Rapporto sull’analfabetismo religioso. In questi ultimi decenni, la società si è desacralizzata sempre di più. Stanno scomparendo, infatti, i tempi sacri, le feste sacre, divenute sempre di più occasioni solo consumistiche, i matrimoni religiosi, considerati oggi, assieme ai battesimi e alle prime comunioni, soltanto riti di passaggio e celebrati spesso per tradizione etnico-culturale.
di Andrea Filloramo
Assistiamo. Inoltre, al fenomeno dei cattolici, che praticano una religione che loro impregnano di superstizioni, di smania di apotropaiche benedizioni (case, auto, animali) di apparizioni di Madonne che appaiono dovunque, di attesa di miracoli, di riti propiziatorî, di poteri soprannaturali, racchiusi in oggetti, in amuleti, in crocette, santini, talismani, statue piangenti lacrime; insomma in feticci, caratteristici di tutte le sottoculture, simboli di ataviche credenze, del feticismo. che pervade menti e comportamenti di quanti, fantasticano di angeli e di demoni, che vengono e scompaiono, di sogni divinatori, di oroscopi, ma non hanno nessuna idea di creazione, di Trinità, di Transustanziazione, di Grazia etc……, dimostrando, perciò, una grande ignoranza delle tematiche religiose e del credo cattolico.
Non conoscono le verità fondamentali della fede cattolica che a loro non interessano più di tanto, perché forse s’accorgono o pensano che i primi a saperne poco o a non crederci per niente sono i loro preti, che spesso appaiono distratti e noncuranti del disastro della Chiesa di cui sono ministri. Si rifugiano così, senza rendersene conto, in un vago sincretismo di una religione fai-da-te, che fonde insieme elementi diversi, spesso in contraddizione fra loro, intrisi di esoterismo e magia, che non hanno più alcuna pretesa di verità.
Fin dalla tenera età, i genitori, dopo averli battezzati, li hanno mandati “a dottrina”, li hanno lasciati catechizzare fin dall’asilo e nelle scuole, dove lo Stato annualmente spende per stipendi 1,25 miliardi di euro (in epoca di spending review non sembra una cifra di poco conto) e dove ben 11.905 insegnanti di religione dovrebbero garantire, durante il lungo percorso scolastico di 13 anni, fatto di asilo, scuola elementare, media e superiore, la conoscenza dei contenuti fella fede. Se ciò non avviene sarebbe opportuno dichiarare il loro fallimento.
Non ci meravigliamo più di tanto, perciò, se leggiamo di un sondaggio di un Settimanale che ha impietosamente dimostrato che un quarto degli italiani ignora che i Vangeli siano quattro. La nostra storia e l’arte, che recano impressa la memoria del cristianesimo in modo strutturale e indelebile, risultano così per loro incomprensibili.
L’ignoranza, però, che si fa evidente, è serena e ben pasciuta, altezzosa e autosufficiente, non conosce brividi o timori anche nell’ostentarsi. E questo accade – per i temi religiosi – a tutti i livelli, anche in quelli “colti”. Per aggiornarci su questo tema è sufficiente leggere le 500 pagine del Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia, curato per Il Mulino dallo storico Alberto Melloni, con la collaborazione di una trentina di studiosi del campo. Secondo Melloni, quelli che hanno a che fare con Dio, la trascendenza, non passerebbero neppure un test di ammissione neanche al livello più elementare. Se è così, per tanti, anzi per moltissimi, il cattolicesimo è un abito vecchio e consunto ma necessario per coprire la nudità che, in ogni caso si deve occultare, che si indossa solo in alcune occasioni e non ha bisogno di radicarsi su un sostrato concernente i contenuti della fede.
Per tal motivo molti ricorrono inconsciamente ad ataviche credenze, al feticismo e fantasticano di angeli e di demoni, di sogni divinatori, di oroscopi. La presa di coscienza è l’inizio di una necessaria rivoluzione personale, un impadronirsi dal proprio io narcotizzato per mezzo di una religione che non è il vero cattolicesimo, che sfrutta l’eterna insoddisfazione a causa della quale si è sempre in ansia per cercare di ottenere più di quello che già abbiamo. “Sappiamo ciò che siamo, ma non quello che potremmo essere” (William Shakespeare). Forse è proprio così. Forse ci troviamo in una società come quella di Matrix: sempre immersi in uno stato di indefinibile apatia.