa risalire l’arrivo a Roma ai tempi di papa Teodoro (642-649) che era di origine palestinese, l’avrebbe avuto in dono dal patriarca di Gerusalemme San Sofronio, per salvarla dall’invasione maomettana.
E’ un dato di fatto dall’XI° secolo, la Sacra Culla, ha nutrito la devozione alla nascita e all’infanzia di Cristo nel popolo romano. Da segnalare che don Dolz per la sua indagine su Gesù Bambino, prende in considerazione anche i vangeli apocrifi, anche perché i Vangeli canonici narrano pochi e scarni episodi dell’infanzia di Gesù. Peraltro i temi preferiti da questi vangeli apocrifi sono proprio l’infanzia di Gesù. Pertanto al di là di quello che si può pensare, certamente questi vangeli per Dolz sono una lettura importante per comprendere il comune sentire del cristianesimo primitivo.
Tuttavia è con San Bernardo, nel XII° secolo che dopo aver troppo sottolineato la divinità di Cristo, si fa strada «una nuova sensibilità», si avvia la stagione della scolastica. In questo periodo che è stato coniato l’espressione «umanesimo monastico», soprattutto nei monasteri dei cistercensi.
In questi monasteri nasce abbondante letteratura spirituale e teologica che corrisponde anche una rinascita della religiosità popolare. E’ un periodo di grande partecipazione laicale. E’ in questo contesto che nasce l’ideale del cavaliere cristiano. Inoltre si rinnova il culto dei santi. L’eroe del secolo sarà Tommaso Becket, assassinato nel 1170 e canonizzato nel 1173. La sua tomba diviene subito meta di pellegrinaggi internazionali. Infatti sono i pellegrinaggi a segnare la vita spirituale dei fedeli, non solo nelle mete celebri, come Gerusalemme, Roma, Santiago. In Occidente il XII° secolo è stato definito «secolo mariano». S. Bernardo fu il colosso del secolo, per Dolz, la svolta bernardiana consiste nel passaggio dalla devozione per Cristo a quella per Gesù. Qualcosa di analogo avviene in S. Pier Damiani (1007-1072) e Sant’Anselmo (1033-1109). Nasce una nuova visione nei riguardi dell’Infanzia e dell’educazione. Questo secolo è nettamente favorevole al bambino, e si apprezza in particolare la sua innocenza. Si arriva a parlare di una vera pastorale dell’infanzia. «Ai bambini viene riservata una speciale partecipazione alla liturgia del Natale», scrive Dolz. Negli affreschi, nelle vetrate, nelle miniature, il ciclo dell’infanzia di Gesù è il più raffigurato. Pertanto il ciclo del Natale acquista un rilievo appena inferiore a quello pasquale. Da questo momento si delineano i due periodi della vita del Salvatore che la pietà popolare privilegerà: l’infanzia e la passione e morte.
Altra caratteristica di questo periodo, figlia della contemplazione, è l’affettività nella devozione. L’autore del testo riporta brani precisi di S. Pier Damiani, Sant’Anselmo, di S. Bernardo, dove si può apprezzare la tenerezza nei confronti della nascita, della morte di Gesù. Sostanzialmente si comincia a scoprire la contemplazione dell’umanità di Cristo. Ma è a Bernardo che dobbiamo una nuova e fervida considerazione dell’umanità di Cristo, che non è una contemplazione sentimentale, ma profondamente teologica.
Altra figura di spicco del secolo è Aelredo di Rievaulx, che ci ha lasciato un’intera opera dedicata alla meditazione dell’infanzia di Gesù: De Jesu puero duodenni (1153-1157). Questo abate è passato alla storia come maestro dell’amicizia. Fece carriera alla corte del re David I di Scozia. Altre figure importanti citate dal sacerdote spagnolo sono Nicola di Clairvaux e Assalonne di Springkirsbach.
Al capitolo IV° Dolz mette in luce il movimento francescano cha ha dato una spinta nuova paragonabile a quella di Bernardo e dei cistercensi nell’evidenziare l’umanità di Cristo.
- Francesco d’Assisi (1182-1226) che è stato definito «adoratore lirico della Trinità per Cristo e in Cristo» e anche «mistico dell’incarnazione», secondo il suo principale biografo Tommaso da Celano, S. Francesco «era un assetato del suo Cristo con tutta l’anima e gli dedica non solo il suo cuore ma anche tutto il proprio corpo». Il suo programma era immedesimarsi con Cristo in tutti gli aspetti nei suoi misteri, dalla natività alla passione e morte. In particolare era legato alla passione di Gesù. Il popolo aveva bisogno delle immagini toccanti della vita terrena del Salvatore per imprimersi profondamente nella memoria della gente. Per fare diventare Gesù un vero fratello carnale. Per questo motivo l’artista, rappresentava Gesù nella sublime semplicità della sua natura umana.
