“Non c’è nulla di certo al mondo, tranne la morte e le tasse”, diceva Benjamin Franklin (1706-1790), scienziato e politico, protagonista della Rivoluzione americana e tra i padri fondatori degli Stati Uniti d’America. Come è noto, la questione delle tasse fu uno dei motivi per i quali scoppiò la Rivoluzione americana, cioè la rivolta delle colonie americane, tra il 1775 e il 1783, contro il Regno di Gran Bretagna.
Le tasse non sono mai piaciute e se qualche politico promette di abolirle, o limitarle fortemente, è il ben amato dai tassati; se poi, la promessa è fatta in vista delle elezioni, è certo che chi promette riceverà ampi consensi elettorali.
Deve averla pensata così il segretario della Lega, vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, sicchè, ha sostenuto, prima delle elezioni nazionali, l’introduzione della cosiddetta flat tax, ovvero una tassa unica o piatta.
E’ una bufala (1).
Qualcuno deve averlo fatto presente al ministro Salvini, che incassato il risultato elettorale, ha ripiegato, dopo le elezioni e una volta arrivato al governo, su due scaglioni fiscali, cioè la dual tax, al 15% e al 20% fino a 50 mila euro di reddito.
La domanda sorge spontanea: dove si prenderebbero i soldi del mancato gettito, visto che, se diminuiscono le tasse diminuiscono, anche, gli introiti per la spesa pubblica?
Facendo ulteriore debito? Non è possibile, visto che la Ue non ce lo consentirebbe, ovvero, non lo consentirebbero gli altri Stati europei, in primis quelli amici di Salvini, che si vedrebbero accollato parte del debito italiano.
Dall’aumento della spesa di chi, avendo più soldi in tasca, spenderebbe di più e, quindi, porterebbe maggiori entrate fiscali? Una teoria che si è dimostrata fallace.
Imponendo una patrimoniale, in attesa della emersione dell’economia sommersa? Scelta poco produttiva dal punto di vista elettorale.
Dunque, rimarrebbe un’altra strada: quella di intervenire sulle agevolazioni fiscali, diminuendole o azzerandole. Si tratta, ad esempio, delle agevolazioni sulle spese sanitarie, per i carichi di famiglia, per i mutui, per le ristrutturazioni edilizie, ecc.
E’ una partita di giro: si mettono più soldi in una tasca e si prelevano dall’altra.
L’operazione potrebbe riuscire se si operasse in modo drastico, se non definitivo, sulle agevolazioni fiscali, le quali interessano, però, milioni di cittadini, cioè milioni di voti e, chi è in perenne campagna elettorale, cioè a caccia di voti, come Salvini, difficilmente avvierebbe una riforma così incisiva.
Una soluzione ci sarebbe: far emergere l’economia sommersa e recuperare 108 miliardi di evasione fiscale. E’ una operazione lunga, meticolosa, che richiede grandi capacità di governare e dubitiamo che Salvini le abbia, e poi, il vice-premier si è mosso in direzione opposta, con la cosiddetta pace fiscale che è guerra agli onesti.
Rimangono le promesse, o meglio le parole di Salvini; dei fatti si occuperà più tardi o mai.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc