La situazione, in Afghanistan, è allarmante. E lo è, purtroppo, non solo a causa dei recenti avvenimenti culminati con la scia di sangue determinata dall’attacco all’aeroporto di Kabul. I bisogni immediati sono quelli di sempre (riparo, cibo, servizi igienici e acqua potabile), aggravati, però, dagli ultimi fatti che hanno aumentato il numero degli sfollati interni e creato forte insicurezza.
Già all’inizio dell’anno, la metà popolazione – oltre 18 milioni di persone, tra cui quasi 10 milioni di bambini – necessitavano di assistenza umanitaria. Circa 550.000 erano gli sfollati interni: un dato oltre le stime iniziali già prima degli ultimi eventi. I disastri naturali poi, siccità e alluvioni in primis, hanno colpito oltre 28.000 persone nel corso dell’anno. 12 milioni di persone, un terzo della popolazione, vivono una condizione di insicurezza alimentare e quasi un bambino sotto i cinque anni su due soffre di malnutrizione acuta e ha bisogno, oggi, di trattamenti salvavita.
Le nostre ultime indagini nutrizionali, svolte prima della crisi, avevano certificato, dati alla mano, la presenza della malnutrizione acuta tra i più piccoli. Uno studio condotto da Azione contro la Fame nella provincia di Ghor, nel dicembre 2020, aveva mostrato tassi di malnutrizione acuta del 15,90% tra i bambini sotto i cinque anni e del 3,40% della sua forma più grave. I risultati documentano anche tassi di malnutrizione cronica del 45,5%, al di sopra della soglia di emergenza del 30%. In totale, sono 3,1 milioni i bambini che soffrono già di questa malattia curabile. Sono proprio loro – i bambini – ad essere in grande pericolo e Azione contro la Fame non intende abbandonarli.
“La popolazione soffre le conseguenze di un conflitto lungo più di 40 anni, oltre agli effetti del cambiamento climatico e all’impatto del Covid-19. Se la comunità internazionale volta le spalle ora, le conseguenze umanitarie saranno disastrose. Stiamo lavorando per tornare operativi il più presto possibile”, ha dichiarato Simone Garroni, direttore generale di Azione contro la Fame
Oggi, dopo una sospensione delle attività per ragioni di sicurezza, nelle province di Helmand, Ghor, Daykundi e Badakhshan, i nostri team stanno operando con l’obiettivo di riprendere in mano le cliniche mobili che permettono all’organizzazione di raggiungere le persone più isolate e garantire loro salute e nutrizione. I centri sanitari, inoltre, si stanno preparando a riaccogliere i bambini e le donne incinte e in allattamento che soffrono di malnutrizione acuta grave, il cui trattamento è stato interrotto a causa della crisi (nel 2020, 52.246 bambini sotto i cinque anni e 13.416 donne incinte e in allattamento sono stati assistiti dai nostri esperti). Le attività agricole, guidate dai nostri esperti in sicurezza alimentare e di sostentamento, infine, saranno pianificate nuovamente per permettere alle comunità di imparare ad essere autosufficienti sul versante del cibo e per generare, attraverso di esso, anche un piccolo reddito.
L’organizzazione chiede alla comunità internazionale di mantenere il suo impegno in Afghanistan, in particolare finanziando il piano di risposta umanitaria che, oggi, è coperto solo per il 39% dell’importo necessario. Azione contro la Fame, presente in Afghanistan sin dal 1979, resta nel paese e continuerà a garantire il suo apporto, nel rispetto dei principi umanitari di neutralità, imparzialità e indipendenza.