Al Signor Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella
Gentile Presidente,
Il prossimo 2 Giugno ricorre il 75° anniversario della nostra Repubblica, memoria rievocativa alta e solenne della nostra identità nazionale e degli eventi fulgidi e dolorosi che ne hanno consacrato la nascita.
Per il vincolo di appartenenza che ci lega alla Nazione, nostro patrimonio comune, tale anniversario ci interpella e ci esorta, oggi ancor più che in passato, ad un rinnovato impegno di cittadinanza attiva e responsabile per conservarne vivo il valore e la memoria, sentendoci tutti – come Ella ebbe a esortare nel discorso celebrativo dello scorso anno – “l’uno dell’altro responsabili. Una generazione con l’altra. Un territorio con l’altro. Un ambiente sociale con l’altro. Tutti parte di una stessa storia. Di uno stesso popolo”. In questo tempo disseminato di ferite nel quale l’inatteso è entrato nella nostra vita obbligandoci a vivere un presente carico di incertezze e di sospensione ed a sentirci legati insieme da una comunanza di destino, tale anniversario rappresenta un momento forte per interrogarci ed interrogare sulla vitalità delle nostre istituzioni repubblicane onde attualizzarne con responsabile e meditata attenzione i principi ispiratori e i fondamenti costituzionali.
In tale ottica, non possiamo non considerare con viva e partecipe preoccupazione che tale momento celebrativo coincide, oggi, da un lato, con la debolezza politica della nostra democrazia, la polarizzazione estrema del confronto politico e l’emergere di nuove e più profonde diseguaglianze sociali e, dall’altro, con la conclamata affermazione della forza economica e politica degli attori globali e la tendenziale subordinazione dei diritti umani fondamentali e dei diritti sociali alla egemonia delle libertà economiche, i cui effetti negativi sono resi platealmente manifesti dalle pesanti contingenze sanitarie, sociali ed economiche che stanno acuendo sempre più la cronica sofferenza dei nostri territori.
In un contesto siffatto la nostra martoriata Isola rivela penosamente la sua reale condizione: affamata di futuro e di lavoro, ripiegata su stessa e sfiduciata, prigioniera di una insuperata marginalità storica. Ci sembra allora essere questo un tempo nel quale la politica è chiamata a mettere a tema della propria nobile funzione e del proprio agire alcuni punti nodali: – ritessere, anzitutto, l’unità dello Stato riscoprendone una dimensione costitutiva essenziale: l’amore sociale come vera e propria categoria politica, innervando nelle articolazioni e nelle giunture del nostro sistema politico un principio dimenticato: il principio della fraternità, che il brusco risveglio dalla dura e sofferta realtà della pandemia del coronavirus ha ridestato nella coscienza collettiva; un principio imprescindibile per la edificazione di una società giusta e solidale, realmente rispettosa della dignità della persona umana e di ogni suo diritto;
– attivare processi virtuosi di sviluppo sostenibile e duraturo, utilizzando con oculatezza e lungimiranza tutte le risorse finanziarie che l’Unione Europea ha mobilitato nel presente e mobiliterà in futuro, così da creare nuove opportunità di impresa e di lavoro stabile ed equamente retribuito, condizione essenziale per una generale e diffusa rinascita economica in grado di porre fine allo storico ed intollerabile divario esistente tra Nord e Sud del nostro Paese;
– restituire alla sanità pubblica, dopo anni di privatizzazione e indebolimento delle strutture, il suo ruolo centrale nelle politiche di prevenzione, di cura e di riabilitazione delle malattie riscoprendone la sua funzione come “prendersi cura” del “Bene Persona”, in un dialogo non soltanto con la malattia, ma con il malato, tale da sviluppare l’uomo che è in lui, proteggerlo nel momento della sua debolezza e assicurargli libertà, responsabilità, desiderio di vivere. Si tratta, in pratica, di umanizzare il servizio sanitario nazionale affrancandolo da una snaturata concezione aziendalistica, mettendolo al riparo da indebite intromissioni e favoritismi e facendo sì che siano garantite la correttezza, la limpidezza e la coerenza delle scelte programmatiche.
– avviare un forte e convinto processo di risocializzazione della dimensione europea e di politicizzazione dello spazio pubblico europeo per affermare i valori e i princìpi su cui si fonda l’Unione europea, così da giungere celermente alla sua trasformazione in un’Unione politica, della quale i soggetti costituenti siano i cittadini dell’Unione;
Altri potremmo enumerarne, ben noti certamente alla Sua elevata Funzione e allo sguardo vivo e attento del Suo cuore, riteniamo nondimeno che quelli appena annotati rappresentino un essenziale e decisivo banco di prova per avviare un processo di ripresa e
resilienza, preludio di una nuova alba per la vita della nostra cara Nazione.
Caro Presidente, questa è la speranza che riponiamo nelle Sue mani ben consapevoli, tuttavia, che a noi è dato di sentirci scossi nel profondo da un senso di fraterna co-appartenenza che sappia aprire i cuori e le menti ad una rinnovata ed autentica condivisione degli Ideali che
ispirarono i nostri Padri costituenti nell’opera di ricostruzione morale, materiale e politica della nostra Nazione, sì da poter vivere ed operare in essa come Comunità di persone amanti del Bene comune.
In questa prospettiva, siamo profondamente convinti della necessità di diventare capaci di imparare a pensare, a leggere dentro la nostra storia e intorno a noi i suoi segni, capaci di comprendere la società nei suoi mutamenti, di saperci collocare come soggetti “pensanti” e di “abitare il nostro tempo” in maniera riflessiva e soprattutto attiva, entrando, come “buoni samaritani”, in profonda sinfonia con i problemi e le ferite umane e sociali che esso offre al nostro sguardo, in una dinamica che ci veda creatori di prossimità e coprotagonisti di inedite sinergie tra cittadini e istituzioni e tra le stesse istituzioni (sociali, politiche, economiche, ecclesiali, educative).
Con questa consapevolezza, sentiamo, infine, di dover rivolgere, Suo tramite, un pressante invito a quanti hanno responsabilità di guida e di governo perché siano promotori di iniziative coraggiose e programmi di largo respiro, in grado di restituire alla nostra Repubblica la sua immagine più autentica, quella che i Padri costituenti hanno affidato alla fedele custodia e ad un sentimento di amore e di rispetto delle generazioni future, perché patrimonio di tutti.
Possa esserne un segno visibile una politica più attenta ai bisogni della famiglia – bene comune, capitale sociale primario della Nazione -, allo sviluppo e lavoro, alle tante forme di fragilità sociali, alla integrazione sociale, alla salvaguardia dell’ambiente, alla legalità e sicurezza, e ai giovani perché non si sentano più abbandonati ad un futuro incerto e precario, lontano dalla loro terra di origine.
Con vivi sentimenti di stima e di fiducia.
Stefano Vitello, segretario generale Insieme al Direttivo regionale e ai segretari diocesani della Consulta Regionale delle aggregazioni laicali della Sicilia