Oggi esce di scena il presidente Donald Trump, mi sembra doveroso fare un bilancio della sua amministrazione. Lo ha fatto Marco Respinti sul quotidiano online Ifamnews.com/it. E Stefano Magni su Atlanticoquotidiano.it.
Respinti addirittura ringrazia il presidente Trump. “Grazie per quello che ha fatto, per quello che è stato, per le bandiere che ha issato. Grazie per averci dato la possibilità di non deprimerci, di non mollare, di non credere che la nostra battaglia per la vita umana, per la famiglia naturale e per le autentiche libertà della persona fosse irrimediabilmente perduta”. (Marco Respinti, “Grazie presidente Trump”, 19.1.21, in Ifamnews.com/it)
Certamente Trump ha fatto errori, ma di questo ne parlano e anche troppo gli altri. Per elencare quello che fatto di positivo, in questi quattro anni indimenticabili di governo, per il direttore di IFN, non basterebbe un libro.
Sintetizzando al massimo Respinti ricorda il corposo e lungo elenco dei provvedimenti, iniziative e leggi stilato dal Family Research Council. Pertanto, ci si limita a ricordare “le nomine straordinarie che Lei ha voluto effettuare alla Corte Suprema federale americana”. Ci limitiamo a ricordare il suo straordinario discorso del 6 giugno 2017 a Varsavia. (a proposito per gli appassionati di Storia, segnalo questo brillante discorso, che tra l’altro ho presentato ai miei lettori) Ci limitiamo a ricordare la sua partecipazione alla Marcia per la vita di Washington del 2020. Ci limitiamo a ricordare il suo discorso per il Mercoledì delle Ceneri del 2020. Ci limitiamo a ricordare l’albero di Natale che Lei ha voluto riaccendere in un giorno in cui il mondo intero si ferma (compresi i non credenti). Ci limitiamo a ricordare il suo straordinario proclama in onore di san Tommaso Beckett. Ci limitiamo a ricordare l’ultimo appello in extremis, a tempo scaduto, con cui il suo governo ha voluto strappare qualche migliaio di vite umane al macello. Ci limitiamo a ricordare la proclamazione, da Lei fatta, del 15 gennaio come Giornata della libertà religiosa, della settimana della libertà di educazione e il 17, il giorno seguente della Giornata della sacralità della vita umana, giusto per chiudere in bellezza. La storia ci scuserà se abbiamo ricordato qualche briciola”.
Ci sarà tempo per ricordare tutto il bene che il presidente Trump ha fatto agli Usa e al mondo intero. Tuttavia, Respinti non vuol passare per un nostalgico, un acritico fan di Trump o un filoamericano a prescindere. Chiarisce semplicemente che ancora riesce a distinguere senza confusioni il bene e il male. Ricordando Ronald Reagan (1911-2004) e il pensatore contro-rivoluzionario colombiano Nicolas Gomez Davila (1913-1994), Respinti conclude con un aforisma di quest’ultimo: “Dobbiamo vivere la militanza cristiana con buon umore di guerrigliero, non con tetraggine di guarnigione assediata”.
L’editoriale di Magni riporta ben quindici motivi per dimostrare la positività del governo di Donald Trump. Dopo aver smentito Giuliano Ferrara, che sembra ritornato alla sua antica sinistra militanza, infatti contesta quelli che raccontano che Trump abbia amministrato bene. Comunque, anche per Magni Trump sostanzialmente ha fatto cose buone. “Uno storico del futuro, sempre che la storia non sia materia monopolizzata dai progressisti, dovrà riconoscere che quella di Donald J. Trump è stata una delle amministrazioni più di successo nella storia recente degli Usa e sicuramente la migliore del primo ventennio del XXI Secolo. Lo diciamo già oggi, sperando di anticipare i tempi”. (Stefano Magni, I 15 motivi che fanno della presidenza Trump una presidenza di successo, 20.1.21, atlanticoquotidiano.it).
Il primo motivo della buona amministrazione di Trump è il miracolo economico, che ha contribuito a lanciare con la sua riforma fiscale. “Quando l’istituto Gallup ha rivolto agli americani la famosa domanda, “stai meglio oggi o 4 anni fa?”, il 56 per cento ha risposto di star meglio oggi”.
“Con Trump, – scrive Magni – che ha drasticamente tagliato le tasse ed ha rimosso l’equivalente di 250 miliardi di spesa pubblica tramite eliminazione di regolamentazioni, il Pil americano ha ricominciato a crescere di oltre il 3 per cento annuo. Era dai tempi dei Reagan che non si vedeva un simile miracolo economico. Miracolo che, in concreto, si è tradotto anche in un periodo di piena occupazione, anche a vantaggio delle minoranze ispanica e afro-americana che non avevano mai conosciuto tassi di occupazione così alti nella loro storia (e ciò spiega perché abbiano votato un candidato repubblicano con percentuali mai viste prima).
