L’85 per cento delle giornaliste dichiara di aver subito molestie sessuali almeno una volta nel corso della vita professionale. Oltre il 66 per cento negli ultimi 5 anni. Il 42 per cento è stata vittima di una qualche forma di molestia nell’ultimo anno. Sono solo alcuni dei dati emersi dalla prima indagine sulle molestie sessuali nel mondo dei media condotta dalla Commissione Pari Opportunità della Fnsi in collaborazione con Casagit, Inpgi, Usigrai, Ordine dei giornalisti e Agcom e con la consulenza della statistica Linda Laura Sabbadini. I risultati sono stati presentati questa mattina nella sede del sindacato dalla presidente uscente Alessandra Mancuso e dalla neoeletta presidente della Cpo, Mimma Caligaris.
«I dati ci dicono che si tratta di un fenomeno diventato quasi strutturale. Che alle molestie sessuali sui luoghi di lavori si è fatta in qualche modo l’abitudine, come se fosse normale. Un clima che si è consolidato nel tempo, contro il quale è necessario un cambio di mentalità», è stato il primo commento di Linda Laura Sabbadini.
Nell’indagine sono state coinvolte le giornaliste dipendenti che lavorano nei quotidiani, nelle tv e nelle agenzie di stampa (esclusi i periodici). Alla rilevazione, condotta in maniera da garantire l’assoluta riservatezza delle giornaliste coinvolte, hanno risposto 1132 donne, pari al 42% del campione. Gli episodi di molestie hanno riguardano persone di tutte le età. Battute a sfondo sessuale, insulti e svalutazione sono la più diffusa forma di molestia. Metà delle intervistate ha subito almeno una volta nella vita pressioni, avances o è stata seguita o controllata. In un caso su tre le giornaliste hanno dichiarato di aver subito ricatti sessuali. «Molto grave che nel 20 per cento dei casi il ricatto sia arrivato nel momento in cui la giornalista era alla ricerca di lavoro», ha rimarcato Sabbadini, evidenziando che «per quanto i risultati siano orientativi, e vadano presi con cautela, identificano comune una situazione di forte disagio».
Ancora: gesti osceni, telefonate oscene, commenti sessuali, minacce di violenza e violenze tentate, minacce di diffondere immagini o video intimi. Tutti abusi perpetrati in 3 casi su 4 dentro le redazioni, alla presenza di altri colleghi o in una stanza chiusa. Chi molesta ha più di 45 anni ed è in genere un superiore, a testimoniare che spesso la molestia è anche un modo per affermare la presunta superiorità di chi le commette, e dunque una presunta inferiorità della donna lavoratrice.
Il 60 per centro delle vittime ha parlato di quanto accaduto con altri colleghi, ma non con superiori, con il sindacato o con la polizia. Solo il 2 per cento delle intervistate ha dichiarato di aver denunciato l’accaduto: c’è paura di ripercussioni o si pensa che denunciare non serva a nulla.
«Questa indagine dimostra che il tema delle molestie sessuali non è estraneo alle redazioni – ha osservato il segretario generale della Federazione nazionale della Stampa italiana, Raffaele Lorusso, aprendo la conferenza stampa –. Si usa troppo spesso un linguaggio penalizzante per le donne, ma la professione sta evolvendo e anche noi uomini siamo chiamati a una evoluzione del nostro comportamento. Serve un cambio di passo culturale anche nelle redazioni. Esiste un codice europeo contro le molestie già recepito da numerosi Paesi e anche da Cgil, Cisl e Uil. È nostro impegno portarlo anche ai tavoli dei rinnovi contrattuali per farlo diventare parte dei contratti di lavoro della categoria, come le carte deontologiche sono la spina dorsale della nostra professione».
Per Mimma Caligaris, «il prossimo passo sarà portare questa indagine anche fuori dalle redazioni, per coinvolgere le giornaliste lavoratrici autonome. Precarie e autonome sono più deboli e ricattabili, anche se colpisce che il 72% di chi ha ricevuto molestie aveva un contratto a tempo indeterminato».
Alessandra Mancuso ha rilevato che «questi dati ci dicono che la cultura nelle redazioni deve cambiare. Deve cambiare all’insegna del rispetto. Non è più accettabile l’abuso di potere. Il sindacato deve far sentire meno sole le colleghe. Serve fare una battaglia con gli editori, perché non può essere tollerato questo clima nelle aziende».
