Declino demografico in Italia…

In materia demografica si sperimenta quanto la visione del proprio Paese e del mondo possano essere armonizzate con vivibilità e futuribilità di ognuno di noi. In materia ci sono opinioni diverse e, purtroppo, a livello di governi nazionali (Italia fra questi) il calo demografico, specialmente delle nascite autoctone, è percepito negativamente.

 

Immaginiamo che altrettanta negatività verrà profusa per i dati diffusi oggi dall’Istat: al 31 dicembre 2018 rispetto al 2015, -0,4% di residenti, registrando poco più di 55 milioni di individui, calo contenuto grazie all’aumento (2,2%) degli stranieri, che così si assestano all’8,7% di tutta la popolazione.
I dati italiani vanno considerati nel trend demografico mondiale. Secondo il nuovo Rapporto sulla popolazione mondiale 2019 pubblicato a fine giugno dalle Nazioni Unite, il numero di persone sulla Terra passerà da 7,7 miliardi di oggi a 9,7 miliardi nel 2050.

Gli aumenti stratosferici riguardano l’Asia (l’India si appresta a superare la Cina) e l’Africa (raddoppio delle popolazioni subsahariane) e gli Usa. Tutti Paesi e continenti con cui l’Italia ha a che fare quotidianamente sia per rapporti economici che per flussi migratori. Il travaso di individui avviene essenzialmente verso l’Italia (anche se i flussi migratori che ci riguardano sono essenzialmente di transito verso altre mete europee), mentre gli italiani che vanno all’estero, dopo le enormi quantità del secolo scorso, si sono ridotte essenzialmente a migrazioni culturali e/o professioni liberali.
In questa fotografia c’è una importante considerazione da valutare: l’Italia non è un Paese autosufficiente per vari motivi e la sua “dipendenza” (non solo economica) se si fermasse creerebbe giganteschi problemi di ogni tipo. Certo, l’Italia è membro eccellente dell’Unione europea… e questo già sventa (a parte il chiacchiericcio elettorale) buona parte dei tentativi per politiche di autosufficienza…. ma questo non è tutto: il suo ruolo (non a caso è membro del G8) e la sua “dipendenza” è più ampia, sia per posizione geografica (Mediterraneo) che per tradizione e presenza culturale ed economica.
Non essere autosufficiente fa sì che l’Italia non possa e non debba solo considerare il suo essere nazione, ma uno dei motori (essenzialmente per alcune nicchie di eccellenza) dell’economia mondiale. L’Italia non può fare a meno dell’Ue e di tutto il resto del mondo, così come Ue e resto del mondo non possono fare a meno dell’Italia.
E’ in questo contesto macro-economico che va considerato l’andamento demografico, dell’Italia e non solo. Preoccuparsi perché i residenti italiani siano in calo, non ha senso. Ma ha senso capire come l’eccellenza italiana, non più collegata alla sua demografia, possa continuare ad esser tale per se stessa e per tutti coloro che ne potrebbero beneficiare.
Una volta si dovevano fare più figli per dare più baionette alla nazione. Le baionette non ci sono più, ma sono rimaste e migliorate le eccellenze, i modi di porsi, di apprendere e di insegnare… tutte  virtù che hanno una loro metodologia e caratteristica e che non sono legate a demografia autoctona e nazionalità. Apprendere e praticare l’arte/mestiere della gastronomia o delle produzioni doc o della moda o del manufatturiero-pmi (per citare gli esempi più tradizionali delle nostre eccellenze) non comporta l’esistenza di una sorta di fortino dove si stappa una bottiglia di champagne ogni volta che nasce un bimbo da genitori altrettanto autoctoni, ma essenzialmente la capacità di insegnare, di organizzare e di proporre.
Per questo crediamo che il fatto che le nascite siano in calo in Italia sia un fatto positivo, e ancora troppo limitato. Il mondo ha un trend contrario e ci preme (psicologicamente, economicamente e praticamente) in modo forte chiedendoci di condividere ciò che siamo e che possiamo essere. Se siamo consapevoli di vivere in una comunità mondiale, nella quale svolgiamo una sorta di ruolo, dobbiamo comportarci di conseguenza.
Bene le politiche Onu per il controllo delle nascite nel terzo e quarto mondo, ma bene anche le politiche Onu per il debellamento di malattie che per tanto tempo hanno svolto la funzione di dissuasore demografico. Ma a questo “bene” si affiancano i numeri che abbiamo ricordato, i quasi 10 miliardi del 2050 che, volenti o nolenti, vanno gestiti. Ed è qui che l’Italia può dare il suo contributo ricevendo più che altrettanto in cambio. Per farlo non si può essere nel fortino dello champagne di prima.

Vincenzo Donvito, presidente Aduc