Penitenziagite è la contrazione di “Fate penitenza”. La parola ha avuto una certa risonanza con il libro di Umberto Eco, “Il nome della Rosa” e il successivo film e serie televisiva, dove era ricordata la figura di fra’ Dolcino (1250-1307), predicatore millenarista che esortava al “penitenziagite”.
“Penitenziagite” ci è venuta in mente per la dichiarazione del capo politico, vicepremier e ministro, Luigi Di Maio, in relazione alla proposta del capogruppo del Pd alla Camera dei Deputati, Graziano Del Rio, di discutere di alcune iniziative legislative.
“Se vogliono redimersi votino le nostre leggi”, ha detto Di Maio; dichiarazione che fa seguito alle numerose richieste del tipo “Chiedano scusa”.
Insomma, è la pretesa di pentimento per avere la redenzione, il che sottende il possesso della verità e, quindi, della giustezza dei propri atti. Il Pd, secondo Di Maio, dovrebbe chiedere scusa e pentirsi e solo così potrà redimersi.
Ora, che il Pd abbia fatto bene, male o entrambe le cose, ognuno può valutare, ma le richieste del Di Maio ricordano gli “autodafé”, liturgie nelle quali il presunto colpevole, condannato dalla Inquisizione, era trascinato sul rogo e solo dopo pentimento era strangolato per evitargli i tormenti delle fiamme.
Passando dal Medioevo ai giorni nostri, possiamo fare un primo consultivo dei primi 11 mesi del governo lega stellato, del quale Di Maio è vicepremier: è aumentato il debito pubblico, il Pil è vicino allo zero, il reddito di cittadinanza e Quota100 non produrranno nuovi posti di lavoro, la sicurezza non assicura, l’anticorruzione complicherà le cose, lo sblocca lavori non sblocca e le tasse aumenteranno. Inoltre, litigano con l’Ue, le istituzioni internazionali e le agenzie.
Ci aggiungiamo i finti bisticci tra M5S e Lega.
Non ci piacciono gli atti di contrizione ma, a fare la parte del Di Maio, è il Di Maio stesso che dovrebbe pentirsi per i danni che ha prodotto e le bufale che ha raccontato.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc