IL LIBANO DI IERI PER CAPIRE QUELLO DI OGGI

Durante le mie brevi vacanze siciliane due eventi hanno segnato la piccola nazione libanese (da non confondere con la Libia, vero onorevole Di Stefano?), a fine luglio la morte di Jocelyne Khouery e il 4 agosto, l’enorme esplosione al porto di Beirut.

In questo mio intervento per il momento intendo fare riferimento alla recente storia del Libano. La questione libanese è stata da sempre nell’interesse dei militanti di Alleanza Cattolica. Chi scrive si è particolarmente sentito coinvolto alle vicende politiche e religiose di questo piccolo paese del Medio Oriente, circondato da Paesi islamici.

L’interesse di Alleanza Cattolica per il Libano è nato dall’incontro a Milano con lo studente universitario Camille Tawil che poi diventerà un dirigente delle “Forze Libanesi”, l’organismo fondato da Bashir Gemayel. Tawil è autore di un pamphlet. «Libano persecuzione e resistenza», Arte Grafica, Verona 1979). In quel tempo l’unica pubblicazione italiana che fa conoscere la storia e la questione politica del Libano. Tawil racconta le varie difficoltà che i cristiani maroniti hanno dovuto superare nei primi anni della cosiddetta “guerra civile”. «Il cristiano del Libano e in modo particolare il maronita, si è sempre trovato di fronte a una scelta drammatica: riconoscere il Corano, oppure sfoderare la spada per difendere il Vangelo. In ogni secolo della sua lunghissima e durissima storia, il cristiano libanese ha dovuto, più volte, difendere la propria libertà, la propria dignità, il proprio onore». (C. Tawil)

Nell’associazione in molti cominciarono ad accostarsi e a studiare questo nuovo e complesso problema del Libano e delle varie etnie presenti nel territorio. Intanto l’associazione ha organizzato centinaia di conferenze in Italia sul problema libanese, proponendo la testimonianza di Camille Tawil ed altri studenti libanesi.

«Negli anni, nasceranno diversi organismi di sostegno ai libanesi, ultimo il Comitato per la Libertà e l’Indipendenza del Libano. Nato per sensibilizzare il nostro paese sull’importanza del Paese dei cedri e per aiutarlo a uscire da anni di guerra e di divisioni politiche. Il Comitato oltre a fare conferenze ha pubblicato diversi opuscoli come “il dramma del Libano” ed ha effettuato una raccolta di firme in calce ad una petizione rivolta al presidente della Repubblica Italiana. (Marco Invernizzi, “Alleanza cattolica dal Sessantotto alla ‘Nuova Evangelizzazione’. Una piccola storia per grandi desideri”, Edizione Piemme 2004).

Inoltre sulla rivista Cristianità saranno pubblicati diversi articoli e soprattutto per accostarsi allo studio dell’islam. Nasceranno diverse iniziative per aiutare il popolo libanese. Infine nel libro si segnala la collaborazione di Alleanza cattolica con il movimento “La Libanaise-Femme du 31 May”, un organismo laicale femminile di apostolato fondato da Jocelyne Khouery. Di lei mi occuperò in un prossimo intervento. Poi l’interesse di Alleanza Cattolica per il Libano continuerà  anche dopo la fine della guerra e l’esilio in Francia del generale Michel Aoun col definitivo passaggio del paese sotto il controllo della Siria.

Sostanzialmente il mio interesse per il Libano si è concluso con un episodio tragico, che segue la sconfitta e l’abbandono del Paese dei Cedri di Aoun. Mi riferisco al barbaro assassinio di Dany Chamoun insieme alla sua famiglia. Il leader cristiano maronita capo del partito nazionale liberale, figlio di Camille Chamoun, alleato di Aoun, era rimasto a Beirut, praticamente prigioniero, all’alba del 21 ottobre 1990, un commando militare travestito da esercito regolare libanese, entra nella residenza degli Chamoun e tutti vengono barbaramente uccisi, Dany, Ingrid, i figli Tarek e Julien, solo la piccola tamara di 11 mesi è stata risparmiata. L’Osservatore Romano, dopo aver duramente condannato il barbaro assassinio, ha scritto: «[…] ancora una volta Caino ha ucciso Abele».

«In questi lunghi anni abbiamo conosciuto e accompagnato la via crucis del Libano  – scrive Invernizzi –  Alleanza Cattolica è stata fin da subito accanto alla resistenza dei cristiani libanesi, quando non era facile in Europa difenderli, perché opponendosi alle sinistre erano tacciati di fascismo, e noi con loro. Se dovessimo spiegare cosa significhi fare apostolato culturale bisognerebbe ritornare agli Anni 70, quando giravamo l’Italia con qualche testimone libanese per spiegare che il fascismo non c’entrava niente, ma si trattava di difendere un modello di civiltà dal terrorismo islamista e allora filosovietico».

Sono pochi i testi sul Libano, oltre a quello di Tawil, segnalo, Virgil Gheorghiu, «Cristo e il Libano», edito da Città Armoniosa (1982). L’autore ripercorre le tappe della storia millenaria del Libano e dei cristiani maroniti: la storia di sofferenza e di martirio, di ospitalità e di attaccamento alla propria fede. Infine per conoscere la figura del rappresentante politico più significativo della storia libanese, può essere interessante leggere «Bashir Gemayel: l’uomo, il combattente», di Ruggiero Di Biagi, pubblicato dalle Edizioni Settimo Sigillo (1987). Una figura a cui sono molto legato che ha speso la sua vita per un Libano indipendente e dove tutte le confessioni religiose potessero avere piena cittadinanza. L’elezione a presidente della Repubblica di Bashir, con il voto di quasi tutto il Parlamento libanese, aveva destato tante speranze per un futuro migliore del paese. Ma Gemayel viene assassinato il 14 settembre 1982. Muore un sogno. Era la festa dell’esaltazione della Croce e il popolo libanese non poté vedere entrare in carica alla guida della Repubblica il figlio del fondatore del partito Kataeb, Pierre Gemayel (1905-1984), che aveva guidato la resistenza libanese contro il terrorismo delle sinistre che avevano usato i palestinesi, e i loro problemi, per distruggere l’esperienza libanese.

Infine è doveroso fare riferimento al comportamento della Chiesa nei confronti del Libano.

E’ interessante leggere a questo proposito un libretto pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana, «Libano. “Faccio mio l’appello di un popolo”. Gli interventi di Giovanni Paolo II (1990).

Sono diversi i messaggi del papa polacco sul Libano. Prima di recarsi in una visita nella terra martoriata del Libano, Giovanni Paolo II scrive: «La Chiesa desidera manifestare al mondo che il Libano è qualcosa di più di un paese: è un messaggio di libertà ed un esempio di pluralismo per l’Oriente come per l’Occidente!…La scomparsa del Libano diverrebbe senza alcun dubbio uno dei più grandi rimorsi del mondo. La sua salvaguardia è uno dei compiti più urgenti e più nobili che il mondo contemporaneo deve assumersi». Forse, «proprio per questo, – per Invernizzi – con ogni probabilità, questa esperienza politica è stata fatta saltare, lasciando il Paese in mano ai diversi fondamentalismi, all’odio e alla violenza».

DOMENICO BONVEGNA

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