Mentre per quanto riguarda la politica estera sono innumerevoli i successi, purtroppo mai riconosciuti né dai media, né dalle istituzioni internazionali. Magni fa un elenco preciso degli accordi di pace, a cominciare di quelli in Medio Oriente, ben quattro. Si tratta di accordi storici, che potrebbero essere la premessa per arrivare a quello tra la capitale del mondo musulmano e Israele. Per non parlare dell’accordo sottovalutato col Sudan, sempre con Israele.
“Ancor più importante (e sottaciuto) è l’accordo siglato fra la Serbia e il Kosovo. In 21 anni l’Ue non è riuscita nel compito. Il presidente snobbato dall’Ue perché considerato anti-diplomatico, è riuscito invece a far fare la pace economica a Belgrado e Pristina”. Magni sottolinea l’importanza strategica di quest’accordo sempre a favore di Israele. Il Kosovo, Paese a maggioranza musulmana, da qui partivano numerosi volontari dell’Isis, che rafforzavano così il fondamentalismo armato islamista.
Infine, Magni fa riferimento allo spostamento dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. Per molti negli Usa rappresentava una decisione pericolosa, per timore che scoppiasse un “Armageddon” mediorientale. Trump ha invece avuto il coraggio di trasferirla, calcolando i rischi e i benefici. Alla fine, ha avuto ragione lui, non è scoppiato alcun “Armageddon”. Questi successi diplomatici non sono stati sufficienti a far insignire il presidente repubblicano del Nobel per la Pace, tuttavia anche questi ottimi risultati sono un valido motivo per rimpiangere l’amministrazione Trump.
Un altro risultato positivo per Magni, che non piacerà a certi opinionisti, è il ritiro degli Usa dall’Unesco.
Un’altra drastica decisione del presidente Trump è quella di troncare il finanziamento all’Organizzazione Mondiale della Sanità, perché secondo Trump, “ha seguito pedissequamente le indicazioni e le informazioni fornite dal regime di Pechino sulla nuova pandemia che andava diffondendosi da Wuhan. Se i silenzi della Cina sono oggettivamente la colpa peggiore di Pechino nei confronti del resto del mondo, l’Oms è da considerarsi quantomeno complice nell’aver avallato quell’omertà. Come la scelta di dichiarare, ancora il 14 gennaio, che la nuova malattia non si trasmettesse fra umani”.
Inoltre, Magni nell’editoriale smaschera la tesi di quelli che sostengono che Trump era amico dei dittatori e quindi di aver voltato le spalle al mondo libero. Tutto falso, Trump è stato il presidente più amato dai polacchi, specialmente dopo che ha fatto l’apologia della loro lotta per la libertà ai piedi del monumento dell’insurrezione di Varsavia. Un “uomo di Putin” non avrebbe neppure sfiorato Varsavia.
“Nelle cause internazionali, Trump ha sostenuto con azioni concrete (e non solo a parole) i democratici del Venezuela duramente repressi da Maduro, capofila dei governi che hanno disconosciuto la dittatura di Maduro e riconosciuto la presidente di Juan Guaidó. È stato anche uno dei pochi leader occidentali, assieme a Boris Johnson, a difendere l’autonomia di Hong Kong, esercitando pressioni sulla Cina e imponendo nuove sanzioni”.
Altro cavallo di battaglia di Trump è stata la difesa della libertà di religione, la prima delle libertà, l’origine di tutte le altre. Anche Magni sottolinea la militanza personale in difesa della vita del nascituro, primo presidente degli Usa a partecipare personalmente alla Marcia per la Vita. Ed ha incoraggiato gli Stati a introdurre leggi sempre più attive nella difesa del feto.
Mentre per quanto riguarda la gestione della pandemia, mentre tutti chiudevano in casa i cittadini, costringendo alla serrata le attività economiche, Trump ha cercato sempre di riaprire il prima possibili, riducendo al minimo le chiusure.
Per quanto riguarda la disoccupazione ad aprile, causa il covid, era schizzata al 18 per cento, ridotta ora al 6 per cento e anche meno in certi Stati.
“Tacciato di “negazionismo” dalla stampa di tutto il mondo libero, è però riuscito ad introdurre per primo il vaccino in tutto il mondo, favorendone una diffusione da record con un’operazione accuratamente pianificata. Attualmente, dopo Israele e il Regno Unito, gli Usa sono primi al mondo per percentuale di popolazione già vaccinata”.
A completare il quadro delle cose buone fatte da Trump, Magni ci tiene a precisare che “ha sfidato apertamente tutti i cliché del politically correct, compresa la difesa di statue e monumenti del passato americano. Non è una cosa da poco: è stato l’ultimo presidente che si è opposto ad una vera rivoluzione culturale (in senso maoista) che mira a cancellare la cultura del passato dell’Occidente. Potrebbe essere ricordato come un nostro ultimo baluardo culturale, sperando che prima o poi si palesi sulla scena politica un degno successore”.
DOMENICO BONVEGNA
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