L’incertezza sigilla il portafoglio degli italiani. Nonostante il recupero del potere d’acquisto, la propensione al consumo delle famiglie è rimasta al palo: un atteggiamento da ‘formiche’ che ha cancellato oltre 3,3 miliardi di euro di spesa. È quanto emerge dalle elaborazioni condotte da CER per Confesercenti.
L’effetto dell’incertezza è stato particolarmente grave nel secondo trimestre dell’anno. Tra aprile e giugno il potere d’acquisto delle famiglie ha registrato un robusto incremento (+0,9%) rispetto ai tre mesi precedenti, ma la spesa per consumi è rimasta sostanzialmente al palo, segnando un aumento di appena +0,1%. Alla flessione della propensione al consumo è conseguita una mancata spesa nel trimestre di 2,5 miliardi, che ha aggravato pesantemente il bilancio dei primi tre mesi dell’anno, quando la minore propensione al consumo aveva determinato una perdita di spesa di quasi 850 milioni.
A incidere sulla fiducia delle famiglie – e delle imprese italiane – è soprattutto il rallentamento in atto dell’economia: secondo le previsioni Cer per Confesercenti, il 2019 dovrebbe chiudersi con una mini-crescita dei consumi dello 0,3% (il dato più basso dal 2014 ad oggi), mentre il Pil si avvia a registrare una variazione nulla.
Uno scenario di crescita zero che sta innescando un circolo vizioso: il timore del rallentamento frena la spesa delle famiglie, e a sua volta il calo della propensione al consumo sta bloccando ogni prospettiva di ripresa. La frenata della spesa ha infatti un forte impatto anche sul Pil: secondo le proiezioni Cer per Confesercenti, la prosecuzione delle tendenze in atto si tradurrà, a fine 2019, in una minore crescita del Pil dello 0,5%.
“L’economia rallenta, le tensioni internazionali non lasciano ben sperare e le famiglie non vedono una chiara via di uscita da questa situazione di stallo”, commenta la Presidente di Confesercenti Patrizia De Luise. “Per questo riteniamo che sia prioritario migliorare lo stato delle aspettative di consumatori e imprese. Fondamentale da questo punto di vista è stato scongiurare l’aumento IVA per il 2020: gli incrementi avrebbero avuto un effetto disastroso sulla fiducia delle famiglie”.
“Per ripartire – continua De Luise – bisogna dare fiducia a famiglie ed imprese. Occorre superare una visione ristretta ai confini dell’anno e lanciare un piano a lungo termine. Un piano che preveda l’impegno a disattivare le clausole di salvaguardia ancora attive sul biennio 2021-22, il varo della web tax e una spending review seria: non è possibile che la propensione alla spesa dello Stato cresca mentre le famiglie tirano la cinghia. Alla riduzione della spesa va accompagnato anche un serio e credibile programma di semplificazione e riduzione degli oneri burocratici. Misure a costo zero, ma capaci di dare un immediato impulso alla ripresa degli investimenti infrastrutturali e alla crescita economica italiana”.