Se l’incremento delle aliquote Iva non verrà disinnescato, oltre ai pesanti effetti recessivi sull’economia, l’Italia rischia anche un forte aumento dell’evasione. Infatti, il possibile aumento di 3 punti percentuali dell’aliquota ridotta e di 3,2 di quella ordinaria interesserebbe anche i servizi di manutenzione e di riparazione, gli onorari dei liberi professionisti e le ristrutturazioni edilizie.
Con questo aumento d’imposta, di fatto, molti clienti finali sarebbero “spinti” a non pagarla affatto, evitando di richiedere al prestatore del servizio la fattura o la ricevuta fiscale. A dirlo è la CGIA che, oltre a ricordare che l’infedeltà fiscale sottrae alle casse dello Stato 113 miliardi di euro all’anno, lancia un appello anche ai due Vicepremier:
“Proprio perché siamo in piena campagna elettorale – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – Di Maio e Salvini non possono limitarsi ad affermare che l’Iva non aumenterà. Devono dirci anche dove troveranno le risorse per evitare l’incremento d’imposta. Diversamente, i loro impegni non appaiono credibili, avvalorando così la tesi di coloro che prevedono una stangata fiscale a partire dall’inizio del 2020”.
Dalla CGIA segnalano che un aumento di un punto dell’aliquota ridotta (attualmente al 10 per cento) costerebbe agli italiani quasi 3 miliardi (2.896 milioni di euro) e quella ordinaria circa 4,3 (4.370 milioni di euro). Pertanto, non è da escludere che dei 23,1 miliardi di potenziale aumento (di cui 22.672 milioni di Iva ai quali si aggiungerebbero ulteriori 400 milioni di incremento delle accise sui carburanti), l’Esecutivo sia in grado di sterilizzarne solo una parte. Un’ipotesi, quest’ultima, ugualmente non gradita agli artigiani mestrini.