In diverse città italiane gli agenti di viaggio hanno manifestato per ricordare che anche loro sono alla canna del gas. Uno degli striscioni che abbiamo notato in piazza santa Croce a Firenze, recitava “noi siamo il turismo”. E non abbiamo potuto pensare a tutti gli esseri umani che potrebbero dire altrettanto e che, invece e al momento, non sono scesi per strada con un qualche striscione che riportasse una scritta tipo “noi siamo l’economia”.
Ovviamente le categorie economiche sono meglio organizzate dei cittadini: hanno associazioni che corporativamente difendono gli interessi dei propri iscritti, anche a danno di altre categorie o di tutti i cittadini. Queste associazioni, mediamente, esistono proprio per questo “mors tua vita mea”. I cittadini dovrebbero essere, secondo Costituzione, rappresentati dai partiti, ma questo è un altro discorso di coma in corso, oltre all’economia di tutti.
Inquadriamo la situazione.
Gli agenti di viaggio, come qualunque altro operatore turistico (ed economico in senso più ampio) offre dei servizi a dei consumatori, senza i quali i suoi servizi non avrebbero ragion d’essere. E’ un meccanismo che non può che funzionare in modo armonico tra domanda e offerta.
Alcuni giorni fa, sulla stampa del settore, leggevamo le dichiarazioni trionfali di alcune agenzie che rivendicavano la loro capacità di aver riaperto i battenti, e ci siamo domandati: ma cosa vendono e a chi?
Sul cosa è tutto da capire, visto che i prodotti medi di questi ultimi lustri, e non solo, non erano solo le destinazioni nella propria regione, figurati poi se si pensa agli ombrelloni che, dalle pareti in plexigas con scafandro sono passati alla rarificazione fino a controsensi tipo “faremo pagare l’accesso alle spiagge libere”.
Sul chi, anche questo è tutto da capire. Visto che tra casse integrazione, autonomi sul baratro e quelli a nero che non hanno più neanche un colore per definirsi, sembra che le uniche attività che rendano (a parte coloro che hanno lavorato e lavorano nei cosiddetti servizi essenziali e i dipendenti pubblici) siano quelle legate alla delinquenza, soprattutto alla spaccio di stupefacenti.
Inquadrata la situazione soffermiamoci sul chi I consumatori di prodotti turistici. E qui c’è la nota dolente. Si tratta di soggetti che, per i viaggi prenotati e pagati prima della pandemia, hanno subito la violenza del legislatore che ha imposto loro di regalare soldi agli operatori turistici. Si è imposto loro di accettare un voucher di rimborso da utilizzare entro un anno e non i soldi. Si è modificata la normativa italiana ordinaria e, soprattutto, violando quella europea (che è superiore a quella italiana), ed ora è certo che se non si rispettano le norme comunitarie, la Commissione Ue aprirà una procedura d’infrazione nei confronti del nostro Paese (1).
Stiamo parlando di soldi che i consumatori hanno anticipato per un servizio che non è stato loro reso, e che sono diventati un prestito senza interessi e soggetto a svalutazione di mercato (e che mercato, non è fanta-economia ritenere che un viaggio che oggi si compra a 100, come minimo domani costerà 130, ma il voucher è sempre di 100…). A cui aggiungiamo che le circostanze per cui una persona sceglie di fare un viaggio sono legate a tanti fattori individuali e sociali ed economici che, col tempo in sé e coi tempi di crisi che vivremo, è molto difficile che siano irripetibili. Qualcuno, come la Francia, ha stabilito che se alla scadenza di un anno questo voucher non sarà utilizzato, l’importo sarà rimborsato, senza interessi.. e da aziende che chissà che fine avranno fatto nel frattempo (contenziosi per riaverli, tribunale del fallimento, etc…). Ma in Italia, se non utilizzi il voucher, lo stesso scade… e buonanotte.
Fiducia agli operatori turistici?
Questi consumatori/donatori e tutti quelli che sono consapevoli di cosa è accaduto dovrebbero essere i clienti di queste agenzie, di questi operatori di vari servizi turistici, che, oltre ai soldi che il governo ha stanziato per loro come per tutti gli altri, hanno anche avuto il prestito obbligato dai loro stessi clienti.
Difficile.
Almeno nei termini e nei tempi di come è stato fino ad oggi.
Nei termini. I prodotti che gli operatori vendono sono quello che sono. Si tornerà a viaggiare come prima e meglio di prima? Vedremo. Ora, e per un po’, di certo non è così.
Nei tempi. Qualcuno affiderà ad un agente di viaggio, o ad un operatore turistico, i propri soldi in anticipo, magari per risparmiare e per fare meglio organizzare il tutto all’operatore? Mah.
Come venirne fuori
C’è solo un sistema. La restituzione dei soldi sottratti a chi aveva pagato e non ha usufruito del servizio. Che è possibile con due metodi che si possono intersecare:
– gli operatori turistici che, comprendendo che è meglio vedere oltre la propria punta del naso, restituiscono i soldi a chi è stato costretto a darglieli;
– il governo che decide di ottemperare all’ultimatum della Commissione (scade oggi 28 maggio) e ridà dignità e rispetto comunitario alla normativa italiana: che sia il consumatore a decidere se il rimborso lo vuole in soldi o voucher.
Ora, siccome non siamo nati ieri, sappiamo che gli operatori turistici non restituiranno MAI i soldi di loro iniziativa. Altrimenti non avrebbero messo lo striscione in piazza con la scritta “il turismo siamo noi”. Striscione che vuol dire che fanno i tonti per convincersi di non sapere. Come qualunque prodotto economico, se chi offre sottrae indegnamente a chi domanda, pur se questa sottrazione è fatta con complici autorevoli che si chiamano Governo e Stato, le vittime non dimenticano. Vittime che non sono sprovvedute come loro credono, proprio perché in questi ultimi anni, viaggiando, hanno visto, toccato, sentito, gustato, amato, tutte cose che li hanno resi consapevoli di non dover trattare con persone come loro sono oggi.
Spetta quindi al governo e allo Stato procedere. E qui si riapre un altro capitolo….
Vincenzo Donvito, presidente Aduc