E’ tornato di attualità l’argomento Ius soli, cioè il diritto alla cittadinanza nello Stato in cui si nasce, indipendentemente dalle condizioni dei propri genitori. In Italia, lo Ius soli di fatto esiste già, da 27 anni.
Pochi se ne sono accorti ma questo diritto è presente nel nostro ordinamento dal 1992, cioè dalla cosiddetta “Prima Repubblica”.
Infatti, la legge n.91 del 1992, all’art. 4, comma 2, prevede che: “Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data”.
Ricordiamo che si tratta di un diritto soggettivo (non una concessione dello Stato), condizionato alla sussistenza di tre requisiti:
1) essere nati in Italia;
2) aver risieduto ininterrottamente in Italia fino ai diciotto anni;
3) sottoscrivere una dichiarazione di volontà di essere cittadino italiano (elezione di cittadinanza), entro un anno dal compimento della maggiore età.
Quindi, a ben vedere, la normativa attualmente in vigore, se da un lato costringe il minore ad attendere il diciottesimo anno di età per poter scegliere la cittadinanza italiana, dall’altra ha applicazione ampia poiché non richiede la titolarità, da parte di un genitore, del permesso di soggiorno comunitario per soggiornanti di lungo periodo.
Pochi giorni fa, la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ha dichiarato che lo Ius soli non esiste quasi da nessuna parte del mondo.
Non è così, perchè lo Ius soli, è diffuso in molti Stati delle Americhe. In Europa esiste lo Ius soli condizionato a determinati requisiti, quali, ad esempio, la residenza dei genitori, per un determinato periodo di tempo, nello Stato in cui si richiede la cittadinanza per il figlio.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc