In occasione della Festa della Repubblica Giuseppe De Rita, il fondatore e presidente del Censis, ha rilasciato una intervista al quotidiano Avvenire che merita essere letta e meditata. Il 2 giugno di settantacinque anni fa, secondo il sociologo era una società diversa, più semplice, gli italiani sono stati chiamati a dare un si e un no. Oggi la società è più complessa, difficile da decifrare.
“Oggi la politica non capisce la società e la società non capisce la politica”. Il 2 giugno di allora e quello di oggi sono due stagioni diverse. Una segnata dalla guerra e una dalla pandemia. E a chi paragona la nostra stagione della pandemia con la guerra, De Rita sembra quasi infastidito dall’accostamento.
«La guerra lasciatela a quelli che l’hanno fatta. La pandemia non è la guerra e il paragone è quasi offensivo. Chi ha vissuto la guerra ha visto palazzi disintegrarsi sopra la propria testa. Aerei che bombardavano e oscuravano il sole… Basta con questi accostamenti, basta con le parole facili. Il coprifuoco era quello della guerra, non quello del Covid. Oggi ci sono le mascherine, ieri c’erano le maschere anti-gas».
Il giornalista di Avvenire insiste sul parallelo, sostenendo che nel 1946 gli italiani hanno dovuto ricostruire il Paese dopo i disastri della guerra, a quelli di oggi di ricominciare uniti dopo il Covid. De Rita, risponde: «Si può costruire qualcosa se esiste un desiderio. Oggi la società non ha grandi desideri. Oggi molti hanno tutto. L’offerta delle cose è totale». È un’analisi severa, De Rita insiste: «Oggi c’è più egoismo e difficilmente recupereremo il ‘furore di vivere’ della stagione prima della pandemia. Non vedo un’onda impetuosa, vedo un’onda lunga. Servirà tempo per capire che cosa sceglieranno gli italiani e per vedere dove andrà l’Italia».
Ci vorranno anni per capire se veramente siamo riusciti a costruire il rilancio.
Gli italiani si aspettano molto dalla politica, ma oggi per De Rita, “Ci sono migliaia di viti e di bulloni da stringere, ma la politica preferisce il sì e il no piuttosto che smontare e rimontare la macchina”.
De Rita non sembra avere tanta fiducia nella politica, infatti risponde a chi pensa che la rinascita la facciano i politici: “Io dico che lo sviluppo lo fanno le persone, non le politiche. Nel dopoguerra le persone che si sono ricostruite una casa, negli anni Cinquanta i meridionali che venivano a lavorare al Nord… Dietro ogni miracolo italiano ci sono le persone”.
Purtroppo, oggi la politica è ridotta a trattare cose meschine, lo vediamo ogni sera nelle varie trasmissioni tv, la discussione si riduce se chiudere i ristoranti alle 10 o alle 11. Se il coprifuoco deve iniziare alle 11 o a mezzanotte. Non è questo che la politica deve fare. Dalla politica ci aspettiamo altro, per esempio cosa fare perché si ritorni a far nascere la vita nel nostro Paese che sta morendo. Interessante servizio di Giulio Meotti sul Foglio, su “cosa accade a un mondo senza bambini”.
Ritornando all’intervista di De Rita, il giornalista di Avvenire domanda, se pensa che le persone faranno il miracolo del dopo Covid, così come è stato nel dopoguerra.
“Questa volta milioni di persone si sono chiuse in casa, hanno accettato con compostezza divieti e mascherine. Altro che ‘non saremo più come prima’, come si sente spesso dire; gli italiani sono gli stessi, solo con un po’ più di soldi in tasca nella media. Hanno anche risparmiato, ma non sono cambiati in meglio. E allora mi interrogo: parlare di miracolo ha senso? Oggi l’interrogativo è un altro: gli italiani che hanno accettato questi diciotto mesi di lockdown che cosa vogliono fare? Oggi l’onda dove li porta? Solo a spendere quello che si è risparmiato in cene e vacanze o a pensare a come investirlo contribuendo al nuovo miracolo?”.
A questa domanda nessuna ha una risposta neanche Draghi e certamente, Non può essere la politica a fissare la meta.
De Rita da buon sociologo, esperto nell’interpretare il Paese, cerca di dare un nome a questo processo, che non sarà unitario, di sviluppo che sta per nascere. Tuttavia, si sente di dire, che sarà la somma di milioni di processi individuali. E’ troppo presto capire come andrà a finire.
Certamente si può immaginare come andrà a finire in un mondo senza bambini. Un allarme che è stato lanciato nella recente conferenza degli “Stati generali della natalità”, presieduta da Mario Draghi, con la presenza di papa Francesco. Il futuro dell’Italia: “un Paese che scompare”.
DOMENICO BONVEGNA
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