- Francesco è l’autore del presepe vivente di Greccio nel 1223, probabilmente il suo viaggio in Terra Santa lo aveva commosso talmente che ha voluto sottolineare la sua incarnazione, allestendo il presepe vivente, proprio nella notte di Natale nel bosco di Greccio. Francesco in persona ha presenziato alla manifestazione religiosa insieme ai frati. Nel libro Dolz si sofferma anche nei particolari, Francesco era talmente preso dall’evento che sembrava che belasse, proprio vicino alla mangiatoia.
Tuttavia il presepe di Greccio, ha una caratteristica più contemplativa che descrittiva. Dolz ricorda che è Giotto quello che interpreta più di tutti lo spirito francescano, come si può ammirare nell’affresco della basilica di Assisi. Soprattutto nel riquadro della natività, «dove la Madonna non è più ieratica, matrona sdraiata, ma una tenera mamma che siede contemplando il figlioletto». In pratica nell’affresco nota Dolz: «Gesù bambino non è più tanto adorato quanto vezzeggiato».
Altra adoratrice del Dio bambino è stata Chiara d’Assisi (1193-1253). Ancora una volta Dolz racconta dei bellissimi particolari, ricchi di amore verso Gesù bambino. Un altro che sottolineato l’umanità di Gesù Bambino è stato Antonio di Padova che combattè le eresie in Italia e in Francia, meritandosi il soprannome di «martello di Dio». Antonio viene raffigurato con il bambino tra le braccia, é una icona tra le più popolari del mondo, che ha avuto grande fortuna nell’arte.
Altri religiosi che hanno avuto un ruolo fondamentale nel pensiero medievale insieme a Tommaso d’Aquino, troviamo Bonaventura di Bagnoregio, il santo si occupò dell’amore a Gesù bambino, e propone una unione mistica con Cristo. «L’anima mediante la grazia dello Spirito Santo, può concepire spiritualmente Gesù […] Come una Madonna incinta, prova disgusto per il cibo di questo mondo e desidera le cose celesti ed eterne. Ma alcuni si lasciano ingannare dal maligno e uccidono o abortiscono la creatura concepita».
Infine secondo Dolz vanno ricordati due testi francescani che contribuiscono in maniera determinante all’estensione della nuova devozione a Cristo bambino. Si tratta di Philomela e delle Meditationes Vitae Christi, descrizioni dettagliate che invitano il lettore a prendere parte alla scena. In pratica in questi scritti «Cristo in Maestà cede il posto al fragile Bambino di Betlemme e al Cristo provato dal dolore, crocifisso, morto,deposto in grembo dell’Addolorata. Lo scopo è importante: si tratta di suscitare emozioni e lacrime per una partecipazione via via più personale ai fatti descritti, al fine di raggiungere asceticamente una profonda conformazione alla vita e ai sentimenti di Cristo». (S. Cola, Meditazioni sulla vita di Cristo, Città Nuova, Roma 1982).
Il V° capitolo il libro lo dedica alle Meditazioni, visioni, tradizioni.
Le Meditationes vitae Christi, hanno avuto grande successo nella letteratura spirituale, destinate a diventare molto popolare fino al Seicento. Favorirono la diffusione di libri popolari illustrati, soprattutto con l’avvento della stampa. Anche in questo capitolo Dolz propone alcune figure che hanno avuto una grande familiarità col Bambin Gesù. Ce ne sono tante tra il XIII° e il XV° secolo. L’elenco sarebbe lungo e soprattutto non possiamo soffermarci su ciascuna figura. Dolz ne evidenzia alcune tra le più significative. Tra queste, la più conosciuta è Gertrude di Hefta la Grande, che fa parte della mistica femminile del XIII° secolo, che proclamava la spiritualità del fidanzamento spirituale. Gertrude insieme a Matilde di Magdeburgo e Matilde di Hackeborn promuove la devozione a Gesù Bambino nel loro convento di Hefta in Sassonia.
Queste donne disponevano di approfondite conoscenze teologiche, erano istruite ed avevano il carisma delle visioni. Un’altra donna appassionata dell’infanzia di gesù è Margherita Ebner, nata da nobile famiglia in Baviera. Infine Dolz ricorda, forse quella più conosciuta, S. Brigida di Svezia, è quella che ha ricevuto più grazie mistiche. Dolz racconta sinteticamente la vita di questa straordinaria donna, in sposa a tredici anni, nei ventisette anni di matrimonio, accolse ben otto figli, cresciuti nella profonda religiosità della madre. Brigida fu canonizzata nel 1431 e proclamata compatrona d’Europa, insieme a S. Caterina da Siena e S. Teresa Benedetta della Croce, da Giovanni Paolo II.
