Rinviare le decisioni può essere utile per riflettere. La notte porta consiglio, ricorda il Manzoni nel descrivere la decisione del principe di Condè di andare a dormire prima della battaglia di Rocroi, che vide contrapporsi francesi e spagnoli ma, prima di addormentarsi, Condè aveva già dato le disposizioni necessarie, e stabilito ciò che si dovesse fare la mattina dopo.
E’ il contrario di quanto fa questo governo che trascorre nottate a discutere su provvedimenti senza avere idee chiare su cosa fare. Ci riferiamo alla questione del crollo del ponte Morandi.
Il premier Conte1 non voleva aspettare i tempi della giustizia, il ministro di Maio voleva la revoca immediata delle concessioni ad Autostrade per l’Italia (Aspi).
Sono passati 2 anni dalla tragedia del ponte Morandi e il governo Conte 1 e 2 non è riuscito a trovare una soluzione al problema, trascinando le decisioni all’ultimo momento, a poche settimane dall’inaugurazione del nuovo ponte.
Durante la notte hanno deciso che ci sarà una società, con la partecipazione maggioritaria di Cassa depositi e prestiti, cassaforte dei risparmiatori postali.
Di fatto, l’azienda è nazionalizzata con denaro del risparmiatore. Rimane il problema di chi gestirà le autostrade: l’Anas? Quella del ponte crollato sul fiume Magra?
E ci volevano due anni per arrivare a questa conclusione, con l’allora ministro Toninelli che, a sua insaputa, scriveva che il ponte ricostruito doveva essere riconsegnato ad Autostrade e la ministra De Micheli che ricordava il parere del Consiglio di Stato sui rischi della revoca?
Nel frattempo, il premier Conte e il ministro Di Maio continuavano a minacciare la revoca.
Alla mente sovviene Conte 1 che dichiarava la non convenienza economica del Tav, il treno Torino-Lione, per poi convenire, in prossimità della scadenza contrattuale, che l’abbandono dei lavori costava più che proseguirli e il ministro Di Maio che, appigliandosi a definizioni burocratiche, affermava che delle gallerie “non si è scavato neanche un cm”, quando ne erano stati scavati 28 km.
Tutto ciò mina la credibilità dell’Italia.
Ci si può fidare di dare 173 miliardi di fondi comunitari all’Italia? E’ una domanda che circola in sede europea.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc