Mentre si svolge la XXXIV Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) a Panama, presento il volumetto «Dio è giovane», (Piemme, 2018), una conversazione di Papa Francesco con Thomas Leoncini, giovane giornalista e scrittore. Il titolo del libro è autografo del Papa. E’ stato scritto in preparazione del Sinodo dei giovani dell’anno scorso, ma anche a tutti quei giovani che parteciperanno alle giornate della gioventù a Panama.
E’ un testo però che può essere letto da persone di ogni età. Papa Francesco risponde alle articolate domande di Leoncini. Nel dialogo, intimo e diretto con il giovane giornalista, Francesco non si rivolge solo ai giovani dentro e fuori della Chiesa, ma anche a quegli adulti che a vario titolo hanno un ruolo educativo e di guida nella famiglia, nelle parrocchie e nelle diocesi, nella scuola, nel mondo del lavoro, nell’associazionismo.
Il Papa in queste riflessioni affronta con saggezza e passione i grandi temi di oggi, senza sottrarsi a nessuna sfida della contemporaneità.
Già nella premessa del libro, si sostiene che i giovani sono i grandi scartati del nostro tempo inquieto,sono gli eterni subordinati della società dei consumi, «inghiottiti da interminabili inizi che faticano a trovare logiche conclusioni…», scrive Leoncini nell’introduzione. Pertanto questo libro nasce dal desiderio di liberarli dalla condizione di subordinazione di questa società dei consumi e per il consumo.
Il Papa ha voluto far giungere ai giovani il suo messaggio senza filtri. Tra gli scartati di questo secolo ci sono gli anziani e pertanto per Papa Francesco occorre trovare la forza e la tenerezza per creare quotidianamente un ponte tra i giovani e gli anziani. Coraggio (dei giovani) e saggezza (degli anziani) sono gli ingredienti essenziali per quella rivoluzione dolce di cui tutti abbiamo bisogno.
Papa Francesco inizia al conversazione con una forte affermazione: la giovinezza non esiste! Esistono i giovani. Allo stesso modo come non esiste la vecchiaia, ma esistono i vecchi, che non è una brutta parola. Bisogna essere felici e orgogliosi di essere vecchi, così come si è fieri di essere giovani.
Affrontando il tema della gioventù, il Papa raccomanda di fare attenzione all’adolescenza, non bisogna sottovalutare questa fase della vita, che è la più difficile. Gli adolescenti, precisa Papa Francesco, non sono bambini, ma non sono neanche adulti, eppure vogliono essere trattati tali. «Un figlio che vive bene la propria adolescenza – per quanto difficile possa essere per i genitori – è un figlio con futuro e speranza», dice il Papa. Tuttavia papa Francesco, raccomanda però di non medicalizzare l’adolescenza, che non è una patologia da combattere.
La nostra società è dominata in maniera vincolante da una crisi economica-finanziaria che non mette al centro l’uomo e la donna, ma il denaro e gli oggetti creati dall’uomo e dalla donna. «Siamo in una fase di deumanizzazione dell’umano: non poter lavorare significa non potersi sentire con una dignità». Per certi versi Papa Francesco ammette che «dobbiamo chiedere perdono ai ragazzi perché non sempre li prendiamo sul serio». Continua il Papa, «non sempre li aiutiamo a vedere la strada e a costruirsi quei mezzi che potrebbero permettere loro di non finire scartati. Spesso – insiste papa Francesco – non sappiamo farli sognare e non siamo in grado di entusiasmarli». Penso a tutti quegli insegnanti di ogni ordine di scuola che si limitano a dare ai giovani, ai ragazzi, soltanto nozioni e mai insegnamenti di vita. Quando insegnavo, soprattutto ai ragazzini delle classi quinte, cercavo anche di consegnare a loro modelli, valori, che poi potevano essere utili per il loro futuro.
Certo il denaro serve per uscire dal ruolo di subordinazione agli adulti, ma occorre non cadere nella bramosia dell’accumulo. I giovani oggi chiedono di essere ascoltati e noi abbiamo il dovere di ascoltarli e di accoglierli, non di sfruttarli.
I giovani occorre farli sentire protagonisti, anzi lasciarli diventare protagonisti. «Per capire un giovane oggi – dice Papa Francesco – devi capirlo in movimento, non puoi stare fermo e pretendere di trovarti sulla sua lunghezza d’onda». Inoltre ancora il Papa chiarisce: «se vogliamo dialogare con un giovane dobbiamo essere mobili, e allora sarà lui a rallentare per ascoltarci, sarà lui a decidere di farlo».
