Una lettera di 12 paesi comunitari è arrivata alla Commissione della Ue: “Vogliamo costruire muri con i fondi europei per difenderci dai migranti.”.
Si tratta di: Polonia, Ungheria, Austria, Cipro, Danimarca, Grecia, Lituania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia e Slovacchia. 12 su 27.
La domanda è accompagnata dalla richiesta di fondi dell’Ue, quindi, anche dell’Italia.
Alla memoria sovviene quanto accadde nel lontano (per gli smemorati) 2014, 2015 e 2016, quando il nostro Paese subì una fortissima immigrazione che mise a rischio le nostre strutture ricettive. Si trattò di ben 170 mila migranti nel 2014, 153 mila nel 2015 e 180 mila nel 2016.
L’Italia chiese aiuto agli altri Paesi comunitari sollecitando la redistribuzione degli immigrati. La risposta fu la dichiarazione “solenne” che, “chi entra in un paese comunitario entra in Europa”, ma la decisione di redistribuzione fu stata lasciata alla buona volontà dei singoli Stati, posizione sostenuta da Paesi che ora chiedono soldi alla Ue per la costruzione di muri anti migranti.
Insomma, siamo alle solite: l’Unione europea è vista come il bancomat per la soluzione dei problemi dei singoli Stati, in particolare Polonia e Ungheria.
Una prima risposta l’ha fornita la commissaria agli Affari interni, Ylva Johansson, che ha dichiarato: “non credo che sia una buona idea finanziare la costruzione con fondi Ue”, ma occorre una risposta complessiva della Commissione europea sulla politica migratoria: l’Ue deve agire tenendo presenti i problemi di ciascuno e di tutti i componenti della Ue. E’ necessario rivedere i meccanismi di ricollocamento degli immigrati rendendoli obbligatori e aumentando la dotazione finanziaria per il loro l’inserimento nel mondo lavorativo. O si persegue una politica comune, oppure, ciascun Stato agirà soltanto a tutela dei propri interessi, aggravando i problemi di tutti.
Primo Mastrantoni, Aduc