Entro la fine del 2022, la Commissione europea dovrebbe presentare una proposta legislativa per introdurre un’etichetta informativa per i prodotti alimentari. L’etichettatura “Nutri-score” (1) servirebbe ad informare il consumatore più sinteticamente e direttamente rispetto all’attuale basata sulla lista di ingredienti e valori nutrizionali (2). In Ue non c’è ad oggi obbligo di etichette uniche, ma nel contesto della strategia F2F (Farm to Fork), Nutri-score dovrebbe diventare un obbligo.
In questa etichetta una scala di cinque colori indica la qualità nutrizionale complessiva di un alimento. Con la lettera A, in verde scuro, sono indicati quelli con il miglior equilibrio nutritivo, che peggiora scendendo la graduatoria: B (verde chiaro), C (giallo), D (arancione) E (rosso). A calcolare l’apporto ottimale delle sostanze nutrienti è un algoritmo che considera negativamente calorie, zuccheri, grassi saturi, sale e positive proteine, fibre, quantità di frutta e verdure.
Dal 2018 Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Spagna già raccomandano questa etichetta. Alcune multinazionali dell’alimentazione come PepsiCo, Nestlé, Auchan, Danone e Kelloggs si sono già fatte avanti per adeguarvisi.
In Italia è particolarmente attivo il fronte dei contrari, con la Coldiretti in prima fila. Motivo principale: la semplificazione basata sull’equilibrio nutritivo tratterebbe male diversi prodotti italiani con grassi tipo olio d’oliva. L’informazione del “Nutri-score” non considera la quantità di ciò che si ingerisce, ma si basa su uno standard discutibile e, di conseguenza, sostanze grasse (come olio d’oliva) verrebbero ingiustamente penalizzate. Poi ovviamente ci sono una serie di alimenti che di per sé, come il prosciutto crudo, dovrebbero risultare peggiori rispetto ad altri come il prosciutto cotto. Come alternativa, i contrari al “Nutri-score” propongono il sistema italiano “Nutriform-battery” (3) basato grossomodo sul sistema attuale di elencazione di contenuti (con l’indicazione percentuale della loro presenza).
Due considerazioni diverse dell’etichetta Quello europeo “Nutri-score” (ammesso che venga poi approvato l’obbligo), che si basa sulla immediata percezione (lettere e colori) da parte del consumatore rispetto ad un equilibrio nutritivo ritenuto tale.
Quello italiano “Nutriform-battery” (3) (grossomodo uguale a quello già oggi utilizzato), non di immediata percezione, che presuppone che il consumatore debba decidere dopo aver preso visione dei contenuti, valutandoli rispetto a se stesso.
E’ innegabile la semplicità e il realismo di “Nutri-score” (Europa) rispetto al “Nutriform-battery” (Italia).
Quanti consumatori leggono gli ingredienti prima di acquistare/consumare un prodotto? Quasi nessuno. Male? Certo, ma è così. In genere decidono in base a informazioni già recepite (pubblicità, fiducia, notorietà del marchio, abitudine) e solo pochi attenti approfondiscono nello specifico.
Ci sembra che l’etichettatura proposta dall’Ue si rivolga proprio alla stragrande maggioranza di consumatori che scelgono con scarsa consapevolezza, basandosi su come i prodotti vengono offerti dal venditore, anche rispetto al prezzo. Quei consumatori che poi – estremizzando e generalizzando – contribuiscono a far crescere le percentuali di obesi o nutriti male.
Rimangono i problemi di qualità (e non solo) sollevati dai contrari italiani. Sembra che questa qualità abbia tempi diversi per la sua generalizzazione rispetto ai danni che oggi il consumatore subisce per la non informazione. Nel contempo i prodotti di qualità hanno fette di mercato sempre maggiori ma non non maggioritarie. In attesa che lo divengano, dobbiamo continuare a favorire danni al consumatore medio (che non legge le etichette)?
Ben venga quindi questa riduzione del danno, “Nutri-score”, che ci propone l’Ue.
All’Ue e ai singoli Stati il compito di favorire la transizione al consumatore consapevole. Transizione che già si avvantaggerebbe col sistema “Nutri-score”, ma che sarebbe opportuno incentivare con agevolazioni ed esenzioni fiscali proprio per quei prodotti che fanno meno male e che – ironia del mercato e dato di fatto – oggi sono quelli che costano di più e, quindi, meno attraenti per i consumatori.
In tutto questo occorre fare attenzione ad alcuni assunti che talvolta si danno per migliori solo perché fanno parte della nostra cultura: non è detto che il cibo italiano (generalmente eccellente), così com’è oggi, sia quello che serva alla transizione verso il consumatore consapevole. Forse l’occasione che ci viene offerta dal “Nutri-score” può essere motivo di affrontare il problema non come difesa di una sorta di sovranismo delle nostre presunte eccellenze, ma per farle diventare ancora più eccellenze al passo con il consumatore di questo millennio. Senza nulla togliere, ovviamente, al diritto di ognuno di provare piacere anche rischiando di farsi male.
ADUC – Associazione Diritti Utenti e Consumatori
NOTE
2 – https://sosonline.aduc.it/scheda/etichettatura+alimenti_15469.php