Un viaggio nel cuore dei successi azzurri. Con il focus sui segreti di una missione mai così vincente. Carlo Mornati, Capomissione a Tokyo e Segretario Generale del CONI, ha illustrato nel quartier generale di Casa Italia – a 24 ore dalla fine dei Giochi – le strategie e i contenuti della programmazione che hanno caratterizzato la spedizione tricolore in Giappone.
“Voglio attenermi al profilo tecnico. Tokyo è un punto di arrivo, per stilare un bilancio del rapporto degli ultimi 7 anni con le Federazioni. Nel 2014 abbiamo rivisitato completamente l’approccio, recuperato l’Istituto di Medicina e Istituto di Scienza dello Sport, centralizzandone l’operato. A Rio 2016 abbiamo preso le misure, Tokyo era un banco di prova importante per verificare la bontà del processo. L’organizzazione ha funzionato perché abbiamo replicato integralmente il modello scelto in Italia: penso al ruolo dei Centri di Preparazione Olimpica, che abbiamo riproposto con il campus di Tokorozawa e con le altre location che hanno ospitato gli atleti prima delle gare. Il feedback è stato molto positivo, le condizioni sono state eccellenti. Trentasei persone si sono prodigate per gestire oltre 700 persone, compresi i 384 atleti, senza dimenticare i problemi e le attività da assolvere in funzione delle misure di contenimento del Covid.
Il modello operativo è quello del ‘marginal gain’. Non ci vogliamo ascrivere meriti delle Federazioni, ma si è lavorato in sinergia con loro per il perfezionamento dei dettagli. Dietro ogni medaglia c’è una piccola particella di CONI. Penso agli ori, che oggi sono 10. L’Istituto ha progettato i foil del Nacra, per la marcia c’è stato un progetto per l’acclimatamento degli atleti, su Jacobs si è detto molto, dallo scudo alla collaborazione con gli ingegneri dell’Istituto di Scienza. Cesarini-Rodini e Busà sviluppano la programmazione funzionale con loro, Vito Dell’Aquila vive nel CPO ed effettua valutazioni funzionali allo stesso modo. Con il ciclismo c’è stato un lavoro chirurgico e complesso per ottimizzare l’aerodinamica nella galleria del vento. Non dimentico, tra l’altro, i progetti di sviluppo che la Preparazione Olimpica ha potuto pianificare grazie ai contributi di solidarietà previsti dal CIO. Il metodo è stato questo e vederlo realizzato ci riempie di orgoglio. Siamo stati trasversali, abbiamo lavorato in modo orizzontale e i risultati si vedono: lo testimonia il numero di Federazioni a medaglia. Ringrazio Malagò che ci ha dato carta bianca: è competente e attento. La prima intuizione di portare i CPO sotto la Preparazione Olimpica è stata sua. Voglio ringraziare chi, in questi 8 anni, ha lavorato con noi, permettendoci di facilitare un lavoro osmotico. In futuro cercheremo di migliorare e implementare il modello ma la base c’è”.