Disobbedienza civile e diritti individuali: “Chiediamo a tutti i colleghi di manifestare la loro disponibilità ad assistere chi, con la disobbedienza civile resiste alla violenza delle istituzioni”. E’ l’appello che gli avvocati di uno studio legale di Torino hanno lanciato con una lettera al presidente della camera penale del Piemonte e della Valle d’Aosta. Lo spunto viene dall’attualità, il caso Sea Watch e la difesa della sua capitana che ha deciso di violare la legge italiana in nome di un imperativo umano e di diritto internazionale.
Un appello che richiama l’avvocato al suo ruolo di garante, tramite tra l’imputato e gli amministratori della giustizia. Per fare un esempio più frequente: può un medico rifiutarsi di curare un malato perché quest’ultimo è tale per qualcosa che viola la legge o va contro i suoi principi? E’ il famoso “giuramento di Ippocrate” che, nel nostro millennio, vede diversi migliaia di medici impegnati nel dare cure e conforto nelle parti più disgraziate del mondo, indipendentemente dal perché le loro cure siano necessarie.
Lo stesso vale per gli avvocati. Si tratta di riconoscere il valore del richiamo individuale alla coscienza che porta una persona a violare la legge pur di tener fede a questa coscienza. Riconoscimento che induce un professionista a mettersi a disposizione per la riduzione del danno – verso se stessi e verso la comunità – che questo individuo ha arrecato violando la legge. Non si tratta di essere avvocati di un partito contro un altro, ma di usare la propria professionalità per inquadrare legalmente e civicamente la disobbedienza del proprio cliente, sì che non siano ignorate, nel giudizio, tutte le credenziali e i riferimenti ai valori, principi e statuti che sovrintendono alla comunità mondiale.
Esempi in merito, nel nostro Paese, ne abbiamo diversi.
Quando (fine anni 60 e inizio anni 70 del secolo scorso) andavamo in galera disobbedendo civilmente alla coscrizione militare obbligatoria, promuovendo quell’obiezione di coscienza che poi ci ha portato ad avere una legge che disciplinava la stessa, fino all’abolizione della coscrizione obbligatoria. Quando andavamo in galera per gli aborti clandestini (metà anni 70 sempre del secolo scorso)… galera senza la quale oggi in Italia forse non avremmo una legge che disciplina l’interruzione di gravidanza. Tutte occasioni in cui gli avvocati svolgevano un ruolo determinante: non nel negare la violazione della legge, ma inserendola in un contesto che evidenziava le contraddizioni tra quelle leggi e i principi enunciati da altre leggi (costituzionali e no) e l’adesione del nostro Paese ai principi universali umanitari di tutti i trattati internazionali siglati.
E per meglio inquadrare il contesto, non possiamo dimenticare Rosa Parks, disobbediente civile per aver rifiutato nel 1955 di cedere il posto su un autobus a un bianco così come prevedeva la legge, dando così origine al boicottaggio degli autobus a Montgomery (Usa), iniziativa da cui sono poi scaturite tutte le leggi antirazziali degli Stati Uniti.
Rileggere e considerare le azioni e le parole degli avvocati di Rosa Parks, degli obiettori di coscienza al servizio militare (non solo quelli italiani) e gli obiettori sulle leggi anti-aborto e a favore della difesa della stirpe… rileggere e considerare è un’operazione che ogni avvocato dovrebbe prendere in considerazione per valutare la sua disponibilità all’appello dei suoi colleghi torinesi.
E a ragion veduta lo sosteniamo noi, associazione per i diritti degli utenti e consumatori, le cui affermazioni legislative in Ue (essenzialmente) e in Italia, le abbiamo raggiunte sempre guardando con l’occhio del soggetto più debole, a cui meritava riconoscere il diritto individuale ad un’economia non predatoria della sua quotidianità.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc