Scoprire l'acqua calda, o sfondare una porta aperta, sono detti popolari per chi si vanta di avere inventato qualcosa di importante che invece era già nota a tutti. E' un proverbio che possiamo applicare al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio (M5S). Che cosa avrà mai detto di così ovvio il ministro Di Maio? Vediamo. A proposito dei migranti, dichiara: "Questa è una emergenza nazionale. Dobbiamo pensare a come bloccare le partenze". Potremmo fare appello alle tre Grazie, ma lasciamo perdere. Considerato: a) che buona parte dei migranti attuali sono tunisini, economici e non rifugiati, cioè non provenienti da zone di guerra; b) che al problema della immigrazione irregolare si aggiunge quello sanitario; c) che l'Italia ha con la Tunisia una accordo per i rimpatri; sarebbe opportuno attuare le iniziative del caso. Se il problema delle Tunisia è quello economico, occorre dar seguito all'appello "aiutiamoli a casa loro". Questo dovrebbe essere fatto in collaborazione con l'Europa e in particolare con la Francia, che ha stretti rapporti con la Tunisia, ma il ministro Di Maio, da vicepremier, andò a Parigi a sostenere i gilet gialli, provocando una crisi diplomatica con il richiamo dell'ambasciatore francese, promosse la raccolta delle firme per un referendum per uscire dall'euro, e quindi dalla Unione europea, accusò il presidente della BCE, Mario Draghi di avvelenare il clima e il M5S si oppose agli aiuti alla agricoltura tunisina. Insomma, Di Maio non ha le credenziali giuste per affrontare il tema dei migranti tunisini, ma è ministro degli Esteri italiano, è stato nominato ed è pagato per questo, e, invece di fare le riunioni di partito nella sede istituzionale quale è il ministero degli Esteri (a spese nostre), dovrebbe fare il proprio lavoro e non scaricare su altri questioni di propria competenza. Se non gli va o non è capace, c'è sempre l'istituto delle dimissioni. Primo Mastrantoni, segretario Aduc