La chiesa immobile. Francesco e la rivoluzione mancata

La chiesa immobile. Francesco e la rivoluzione mancata: Marco Marzano è un professore ordinario di Sociologia all’Università di Bergamo che di se stesso scrive nel Fatto Quotidiano:“ Da alcuni anni la Chiesa Cattolica è diventata il mio principale oggetto di ricerca e anche la mia grande passione intellettuale….

 

di ANDREA FILLORAMO

Marco Marzano è un professore ordinario di Sociologia all’Università di Bergamo che di se stesso scrive nel Fatto Quotidiano:“ Da alcuni anni la Chiesa Cattolica è diventata il mio principale oggetto di ricerca e anche la mia grande passione intellettuale. Il mio metodo di lavoro è l’inchiesta sociale, i miei strumenti sono la penna, il taccuino e in qualche caso un piccolo registratore, ma soprattutto le mie “antenne” personali, la mia curiosità verso un mondo lontano da quelli che ho frequentato tanto a lungo nella mia vita. Un universo, quello cattolico, ancora vivo seppur acciaccato da mille mali e bisognoso di urgentissime e radicali riforme”.

Marco Mazzano è autore si diverse pubblicazioni. Fra queste: Quel che resta dei cattolici. Inchiesta sulla crisi della Chiesa in Italia (Feltrinelli 2012);  Inchiesta sui cattolici al tempo di Francesco (Edizioni Il Fatto Quotidiano 2015) e, per ultimo :La chiesa immobile. Francesco e la rivoluzione mancata (Laterza, 2018), che brevemente analizzo.

Ho finito di leggere proprio in questi giorni quest’ultima opera, in cui lo scrittore bergamasco, focalizza la sua attenzione, sul papato di Papa Bergoglio, del quale coglie il messaggio e ne analizza il linguaggio che presentano novità importanti nello scenario religioso globale.

Diverse sono le domande che l’autore si pone e fra queste: il papa è stato in grado di riformare la Chiesa e dare inizio a quella grande trasformazione che tanti cattolici e una parte dell’opinione pubblica laica attendevano con trepidazione? Francesco è  un rivoluzionario, interessato a cambiare radicalmente la Chiesa? È riuscito, come si era ripromesso la riforma della Curia, la dottrina morale e della sessualità, il celibato obbligatorio per il clero e il ruolo delle donne?

A parere dello scrittore il bilancio del papato su tutti questi fronti è decisamente deludente, e del resto riformare la Chiesa è complicato, rischioso.

La causa è un processo di secolarizzazione che non può essere arrestato da qualsivoglia riforma. La Chiesa è, quindi, un istituzione destinata a restare immobile?

Marzano osserva: “la Chiesa non cambia perché, come tutte le grandi istituzioni, mostra una naturale tendenza verso l’inerzia, la stabilità e la conservazione […] dal punto di vista organizzativo e strutturale essa è la formazione sociale più simile al tipo ideale puro della burocrazia descritto da Max Weber. Essa è infatti: a) solidamente strutturata secondo i principi di disciplina e di competenza; b) dotata di una miriade di uffici ordinati gerarchicamente e secondo una razionale divisione del lavoro; c) animata da quasi mezzo milione di funzionari a tempo pieno inamovibili, adeguatamente formati in luoghi separati dal resto della società, provvisti di una «preparazione specializzata» e di un particolare «prestigio di ceto»; d) arricchita da un immenso patrimonio mobiliare e immobiliare (che appartiene interamente all’istituzione e non ai suoi membri). I suoi funzionari sono obbligati alla fedeltà nella forma della lealtà allo scopo oggettivo e impersonale per il quale l’organizzazione esiste e ai superiori solo in quanto tali (cioè non per le loro caratteristiche personali, ma per la carica che occupano). Infine, nell’organizzazione, le attività interne hanno un carattere riservato e sono immancabilmente coperte dal segreto d’ufficio. […] Al pari di tutti i suoi simili sociologici, cioè delle altre grandi burocrazie, la Chiesa ha sviluppato alcune specifiche patologie: ad esempio, l’«incapacità addestrata» di adattarsi alle novità, il «ritualismo burocratico», cioè l’attaccamento eccessivo da parte dei funzionari al formalismo e al dettato delle norme a discapito della sostanza della missione organizzativa, e lo «spirito di corpo», generato dalla propensione dei burocrati a pensarsi come un gruppo dotato di interessi comuni e di uno status separato e superiore rispetto al pubblico che sarebbe, sulla carta, chiamato a servire. Organizzazioni come la Chiesa diventano poi sovente autoreferenziali e resistenti alle richieste di cambiamento che vengono dall’esterno. In qualche caso, esse danno vita, nel tempo, ad una vera e propria «eterogenesi dei fini», cioè divengono più interessate alla loro mera sopravvivenza che al raggiungimento degli scopi per realizzare i quali erano originariamente sorte, o paiono colpite da quella che è stata definita «inerzia organizzativa», ovvero una tendenza strutturale, accentuata dall’anzianità e dalle dimensioni, a perpetuare se stesse nell’eterno timore di innescare, con l’avvio di qualche cambiamento, terribili effetti distruttivi.

La distintiva peculiarità della Chiesa cattolica all’interno del novero delle grandi strutture burocratiche consiste nell’avere al suo vertice un capo eletto a vita, popolare e influentissimo anche all’esterno dell’organizzazione (e quindi in grado di ottenere un’immensa legittimità per le proprie azioni), dotato di poteri straordinari e assoluti, incluso, sulla carta, quello di trasformare radicalmente la fisionomia dell’organizzazione. In pratica, però, tali poteri non vengono mai usati per stravolgere l’organizzazione, in ragione del fatto che le tendenze autoconservatrici messe in luce in precedenza agiscono come vincoli impliciti, come pressioni normative anche sull’azione del papa.

In altri termini, un papa potrebbe, se lo volesse, rivoltare l’intera macchina, sconquassare i meccanismi consueti di funzionamento dell’organizzazione (e forse anche Francesco ha pensato all’inizio di farlo), ma si astiene e si asterrà perché avverte su di sé l’enorme pressione istituzionale (psicologica, sociale, politica, storica) a non andare in quella direzione, a mantenere in vita il prezioso sistema che gli è stato così solennemente affidato. Anzi, fa di più: lo legittima e lo protegge, aiutandolo a conservarsi e a sopravvivere. È questo il «lavoro istituzionale», la missione suprema che il papa è chiamato a compiere dalla macchina organizzativa che lo ha designato suo sovrano” .