I finanzieri del Comando Provinciale di Messina, all’esito di complesse attività di polizia economico-finanziaria, hanno scoperto una maxi frode fiscale che ha permesso a un noto imprenditore cittadino di evadere complessivamente oltre 15 milioni di euro tra IVA, imposte sui redditi, sanzioni e interessi.
In tale contesto, su proposta della Procura della Repubblica di Messina, il competente Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Messina disponeva l’imponente sequestro di 6,5 milioni di euro, cui le Fiamme Gialle peloritane davano quindi esecuzione.
In particolare, le articolate investigazioni, eseguite dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Messina, consentivano di acquisire significativi e convergenti elementi indiziari circa l’importante frode fiscale oggi repressa, perpetrata avvalendosi di ben 13 aziende, con sede di fatto a Messina e sedi legali solo formalmente dislocate sull’intero territorio nazionale, segnalando alla locale Procura della Repubblica i reali autori dell’illecito.
Un vorticoso giro di trasferimenti finanziari tra le citate plurime realtà societarie, costituenti un’importante gruppo imprenditoriale, di fatto riferibile al noto imprenditore messine G.A., cl. 68, al fratello G.G., cl. 71, anche a mezzo di una “testa di legno”, operante nei più svariati settori commerciali: edile, delle pulizie, dei trasporti, alberghiero, della ristorazione e della grande distribuzione.
Più nel dettaglio, una puntuale e comparata analisi dei flussi bancari e della documentazione amministrativo-contabile della principale realtà societaria investigata, nonché delle altre società destinatarie delle ingenti provviste alle medesime dirottate, consentiva, secondo ipotesi investigativa, di leggere in maniera unitaria il complesso schema ideato per frodare le casse dell’Erario, in definitiva teso a sottrarsi, fraudolentemente, al doveroso pagamento delle imposte.
Il sistema prevedeva il trasferimento di ingenti somme di denaro intercompany dai conti correnti della società debitrice dell’erario – peraltro, all’epoca, titolare di un significativo appalto, per ben 13 milioni di euro circa, con un importante ospedale del nord, per il servizio di pulizia e sanificazione – ai conti correnti delle altre realtà societarie del gruppo, così completamente svuotandone le relative casse e minandone la relativa solidità finanziaria.
Ma v’è di più: il ramo d’azienda inerente il citato appalto milionario era oggetto di cessione ad una neo costituita società, sempre riferibile al medesimo gruppo imprenditoriale, avente medesimo oggetto sociale, alla cifra irrisoria di 20.000,00 euro.
Fatti sparire i soldi ed un ramo d’azienda particolarmente redditizio, la procedura di riscossione coattiva per i debiti erariali iscritti a ruolo accumulatisi nel tempo risultava, quindi, definitivamente compromessa.
L’operazione odierna rientra nell’ambito dell’intensificazione dei controlli e del monitoraggio della onesta libertà di impresa, nel cui ambito le aziende si confrontano – in un clima di normale concorrenza – pagando ognuna le tasse dovute ed offrendo, quindi, prezzi al consumatore ed al committente non falsati dall’evasione fiscale.
Nel caso in esame, le indagini hanno consentito di ipotizzare come gli indagati abbiano distratto le somme che avrebbero dovuto essere utilizzate per adempiere agli obblighi tributari attraverso complessi giri di contabilità all’uopo studiata ad arte, per prosciugare le casse di una società del gruppo.
In conclusione, ancora una volta, l’attività investigativa svolta conferma l’impegno profuso, quotidianamente, dalla Procura della Repubblica, dal Tribunale e dalla Guardia di Finanza di Messina al servizio della collettività, anche nell’importante settore della tutela del libero mercato e delle casse dell’Erario.