E’ un totale cambiamento operato da papa Bergoglio che si differenzia dai suoi ultimi predecessori Ratzinger e Woityla, che hanno dato copertura per decenni a migliaia di preti pedofili sparsi in tutto il mondo…
di Andrea FILLORAMO
Una svolta storica. Con due documenti Papa Francesco abolisce il segreto pontificio nei casi di violenza sessuale e di abuso sui minori commessi dai preti, e decide, insieme, di cambiare la norma riguardante il delitto di pedopornografia facendo ricadere nella fattispecie dei “delicta graviora” – i delitti più gravi – la detenzione e la diffusione di immagini pornografiche che coinvolgano minori fino all’età di 18 anni. Questo ci aspettavamo da Papa Francesco e questo è avvenuto.
E’ un totale cambiamento operato da papa Bergoglio che si differenzia dai suoi ultimi predecessori Ratzinger e Woityla, che hanno dato copertura per decenni a migliaia di preti pedofili sparsi in tutto il mondo, non denunciandoli alle autorità giudiziarie e garantendo perciò ai colpevoli un’impunità che ha consentito loro di reiterare lo stupro su decine di migliaia di ragazzi e hanno imposto un obbligo tassativo a tutti i vescovi, sacerdoti, sotto solenne giuramento «sul Vangelo», di non far trapelare minimamente alle autorità civili — tutto ciò che avesse a che fare con casi di pedofilia ecclesiastica.
Basta, infatti, leggere il motu proprio di Giovanni Paolo II, che riservava «al Tribunale apostolico della Congregazione […] il delitto contro la morale», cioè «il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore al di sotto dei 18 anni di età», e la “Istruzione” attuativa della Congregazione per la Dottrina della Fede, con queste inderogabili disposizioni: «Ogni volta che l’ordinario o il vescovo avesse notizia almeno verosimile di un delitto riservato, dopo avere svolto un’indagine preliminare, la segnali alla Congregazione per la Dottrina della Fede». Tutte le notitiae criminis dovevano affluire alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Ricordiamo che Prefetto era il cardinal Ratzinger, che poi diventerà Papa con il nome di Benedetto XVI. Sarebbe stata la Congregazione a decidere se avocare a sé la causa oppure «comandare all’ordinario, dettando opportune norme, di procedere a ulteriori accertamenti attraverso il proprio tribunale». Papa e Prefetto, insomma, erano informati di tutto; erano anzi gli unici a sapere tutto ed erano loro, ad avere l’ultima e la prima parola sulle procedure da seguire. Decidevano direttamente, per avocazione, o demandavano il “processo” al Tribunale ecclesiastico diocesano.
Ovviamente la “pena” estrema (quasi mai comminata) era solo la riduzione allo stato laicale del sacerdote (in genere si limitano invece a spostare il sacerdote da una parrocchia all’altra, dove ovviamente reitererà il suo crimine). “Pena” esclusivamente canonica, comunque: nessuna denuncia doveva invece esser fatta alle autorità civili. La Chiesa gerarchica si occupava insomma del “peccato” (in genere con incredibile indulgenza) ma teneva segreto e coperto il “reato”, che perciò restava “impunito” e poteva essere reiterato impunemente. Papa Francesco continua cosi la sua opera di pulizia della Chiesa.