Più volte il Papa nelle risposte, sottolinea il fattore che stiamo vivendo in una società sradicata, senza radici. Infatti il giovane oggi cresce in una famiglia senza storia, senza memoria e quindi senza radici. Se non ci sono radici, qualsiasi vento ti porta via. La prima cosa che un genitore, una famiglia, un pastore, deve pensare è dove radicarci, dove generare legami, dove far crescere quella rete vitale che ci permette di sentirci a casa.
«Per una persona è una terribile alienazione sentire di non avere radici, significa non appartenere a nessuno: non c’è cosa peggiore che sentirsi straniero in casa,– afferma Papa Francesco – senza un principio di identità da condividere con altri esseri umani». Dunque possedere le radici, ci rendono meno soli e più completi.
A questo punto la domanda di Leoncini è categorica: «come ci possiamo salvare dalla società sradicata?»
Una via è quella del dialogo, soprattutto quello tra i giovani e gli anziani, scavalcando gli adulti. E’ urgente che giovani e anziani devono parlarsi sempre più spesso. Questo è importante proprio perché la società di oggi, scarta gli uni e gli altri, giovani e vecchi. La salvezza per il Papa, viene da loro, queste «due generazioni di scartati possono salvare tutti».
Tutte queste riflessioni del Papa portano a quella rivoluzione della tenerezza, che occorre fare subito.
Un altro male da debellare è quella competizione che esiste tra gli adulti (la generazione di mezzo) e i giovani. Qui il Papa fa riferimento a quella voglia di lifting che hanno certi adulti che giocano a fare i ragazzini, che sentono la necessità di mettersi al livello dell’adolescente. Per il Papa si tratta di «un gioco del diavolo». Il Papa denuncia questa penosa competizione. «Ci sono troppi genitori adolescenti nella testa, che giocano alla vita effimera eterna e consapevolmente o meno, rendono vittime i loro figli di questo perverso gioco dell’effimero».
A questo punto del testo, dietro sollecitazione del giovane giornalista, Papa Francesco, offre dei consigli a chi detiene il potere in questa società. Si tratta di evitare ben quindici malattie. Non intendo elencarle tutte, ma qualcuna è opportuno segnalarla. Evitare il narcisismo, quello che si sente indispensabile e immortale. Evitare l’eccessiva operosità, trascurando il riposo. Evitare l’impietrimento mentale e spirituale. Non serve pianificare minuziosamente tutto. Non essere mai schiavi delle proprie passioni,capricci, manie, fobie, istinti. Aborrire le rivalità e la vanagloria. Fare attenzione a non perdere il contatto con la realtà, con le persone concrete. Evitare di vivere in mondi paralleli: a parole si insegna la severità per gli altri, poi nei fatti si vive nascostamente nella più dissolutezza. Evitare le chiacchiere, il pettegolezzo. Non bisogna seminare zizzania come Satana.
Addirittura papa Francesco parla di «terrorismo delle chiacchiere». Il Papa raccomanda spesso di non accumulare beni materiali, soprattutto quelli non necessari: «avete mai visto un camion di trasloco accompagnare un corteo funebre? A me non è mai successo». Afferma il Papa.
Papa Francesco critica severamente quella «malattia del potere che si nutre di se stesso, delle persone che cercano insaziabilmente di moltiplicare poteri e per ottenere questo scopo sono capaci di calunniare, diffamare e di screditare gli altri, perfino sui giornali e sulle riviste».
Papa Francesco critica quelli che si costruiscono un «affetto programmato» con un animale, che lui chiama «mascotte». Sono quelle persone che usano gli animali, senza rispettare la loro dignità, identificando la mascotte come persona.
Continuando nelle interessanti riflessioni, il Papa mette in guardia dall’industria della chirurgia plastica, l’estetica. E’ brutto diventare «uguali a tutti». Altre raccomandazioni riguardano l’eccessivo uso dei social come facebook, instagram, twitter, anche qui si gioca a costruirsi un’immagine diversa da quella che si ha per natura e per storia naturale. «Si rischia – afferma il Papa – che la costruzione continua di una vita parallela crei dipendenza e finisca per sostituire quella che ci ha donato Dio». Per certi versi questo «rifarsi» in continuazione pare un’esigenza per ritardare lo scarto. Naturalmente Papa Francesco non è contrario a una giusta cura della persona, il volersi presentare bene agli altri, il rispetto, il decoro. Certamente il Papa auspica una cura della propria immagine che rispecchi la bellezza interiore.
