Dopo i referendum del secolo scorso con cui abbiamo cancellato le mire italiane per l’energia nucleare, in questi giorni sta facendo capolino nel dibattito una possibilità di ripensamento.
E’ bene ricordare che il referendum del 1987 fu vinto dagli antinuclearisti anche grazie all’ondata emotiva dell’esplosione della centrale di Cernobyl. La dismissione delle centrali dell’epoca è un costo che paghiamo ancora oggi nelle bollette della luce. Il fabbisogno energetico italiano (non coperto dalle nostre fonti) viene colmato anche con l’acquisto di nucleare dalla Francia.
Come mai se ne parla?
Sul nucleare, ha detto in un dibattito in una festa di partito il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, “si stanno affacciando tecnologie di quarta generazione, senza uranio arricchito e acqua pesante. Se a un certo momento si verifica che i chili di rifiuto radioattivo sono pochissimi, la sicurezza elevata e il costo basso è da folli non considerare questa tecnologia”. Seguito a ruota dall’ex amministratore di Enel ed Eni, Paolo Scaroni, secondo il quale l’impegno attuale sulle energie rinnovabili non sarebbe sufficiente al fabbisogno. Ma una piccola doccia fredda a questo “ottimismo” arriva dall’amministratore delegato di Enel, Francesco Starace, secondo il quale “non è realistico pensare a una riconsiderazione. Quello che viene definito ‘nuovo nucleare’ non è tanto nuovo come sembra”. C’è da aggiungere che l’ex monopolista energetico di Stato, dalla dismissione del nucleare ha “patito” le maggiori conseguenze per politiche industriali (non certo per i soldi, ché erano dei contribuenti)… e che tutti i suoi impegni sono sulle energie rinnovabili (per le quali, anche qui, paghiamo nelle bollette), per cui non ha interesse industriale ed economico in materia.
Ma di cosa parlano?
E’ comprensibile la preoccupazione di avere un’energia più pulita dell’attuale, ma del nucleare di cosiddetta quarta generazione se ne parla da quasi 30 anni e non c’è un punto fermo su cui costruire una politica, essendo rimasti irrisolti i problemi che portarono all’uscita da questa tecnologia: la pericolosità degli impianti, il problema delle scorie e i costi esorbitanti. Oggi c’è solo la tecnologia di terza generazione avanzata, che stanno cercando di costruire i francesi: due cantieri infiniti che sono costati quasi quattro volte il costo preventivato inizialmente.
I desiderata del ministro Cingolani sarebbero quindi una scommessa al buio e vaga.
Oggi abbiamo già le tecnologie per affrontare la crisi climatica, quella delle rinnovabili. Se siamo ancora in alto mare per far fronte alle crisi climatiche, il problema non è tecnologico ma politico: i decisori, solo per motivi economici legati all’oggi (come se in materia si potesse pensare ad un oggi senza considerare il domani) non fanno scelte radicali di investire tutto sulle rinnovabili.
Il dibattito di fine estate, per chi avesse ancora qualche dubbio, è un classico delle feste di partito… un po’ come le promesse delle campagne elettorali. Accademia. Intanto gli scienziati è bene che continuino ed incrementino le ricerche anche sul nucleare, ma sostenere che siamo già pronti per l’uso civile di questa tecnologia, ci sembra azzardato. E preoccupante quando diventa convinzione di chi ci governa.
Vincenzo Donvito, Aduc