Rilancio del Sud: finalmente si comincia a parlare concretamente di rilancio delle regioni meridionali: è scritto in diversi passaggi della Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2019. E lo ha fatto Giuseppe Provenzano, ministro per il Sud e la coesione territoriale, annunciando il piano per il Mezzogiorno che il Governo M5S-PD si appresta a varare partendo dalla Legge di Bilancio 2020: si partirà “proprio dalla scuola, con investimenti sugli asili nido”.
Il rilancio del Sud passa per l’Istruzione pubblica nazionale. È scritto, a chiare lettere, nella Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2019, approvato dal Consiglio dei Ministri il 30 settembre scorso. Però sull’effettiva realizzazione dell’obiettivo permangono forti dubbi.
I GENERICI BUONI PROPOSITI SUL RILANCIO DEL SUD
“Per superare il divario economico e sociale esistente tra Nord e Sud – si legge nella Nota del Mef -, occorre prevedere un piano straordinario di investimenti per il Mezzogiorno, unitamente alla promozione del coordinamento di tutti gli strumenti normativi esistenti. Lo sviluppo del Sud e la coesione territoriale rappresentano, infatti, priorità strategiche del Governo, al fine di attivare il potenziale di crescita inespresso, rafforzando il capitale fisico, umano, sociale e naturale. L’obiettivo è rendere più attrattivi il Sud e le aree interne, offrendo nuove opportunità occupazionali in particolare a giovani e donne”.
Le previsioni del Def indicano che sulle “infrastrutture, l’obiettivo è creare un sistema moderno, integrato e sicuro che tenga conto dei connessi impatti sociali ed ambientali e che migliori drasticamente il potenziale produttivo del Sud e sostenga la ripresa delle zone terremotate”. Pertanto, “lo sviluppo del Sud e la coesione territoriale rappresentano priorità strategiche del Governo, da realizzare attraverso l’attuazione di un piano strutturale che rilanci gli investimenti e gli interventi in grado di attivare il potenziale di crescita inespresso, rafforzando il capitale fisico, umano, sociale e naturale. L’obiettivo è rendere più attrattivi il Sud e le Aree interne, offrendo nuove opportunità occupazionali in particolare a giovani e donne”.
Nel testo si parla quindi di “attuazione del Green New Deal al Sud e nelle aree interne”. Inoltre, per i giovani del Sud e delle Aree interne saranno perseguite azioni specifiche per ridurre il fenomeno dell’emigrazione, potenziando gli strumenti di incentivo all’imprenditorialità giovanile e all’innovazione. C’è anche spazio per una pericolosa apertura verso la regionalizzazione: “Si procederà lungo il processo di autonomia differenziata, salvaguardando il principio di coesione nazionale e di solidarietà. Saranno definiti i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Ciò eviterà di aggravare il divario tra il Nord e il Sud del Paese”.
QUALI FINANZIAMENTI?
A livello di scuola, cosa significherà tutto questo? Quali sono i finanziamenti previsti? Per gli istituti del Meridione, scrive Orizzonte Scuola, sarebbero in arrivo “15 miliardi di euro, un piano mirato per fermare l’emigrazione dei giovani dal Mezzogiorno al Nord o all’estero. Scuole aperte tutto il giorno e investimenti per gli asili nido, così che si pensi non solo ai bambini ma anche ai genitori dando spazio al potenziale delle donne. Provenzano punta quindi sulla scuola, sconfiggendo la povertà educativa e rendendola un luogo di emancipazione e non di diseguaglianze sociali”.
I dati tendenziali, del resto, dicono che occorre intervenire. Secondo lo Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, negli ultimi anni il tasso di emigrazione si è ulteriormente innalzato, con oltre 2 milioni di persone emigrate dal Mezzogiorno tra il 2002 e il 2017. “Si devono creare le condizioni perché i giovani possano restare e non debbano sentirsi obbligati ad andarsene” ha spiegato Provenzano, al quale preoccupano i dati demografici del Sud con alti tassi di spopolamento, specie nei piccoli centri.
Va però anche detto che “Il divario tra Nord e Sud è un fatto ‘storico’”, sottolinea la rivista specializzata: “colpisce anche l’istruzione, partendo dalle ore di tempo pieno nelle scuole che al Sud interessa solo il 15% degli alunni circa, contro oltre il 48% al Nord”. Per tentare di attuare un’inversione di tendenza, la maggiore “attenzione al Mezzogiorno dal Governo” è “presente anche nel Def”. E sono i punti messi in evidenza dall’Anief.
IL PARERE DEL LEADER DELL’ANIEF
“Quello di potenziare il tempo pieno e prolungato, soprattutto nelle regioni del Sud dove manca da sempre, è uno dei 25 punti prioritari salva-scuola chiesti dal nostro sindacato al ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, durante l’incontro da noi tenuto alcuni giorni fa al Miur – ricorda Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief -: per noi è un passaggio indispensabile se si vuole migliorare la scuola, assieme alla cancellazione delle classi pollaio, il ripristino del tempo scuola tagliato dalla legge 133/2008, l’introduzione di un’ora aggiuntiva di educazione fisica nella scuola primaria e di educazione civica ‘vera’, come materia autonoma, l’eliminazione delle nuove certificazioni per il sostegno ai disabili, con l’assegnazione di tutte le ore richieste dal Pei, e l’estensione dell’obbligo scolastico a partire dall’età di 5 anni fino alla maturità, oltre che il ritorno all’insegnamento modulare nella scuola primaria e l’introduzione del docente di sostegno nella scuola dell’infanzia”.
“Le attività all’interno del mondo della scuola da avviare e implementare – continua Pacifico – sono svariate. Il problema è che per realizzarle non basta la buona volontà, ma servono finanziamenti importanti”. A questo proposito, sono rivelanti le parole pronunciate dal premier Giuseppe Conte, nel rispondere a come si può fare per “reperire soldi per la scuola”: secondo Conte, “nella manovra non ci saranno tagli sull’istruzione. Il governo deve investire in scuola, università e ricerca: ma devo anticipare che abbiamo pochi fondi”. Purtroppo senza i fondi adeguati qualsiasi progetto su larga scala, con numeri di attori e fruitori, è destinato a soccombere o, quantomeno, a non decollare: vale per tutti l’esempio del disegno di legge approvato dallo scorso Governo sull’allargamento del tempo pieno, che ha portato, proprio a causa dei bassi investimenti realizzati con l’ultima Legge di Bilancio, appena 2 mila maestri in più in tutta Italia. Con un incremento, ha calcolato La Repubblica, di appena l’1,5%: si è passati, come media nazionale, dal 34,8% al 36,3%. Con le regioni meridionali che continuano a rimanere ancora molto indietro, posizionandosi attorno al 15% di scuole che permettono ai loro alunni di uscire da scuola nel pomeriggio.
“Anche l’ultimo rapporto Pirls – dice ancora Marcello Pacifico – ci ha detto quali sono le cose da fare: potenziare le strutture scolastiche e le infrastrutture a supporto, ripristinare l’insegnamento per moduli, reintrodurre 30 mila posti, attivarne tra i 50 mila e i 100 mila, una parte anche di Ata, per allargare gli organici nelle zone dove sono alti gli abbandoni, con zone che sfiorano il 50% a fronte del 10% che ci chiede l’UE, ed è crescente il fenomeno dei Neet. Sono tutte azioni che – conclude il sindacalista – per il Sud andrebbero realizzate con incisività doppia rispetto alle altre aree del Paese”.