Nel pomeriggio di oggi, 2 febbraio, data in cui è stato rinnovato il memorandum Italia-Libia, gli esponenti di Radicali Italiani sono stati in presidio di fronte a Montecitorio per chiedere ai presidenti delle Camere e al Parlamento di portare in aula con urgenza il memorandum Italia-Libia e deliberarne la sospensione immediata. Sulle labbra dei partecipanti un bavaglio, perché, nonostante l’articolo 80 della Costituzione stabilisca che gli accordi internazionali di natura politica debbano passare per le Camere, questo non è avvenuto nel caso del memorandum Italia-Libia.
“Oggi il vergognoso rinnovo del memorandum è divenuto realtà. Il nostro Governo conferma la volontà di contribuire a far sì che migranti e rifugiati in fuga dalla Libia siano regolarmente intercettati e portati indietro dalla Guardia costiera del Paese in conflitto, dove sono esposti alla violazione costante di diritti inviolabili, abusi di ogni genere, stupri, torture. Nei tre anni in cui l’accordo è stato in vigore, col nostro supporto finanziario alla Libia, abbiamo fatto sì che decine di migliaia di persone subissero questo destino. Di quanti altri crimini vogliamo macchiarci prima di dire basta?” dichiarano Massimiliano Iervolino, Giulia Crivellini e Igor Boni, Segretario, Tesoriera e Presidente di Radicali Italiani.
“Il Governo ripete che sarà possibile modificare il memorandum in qualsiasi momento successivo al rinnovo: lo sappiamo, ma non è questo che chiediamo, poiché significherebbe continuare a essere complici di quanto accade al di là del mare. Il memorandum deve essere sospeso subito. Anche il Consiglio d’Europa ha chiamato l’Italia a interrompere con urgenza la collaborazione con la Guardia costiera libica fino a quando non vi saranno garanzie circa la tutela dei diritti umani nel Paese, mentre l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i Rifugiati si è ritirato dal centro che ospita rifugiati e migranti a Tripoli, perché teme che l’area diventi obiettivo militare. Non sussistono più le condizioni minime sulle quali basare un siffatto accordo. Deve essere portato al più presto in aula, dove, contrariamente a quanto stabilito dall’articolo 80 della Costituzione, non è mai arrivato: chiediamo ai Presidenti delle Camere e al Parlamento di discuterlo e di determinare la sospensione immediata della sua efficacia”.