Vorrei avventurarmi con voi nel vocabolario dell’etica e, in particolare, dell’etica nel mondo dello sport, del basket in particolare. Oggi se ne parla molto: nei dibattiti televisivi, sui social e persino nei progetti della federazione italiana e, ovviamente, in quella siciliana. Ricordo a me stesso che gli storici dicono che quanto più una società è carente di moralità, tanto più se ne parla.
Poiché i professionisti dell’etica sportiva di solito non sprecano mai aggettivi, in poche righe definiscono la situazione presente di crisi, il bisogno di ritornare sull’etica, sulla sportività in campo e sugli spalti per trovare delle rassicurazioni, dei comportamenti a cui ispirare il proprio comportamento civile, nonché quello che sarà il suo contributo. Bellissime parole, bellissimi concetti da veri maestri di etica peccato che quado si parla molto di queste cose (etica, educazione, sportività, regole, comportamenti onesti, rispetto verso la legge) vengono di moda vocaboli di cui non si sa bene il significato: salute, rispetto per la vita, onestà, trasparenza, sincerità, lealtà.
Perché parlano di questi temi proprio coloro che ne calpestano ripetutamente i valori ogni volta che entrano in una palestra anche solo per assistere dagli spalti a una gara di under 15? Più che la risposta, sarebbe interessante valutarne la reazioni in pubblico che sia una palestra o semplicemente un luogo di lavoro.
Epperò non tutto è così etico. Purtroppo anche la morale, come la nostalgia, non è più quella di una volta. Non parliamo poi del morale dopo aver assistito a certi dibattiti sull’etica sportiva, sulla salute degli atleti, nel nostro caso, applicata al basket. Soprattutto quello siciliano (messinese) a suo tempo identificato come capitale sportivo (morale, appunto) e oggi degradato a un banale pourparler. In un annus horribilis non poteva mancare il fantasma più terrificante il maître à penser dell’etica sportiva de noantri!