Il VI° capitolo prende in esame la spiritualità carmelitana, si comincia con Teresa di Gesù. Qui Dolz ricorda alcuni punti del suo appassionato amore all’umanità di Cristo.
E ricorda che «che è impossibile riassumere in queste poche righe divulgative ciò che Santa Teresa ha rappresentato nella storia della spiritualità. Una pietra miliare, un passaggio obbligato per i posteri. Una spinta alla santità che non si vedeva da secoli. Non per nulla le è stato dato il titolo di Dottore della Chiesa».
Voglio citare solo questo particolare che Dolz propone ai lettori del libro, S. Teresa amava tanto le immagini, scriveva la santa carmelitana: «Buon mezzo per mantenervi alla presenza di Dio è di procurarvi una sua immagine o pittura che vi faccia devozione, non già per portarla sul petto senza mai guardarla, ma per servirvene e intrattenervi spesso con lui; ed egli vi suggerirà quello che gli dovrete dire».
- Teresa aveva consigliato di esporre le immagini nei suoi monasteri che andava fondando, «l’obiettivo era di rendere ‘visibile’ e quasi ‘presente’ l’umanità del Signore, perno di tutta la spiritualità teresiana».
Un personaggio singolare nella Spagna cinquecentesca è Francisco del Nino Jesus, questo frate girava con una grande cassa e sopra c’era fissata una statuetta del Bambin Gesù. Re Filippo II e la regina, lo veneravano come un santo. Sono molte le anime sante carmelitane che si sono distinte nella devozione a Gesù Bambino, tutte seguendo l’esempio di Teresa di Gesù.
Un capitolo a parte merita la devozione al Bambino Gesù nella Francia del Seicento, importata essenzialmente dalla Spagna. In Francia questa devozione ha assunto il carattere aristocratico e non solo popolare. Da segnalare il cardinale Berulle, il vescovo Fenelon con il coinvolgimento di circoli nobili parigini. Il pensiero ricorrente è che «il cristiano deve vivere in funzione del Verbo incarnato: come la terra gira perennemente intorno al sole, la terra dei nostri cuori deve muoversi continuamente verso Gesù mediante la meditazione della sua vita[…] Bisogna che i misteri della vita di cristo siano contemplati in tutte le loro circostanze perché sono tutti salvifici. Il cristiano deve adorarli, penetrarli, applicarli a se stesso, lasciarsi impregnare da essi fino a giungere a una comunione di sentimenti con Cristo».
Un altro personaggio che ha segnato il secolo, è stata la venerabile Margherita del Santissimo Sacramento, carmelitana scalza di Beaune. Margherita addirittura imitava la posizione e i tratti del Bambino quando si coricava. Invitava a meditare tutte le azioni, parole e misteri di Gesù Bambino. Ma soprattutto bisognava imitare le qualità della sua infanzia: semplicità, benignità, dolcezza e profonda umiltà. Dolz ricorda il particolare della santa che ha pregato molto affinché il re di Francia e la regina potessero avere il tanto desiderato delfino. Anche per la Francia non è facile elencare la moltitudine di devoti del Bambin Gesù. Una particolare menzione la merita madame Guyon, che con la sua maternità spirituale guidava e orientava soprattutto nobili dame per la «via d’infanzia» che lei stessa percorreva. Guyon fu anche feconda scrittrice, la sua opera consta di bel 39 volumi. Ha creato una specie di confraternita. Dolz racconta la sua unione spirituale con il divino infante per mezzo del matrimonio spirituale, con tanto di contratto.
Il libro di Michele Dolz può apparire noioso, ma ha una grande particolarità, ha creato una specie di piccolo dizionario sulla devozione al Bambin Gesù. Non è facile trovare questo genere di libri.