Parlando di giovani, il Papa, affronta anche il tema dell’ambiente. Un argomento che sta molto a cuore al Pontefice. Solo proteggendo l’ecosistema si potranno proteggere i nostri figli, i nostri nipoti e ogni futura generazione. Clima e scarto dei più deboli per il Papa sono temi collegati. Praticamente chi non prova particolare preoccupazione per l’ambiente scarta i più fragili e non li integra.
Nel testo non manca il forte appello del Papa all’accoglienza degli immigrati, a questi esseri umani che fuggono dalle guerre e dalle persecuzioni. Il Papa sul tema pone degli interrogativi abbastanza provocatori: «Perchè loro e non io? Tutti noi potevamo essere al loro posto: mettiamoci sempre nei panni degli altri, impariamo ad indossare le loro scarpe, a pensare come saremmo se non avessimo nemmeno i soldi per compracele, le scarpe».
Papa Francesco insieme a questo tema affronta quello della forte denatalità dell’Europa. Si pensa a fare vacanze, piuttosto che dedicarsi alla costruzione di una famiglia. Non si ha più la responsabilità di dare la vita. Il Papa da risposte ai più svariati argomenti, dagli stati ansiosi, le depressioni, il bullismo, l’aggressività, la droga e tutte le altre dipendenze. E’ il bene che deve diventare una dipendenza. Il Papa è convinto che si possa fare molto per uscire e debellare la droga. Papa Francesco mette in guardia dal pensiero unico che domina la nostra società. Il pensiero unico legittima la presenza di «condannati a morte» e di autentici «sacrifici umani». Stiamo vivendo in una società che assomiglia molto a quel romanzo profetico, scritto nel 1907 da Robert Hug Benson, «Il Padrone del mondo», qui si descrive bene il meccanismo della cultura invadente che toglie la possibilità di pensare in autonomia. Il Papa insiste, la nostra «è effettivamente un’epoca del pensiero unico, ed è estremamente importante e urgente rompere questo pensiero grazie a immaginazioni creative». Il Papa raccomanda ai giovani di aspirare al pensiero forte che è creativo. «Omologare il pensiero significa vivere dentro una ‘bolla’, procurarsi un autismo dell’intelletto, del sentimento».
La III parte del libro è dedicata a «insegnare è imparare». Qui il Papa sottolinea alcuni aspetti dell’insegnamento, come la gioia che trasmette il sorriso di un bambino, a volte può essere una cura per gli adulti. Quindi io che ho insegnato a dei bambini, dovrei essere ben curato e rafforzato psicologicamente.
Il Papa da dei consigli ai genitori su come prendersi cura dei propri figli, soprattutto prenderli sul serio, «accompagnarli», un verbo molto importante. I genitori devono accompagnare i propri figli, ma non sostituirli.
Il Papa offre tanti e preziosi stimoli a chi dovrebbe educare e accompagnare i giovani.
Non avere paura di proporre ai giovani ampie mete, grandi sfide. Aiutiamoli, non lasciamoli soli, aiutiamoli a crescere anticonformisti. «Non lasciamo che la ‘vertigine’ la ricevano da chi non fa che mettere a rischio la loro vita: diamogliela noi! Questa ovviamente richiede di trovare educatori capaci di impegnarsi nella crescita dei ragazzi».
Sempre su questo tema il Papa puntualizza: «se vogliamo che i nostri figli siano formati e preparati per il domani, non è solo imparando una materia scolastica che ci riusciranno. E’ necessario che si connettano, che conoscano le loro radici. Solo così potranno volare alto, altrimenti saranno afferrati dalle ‘visioni’ degli altri».
Il Papa conclude l’agevole testo con le caratteristiche che dovrebbe avere ciascun giovane: entusiasmo, gioia, il senso dell’umorismo e a questo proposito fa riferimento allo scrittore inglese G. K. Chesterton che scriveva: «la vita è cosa troppo seria per essere vissuta seriamente». Infine al giovane non deve mancare la coerenza come la avuta S. Tommaso Moro, una figura a cui il Papa si sente molto legato.
Domenico Bonvegna