La vicesegretaria aggiunta della Fnsi Anna Del Freo, rimarcando che «fuori dalle redazioni deve andare anche peggio», ha evidenziato come «la crisi economica e la precarizzazione del lavoro rendano la situazione ancora più difficile. Le colleghe hanno paura di perdere il lavoro e non denunciano. Per questo è importante una svolta culturale. Anche la Federazione europea e i sindacati europei dei giornalisti si stanno interrogando sul tema delle molestie e su come il linguaggio e la cultura debbano cambiare. In Europa la Fnsi ha già portato il Manifesto di Venezia: è il momento che venga adottato da tutti i sindacati europei».
Il segretario dell’Usigrai, Vittorio Di Trapani ha ricordato che «in Rai il codice anti molestie c’è e c’è grazie al lavoro della Commissione pari opportunità e del collega Piergiorgio Giacovazzo. Abbiamo inoltre chiesto e ottenuto che venissero inserite nel nuovo contratto di servizio le carte deontologiche e fra queste il Manifesto di Venezia. Lo abbiamo fatto nella convinzione che per cambiare mentalità sia necessario che questi temi vengano sottoposti e affrontati ai più alti livelli aziendali, dai direttori in giù».
Il segretario del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Guido D’Ubaldo, ha assicurato che «l’Ordine affronterà anche la questione delle molestie sessuali così come si è schierato al fianco dei colleghi che subiscono minacce, querele temerarie e tutte le difficoltà che derivano dalla precarietà del lavoro. Da parte dell’Ordine, che per la prima volta ha una donna in un ruolo di vertice, ci sarà massima attenzione e disponibilità a fare tutto ciò che è necessario per arginare il fenomeno delle molestie in redazione».
Alla conferenza stampa sono intervenuti, fra gli altri, anche la giornalista Tiziana Ferrario; Marina Cosi, portavoce di Giulia Giornaliste; Stefano Romita, vicesegretario di Stampa Romana; Paolo Perucchini, presidente dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti. Hanno portato il loro punto di vista sul tema e auspicato una seconda fase dell’indagine che renda il quadro del fenomeno ancora più dettagliato.
LA POLEMICA
Molestie a giornaliste, Calderoli: «Vogliamo i nomi»
«È gravissima la denuncia che arriva oggi dalla Federazione Nazionale della Stampa, tramite la sua Commissione Pari Opportunità, ovvero che dal 42% di 2275 questionari inviati a giornaliste dipendenti dei media, con risposte in forma anonima, risulta che le giornaliste interpellate dichiarano di aver subito nell’85% dei casi molestie sessuali di vario genere e addirittura nel 35% dei casi dei veri ricatti sessuali. Altro che #metoo…». Così in un comunicato il senatore della Lega Roberto Calderoli. «Ma a questo punto, dopo aver tirato il sasso nello stagno, vogliamo completezza su questa denuncia in forma anonima, vogliamo sapere chi sono gli editori, gli imprenditori, i politici, i direttori o i giornalisti che, abusando di posizioni di potere, hanno molestato o ricattato le croniste, cui ovviamente va tutta la mia vicinanza e, da uomo, il mio dispiacere per le offese o le molestie che hanno subito – ha proseguito -. Ma proprio perché questa denuncia arriva dalla Federazione della stampa italiana adesso vogliamo la verità, altrimenti non ha senso guardare la pagliuzza nell’occhio altrui cavalcando il #metoo contro i produttori statunitensi e poi ignorare questa trave nel proprio occhio, a casa nostra, se i risultati di questo sondaggio sono veri. Signore giornaliste avete davvero subito molestie nell’85% dei casi sui vostri luoghi di lavoro? Il 35% di voi ha subito ricatti sessuali? Bene, ora vogliamo nomi e cognomi dei molestatori. E delle testate per cui lavorano. Altrimenti altro che libera informazione…».
La Cpo Fnsi: «Le denunce non vanno fatte alla politica»
«L’indagine sulle molestie sessuali nei media, promossa dalla Federazione nazionale della Stampa italiana attraverso la sua Commissione Pari Opportunità ha permesso di illuminare un fenomeno che fino ad oggi è rimasto largamente sommerso. I questionari in forma anonima – è la risposta della Cpo Fnsi al senatore Calderoli – hanno fornito risultati che rappresentano un punto di partenza. Le denunce vanno fatte alle aziende o, in caso di reati, alla magistratura. Non alla politica… Le colleghe avranno sempre al loro fianco, anche con il sostegno legale, la Fnsi e la Cpo, che hanno in programma l’imminente attivazione di uno sportello per raccogliere le denunce».
PER APPROFONDIRE
Di seguito i materiali presentati durante la conferenza stampa in Fnsi.