L’VIII° capitolo è dedicato all’epoca barocca, in particolare alla devozione al Bambino operante in Italia. Dolz fa riferimento al grande «colosso di santità e di sapienza»: Alfonso Maria de Liguori, anche lui adoratore del Bambin Gesù. Nato nel napoletano nel 1696, fu un ingegno vivace e versatile, acuta intelligenza e sensibilità artistica, oltre alle lettere e alla filosofia, s’nteressò con ottimo profitto di architettura, pittura e musica. Si è laureato a Napoli nel 1713, «tre elementi si uniscono nella prodigiosa opera scritta di Sant’Alfonso, che comprende ben centoundici libri: l’abbondante esperienza pastorale, l’incessante studio teologico, una vita interiore molto profonda e sincera». Ancora oggi la Chiesa si nutre della sua grande opera. S. Alfonso ha un grande fascino irresistibile per la sua grande spiritualità. Ancora prima del Vaticano II, S.Alfonso ricorda che la santità è per tutti e non per un ceto di privilegiati claustrali. Crede fortemente che tutti possono accedere alle vette della vita spirituale.
La meditazione alfonsiana dell’infanzia ha un’idea fondamentale: «la croce ha le sue radici nella culla; a Betlemme comincia il calvario del verbo fatto carne. Essa affiora dovunque. S. Alfonso non perde mai di vista il dramma sanguinoso del redentore e con insistenza lo richiama alla memoria dei fedeli per destare in ricambio gratitudine e amore generoso».
Naturalmente Dolz ricorda che S. Alfonso fu un poeta delicato, musicando anche melodie orecchiabili che la folla di fedeli non fece fatica a imparare come «Tu scendi dalle stelle».
Infine l’elenco che riguarda i Nostri tempi prende in considerazione cinque personaggi di popolarità mondiale che hanno dato un rinnovato impulso all’intimità con il Bambino e all’infanzia spirituale, sempre in continuità con la tradizione cattolica. Si inizia con Teresa di Gesù Bambino, carmelitana. Faustina Kowalska con il suo messaggio della Divina Misericordia. Edith Stein che poi prende il nome di Santa Teresa Benedetta della Croce, canonizzata da Giovanni Paolo II. Maria Valtorta, un caso singolare per le sue visioni particolari sulla vita di Gesù, ben dieci volumi per oltre quattromila pagine complessive. Un gran numero di pagine ricche di particolari sulla vita di Gesù e quindi sulla sua infanzia. Io ho un particolare ricordo di questi particolari che spesso mi ripeteva la buonanima di mia mamma.
Dolz nel libro fa riferimento alle critiche e alle perplessità che ha suscitato la vasta letteratura Valtortiana. Infine Dolz per ultimo lascia lo spazio a Josè Maria Escrivà(1902-1975).
Il X° capitolo spiega le radici teologiche di questa devozione al Bambino. Naturalmente il sacerdote spagnolo rileva la scarsità di notizie sull’infanzia di Gesù. Il Vangelo stesso poco e niente dice sulla vita di Gesù a Nazareth.
Inoltre nelle riflessioni finali Dolz spiega l’importanza delle scelte delle immagini che rappresentano Gesù. Trovo interessante riportare qualche passaggio: « l’immagine funziona come via d’accesso per la quale il credente penetra nel mistero totale. Si sceglie un aspetto di maggiore rilievo o maggiore sensibilità, che funge da punto di contatto per vivere tutti gli altri. Chi prende – Scrive Dolz – come immagine preferita il Crocifisso, il Bambino del presepio, il Risorto non disconosce per questo tutti gli altri aspetti o misteri della vita e della persona del Signore».
Tra l’altro se Cristo avesse voluto ricevere culto «da adulto», non sarebbe apparso la sulla terra come bambino, né sua infanzia avrebbe fatto parte del messaggio di salvezza contenuta nei vangeli. Tra le riflessioni finali di Dolz merita la precisazione sull’importanza della regalità del Bambino Gesù, aspetto importante nell’iconografia tradizionale, quanto impopolare nell’immaginario del cristiano di oggi.«Taluni per una superficiale questione di parole, si sentono infastiditi anche solo dall’espressione CRISTORE, come se il regno di cristo potesse essere preso per una formula politica, o piuttosto perchè la confessione della regalità di cristo li condurrebbe anche ad ammettere una legge […]».
Nell’ultimo capitolo l’XI° Dolz fa la storia dell’iconografia soltanto quella di Gesù Bambino da solo. Naturalmente si tratta di una sintesi. Si comincia con San Cristoforo, una raffigurazione molto popolare e fortunata. Mi ha colpito un particolare riportato nel testo da Dolz, si tratta di uno straordinario ritrovamento di una fabbrica di terracotta del 1400 a Utrech dove furono ritrovati i CALCHI in negativo per la fabbricazione di 13 modelli di S. Barbara, 14 di S. Caterina, 38 la Madonna col bambino e ben 60 del solo bambino. E pare che questa non sia l’unica fabbrica in Europa. Lascio al lettore un eventuale battuta ironica su quello che oggi viene fabbricato a Utrech.
Domenico Bonvegna