Nei giorni scorsi abbiamo irriverentemente evidenziato il comportamento medio dell’italiano di fronte al coronavirus. Abbiamo “messo alla berlina” il giovane studente che a Milano – per “indefinita” causa coronavirus – cercava una giustificazione per disdire il proprio contratto di affitto. E poi ci siamo divertiti ad ipotizzare chi, causa colpo di tosse, trova ragioni per buttare fuori dal palazzo quel condomino che gli sta tanto sulle scatole, nonché chi potrebbe trovare giustificazione per ammazzare la suocera, etc.
Ma la nostra irriverenza è stata superata dai fatti quando abbiamo letto: “arrestato per droga finge malore: sono stato a Codogno”.
Da una parte siamo contenti perché abbiamo sempre motivo di imparare da comportamenti che una volta – si diceva – erano tipici napoletani, mentre sono di fatto italiani (il nostro è un caso bergamasco)… anche se i napoletani, non si può non riconoscerlo, sono sempre i più bravi in materia.
Dall’altra – anche se noi non avevamo già dubbi prima, – prendiamo atto di quanto il fenomeno droga sia radicato nel costume, nella cultura e nei comportamenti quotidiani degli umani.
Fenomeno radicato in un contesto di illegalità. Fenomeno quindi sempre legato al malaffare, al malcostume, al pericolo, al disordine pubblico e privato, al pericolo sanitario, al sotterfugio, alla menzogna, all’incredulità.
Non sappiamo se il nostro spacciatore (o solo consumatore?) abbia voluto fare ironia e giocarsi sul ridere il fatto di essere stato beccato, ma sta di fatto che questo episodio non ci può non far sorridere, quasi come un film di Totò di altri tempi (anche se l’attore Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi de Curtis di Bisanzio non aveva mai inserito le droghe illegali nella sua arte… ma il suo tipico “sfottò” ci sta tutto in questa vicenda).
La droga illegale, i consumatori, gli spacciatori e i trafficanti fanno parte della nostra quotidianità, tant’è che entrano anche nei contesti più difficili della nostra vita sociale e civica, come quella di questo periodo di coronavirus.
Una vicenda che, oltre al sorriso irriverente, ci porta ad una riflessione: dobbiamo continuare a convivere con questa illegalità pur così radicata nella nostra quotidianità? Ne vale la pena, in genere per sostanze che non fanno male più di un bicchiere di vino (parliamo di marijuana) e che inducono la maggior parte dei consumatori (giovani anche minorenni) ad avere rapporti con l’illegalità e la malavita per procurarsela? Non ci bastano gli esempi di quei Paesi oltre l’Atlantico (Stati Usa, Canada e Uruguay) dove la legalità sta mostrando la sua grande potenzialità di debellare il malaffare?
Ok. Facciamo pure un sorriso, ma teniamo ben presente quanto possano essere semplici le soluzioni di situazioni che, invece, creano drammi e, soprattutto, alimentano la cultura dell’illegalità.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc