Sono tante le scarcerazioni effettuate nell’ultimo mese di personaggi di rilievo della criminalità organizzata che hanno destato forte perplessità e preoccupazione. Fuori personaggi come Vincenzo Iannizzo, Antonio Sudato, Rocco Filippone, Antonio De Luca, Pino Sansone e Francesco Bonura. Tutto ciò ha provocato una levata di scudi.
“Le nostre preoccupazioni erano fondate – così Giuseppe Antoci, Presidente Onorario della Fondazione Caponnetto ed ex Presidente del Parco dei Nebrodi, vittima nel 2016 di un gravissimo attentato mafioso sventato dalla scorta della Polizia di Stato.
Il Presidente Antoci, i primi di aprile, aveva considerato gravissime le prime scarcerazioni commentando quella di Antonio Sudato ritenendola “un’offesa ai familiari delle vittime di mafia”. Oggi arriva la proposta e l’appello al Governo.
“I boss mafiosi vogliono approfittare delle maglie aperte dalle necessità sanitarie dovute alla diffusione del Covid-19 per poter tornare facilmente fuori dalle carceri – continua Antoci. Risulta inaccettabile che persone che hanno compiuto reati così efferati possano ottenere tali benefici”.
Sono stati tanti gli interventi di autorevoli magistrati che hanno posto in maniera forte il tema fra i quali: Sirignano, Tartaglia, Di Matteo, Gratteri e Maresca, questi ultimi anche minacciati da componenti di famiglie mafiose che, con sfrontatezza, li hanno insultati sui social.
Ma il rischio di infiltrazioni mafiose, dovute all’ingente quantità di denaro che sarà immessa nel Paese, è stato anche palesato in alcuni recenti interventi dei magistrati Maurizio De Lucia, Dino Petralia e Lia Sava che, unitamente al Procuratore Nazionale Antimafia Cafiero De Raho, hanno avvertito dei rischi che ne possono derivare.
“E’ necessario essere chiari – aggiunge Antoci. Anche nel nostro ordinamento Penitenziario è stato sancito il meccanismo del “doppio binario” che consente di mantenere un equilibrato rapporto tra l’esigenza del massimo rigore nella lotta alle mafie e, nel contempo, di garantire ai detenuti comuni maggiori opportunità d’inserimento. Ma il DAP, nelle sue circolari, ha l’obbligo di distinguere tra capi mafia e detenuti comuni”.
Nel Codice Penitenziario – continua Antoci – vige infatti il 4 bis che esclude l’automatismo a favore dei detenuti che si sono macchiati di reati gravissimi come quelli legati al 416 bis o detenuti nel regime severo del 41 bis. Nel prossimo Decreto Legge è opportuno che il Governo e il Parlamento chiariscano che per prevenire il Coronavirus nelle carceri i boss mafiosi non possono però scontare la pena nelle loro case. I mafiosi – aggiunge Antoci – vanno mantenuti e semmai curati dentro i circuiti penitenziari ed è chiaro, comunque, che qualsiasi decisione non può prescindere dai pareri sia della Direzione Nazionale Antimafia sia delle Procure Distrettuali competenti per territorio. Per i detenuti comuni – ancora Antoci – si possono prevedere ulteriori meccanismi di detenzione domiciliare, organizzando al meglio il controllo e la sicurezza a distanza attraverso anche l’uso di braccialetti elettronici.”.
“Rischio di contagio da coronavirus? – continua Antoci – E del rischio che stanno correndo tanti uomini e donne nelle Forze dell’Ordine, nell’Esercito e nella Polizia Penitenziaria o ai tanti che sono in prima linea nei settori necessari al Paese, che diciamo? Anche alcuni di loro hanno patologie che potrebbero comportare rischi maggiori in caso di contagio, eppure sono per strada o nei loro posti di lavoro”.
“Ho ascoltato il grido di dolore di Tina e Giovanni Montinaro, familiari di Antonio Montinaro capo scorta di Falcone e ucciso nella strage di Capaci, che, commentando le scarcerazioni, hanno evidenziato la loro grande sofferenza. Ecco, ascoltando Giovanni, rifletto su cosa avrebbero potuto pensare le mie figlie vedendo queste scarcerazioni, se quella notte io e gli uomini della mia scorta fossimo stati uccisi dalla mafia. Sono certo che avrebbero provato, anche loro, un profondo sentimento di solitudine” – conclude Antoci .