Si conclude con una condanna non appellabile a cinque anni di reclusione la vicenda giudiziaria di Alaa Abdel Fattah, scrittore, blogger e attivista egiziano, tra i nomi più importanti del movimento popolare che ha portato alle proteste del 2011. Lo ha confermato alla testata indipendente Mada Masr l’avvocato Khaled Ali.
Stamani l’udienza si è tenuta presso il Tribunale per i reati d’emergenza per la sicurezza dello Stato, una corte speciale istituita attraverso la legge sullo stato d’emergenza del 2017, a Nuova Cairo, la nuova capitale edificata dalle autorità egiziane a circa una sessantina di chilometri da Il Cairo. A ottobre lo stato d’emergenza è stato sospeso ma i Tribunali speciali continuano il loro lavoro per i procedimenti già avviati.
Fattah si è visto riconoscere la condanna per diffusione di false notizie, reato di cui sono stati accusati e dichiarati colpevoli anche il blogger Mohamed Ibrahim – noto con il soprannome di “Oxygen”, “Ossigeno” – e l’ex avvocato dello stesso Fattah, Mohamed Al-Baqer, arrestato lo stesso giorno di Fattah, mentre raggiungeva il suo assistito. Questi ultimi dovranno scontare una pena a quattro anni di reclusione.
I tre attivisti, noti per il loro lavoro in difesa dei diritti umani, sono stati arrestati nel settembre del 2019, all’inizio di nuove proteste popolari che per un momento indussero gli analisti a prevedere la caduta del governo del presidente Abdel Fattah Al-Sisi, così come le proteste del 2011 avevano costretto alle dimissioni l’allora presidente Hosni Mubarak.
“Si tratta di condanne assurde” il commento per l’agenzia Dire di Claudio Francavilla, rappresentante di Human Rights Watch (Hrw) presso le istituzioni dell’Unione europea. “Tali condanne- continua- dimostrano ancora una volta quanto si sbagliava chi pensava che il ‘rilascio’ – peraltro temporaneo – di Patrick Zaki segnalasse l’inizio di un progressivo miglioramento dei diritti in Egitto”. Secondo il responsabile di Hrw, “senza un cambiamento radicale nell’approccio della comunità internazionale, la crisi dei diritti umani nel Paese rischia solo di aggravarsi. Servono sanzioni mirate, monitoraggio Onu, nonché la sospensione sia nella vendita di armi che degli aiuti militari, oggi più che mai”.
Vari difensori dei diritti hanno evidenziato in questi anni la pratica di arrestare nuovamente i detenuti per reati di coscienza, anche una volta concluso il processo e scontata la pena, un fenomeno definito “della porta girevole”. Sull’ipotesi che i tre dissidenti possano incorrere tale rischio, Francavilla replica: “tutto è possibile. Alaa Abdel Fattah venne rilasciato a inizio 2019 ed arrestato nuovamente vari mesi dopo. Ma per ora, il problema è che lui, come Al-Baqer e Ibrahim, abbia ricevuto una condanna ingiusta, pesante e inappellabile”.
Anche per il portavoce di Amnesty International Riccardo Noury si tratterebbe di “tre condanne crudeli e senza appello, nei confronti di tre dissidenti e difensori dei diritti umani che mai avrebbero dovuto mettere piede in una prigione”.
Noury in una nota tiene a sottolineare che “c’è grande preoccupazione per l’impatto che queste condanne potranno avere sulle loro condizioni di salute psicofisica”, quindi conclude con un appello: “Chiediamo al presidente Al-Sisi di usare le sue prerogative, in modo che queste condanne siano annullate”.
agenzia Dire