di ANDREA FILLORAMO
L’indagine in Germania sulla pedofilia nella Chiesa Cattolica ha colpito anche il Papa emerito Joseph Ratzinger, che, secondo le accuse, quando era arcivescovo di Monaco, dal 1977 al 1982, non avrebbe preso provvedimenti nei confronti di alcuni sacerdoti coinvolti in quattro casi di abusi sessuali.
Nel rapporto di uno studio legale tedesco si legge, infatti, che nel corso dei cinque anni in cui egli era a Monaco, due preti avrebbero commesso degli abusi sessuali e l’arcivescovo non avrebbe preso provvedimenti nei loro confronti.
Dinnanzi a questa accusa Ratzinger dopo aver espresso, attraverso una memoria di 82 pagine, il suo più profondo “turbamento” e la “vergogna” per l’entità ed i contenuti del rapporto, definì l’accusa mossagli una “pura propaganda” che testimoniava “un notevole grado di parzialità da parte degli esperti che avrebbero abbandonato il loro ruolo di neutralità e obiettività e sarebbero scesi, al suo dire, al livello di valutazione soggettiva, se non addirittura propaganda e di pura speculazione e, quindi, si sarebbero squalificati”, ha dichiarato di non essere stato “presente alla riunione in cui venne deciso il trasferimento di quei preti”, conseguentemente l’accusa sarebbe stata infondata.
Le smentite di Ratzinger sono state comunque definite “poco credibili” dai legali del rapporto e Ulrich Wastl, uno degli estensori, rispose, dimostrando che il futuro Papa, invece, sarebbe stato pienamente a conoscenza di ciò che accadeva nella sua arcidiocesi.
Il 24 gennaio, Ratzinger, ha corretto la propria testimonianza, allegata agli atti del Rapporto, affermando di avere, in verità, fornito informazioni, come lui dice “accidentalmente” errate e dichiarando che, contrariamente a quanto affermato inizialmente, ammetteva di aver preso parte alla famosa riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980 in cui venne decisa l’ammissione a Monaco di Peter H., un sacerdote di Essen con precedenti penali.
Le domande sono d’obbligo: “perché questa ‘virata di Papa Benedetto, presentata come se fosse un’ipercorrezione? come si conciliano i due momenti della testimonianza?”. Le risposte possono essere tante e non tutte favorevoli all’ex arcivescovo di Monaco, che forse per questi problemi si è dimesso da Papa.
Una cosa è certa, il caso Ratzinger, come altri casi di cui nel Rapporto, mette ancora una volta in luce il sistema clericale basato sulla segretezza e sull’occultamento dei preti pedofili, operato sistematicamente, per non nuocere al buon nome dei suoi ministri senza tener conto delle vittime, innocenti bambini e adolescenti.
Circolano ancora e non soltanto nella Rete, altre pagine nere, scritte durante il pontificato di Benedetto XVI, che meriterebbero di essere corrette; ad esempio quella relativa al caso di Maciel, abusatore seriale di seminaristi e persino di uno dei propri 3 figli nati in clandestinità da tre donne diverse, allontanato tardivamente da Benedetto XVI dalla guida dei Legionari di Cristo, mai condotto dinnanzi ad un tribunale canonico come è richiesto dalle norme della Chiesa, mai, quindi condannato o cacciato dallo stato clericale.
Il caso fa seguito alla Lettera ai cattolici irlandesi dello stesso Benedetto XVI, con cui ha denunciato come inammissibile: una “preoccupazione fuori luogo che per il buon nome della Chiesa e per evitare scandali (ha) portato come risultato alla mancata applicazione delle pene ecclesiastiche….”.
Per fortuna nell’attuale congiuntura, in cui l’abisso della vergogna dei preti pedofili, pare senza fondo, c’è qualcosa di nuovo che non sfugge alle letture più attente e alle analisi più approfondite.
C’è, cioè, la percezione sempre più convinta che le “piaghe” della Chiesa siano strutturali, non siano, cioè, singoli mali che possono essere guariti da medicine specifiche, da questo o quel pontefice e che occorre cambiare la cultura clericale che si è costruita nei secoli.
Papa Francesco ha già portato una serie di cambiamenti destinati a fare storia.
L’impressione è che la Chiesa di oggi si trovi dinanzi ad un bivio: o tornare indietro ripristinando la tradizione e l’austerità precedente a questo pontificato oppure dare seguito alla profonda riforma iniziata con questo papato.
Nel disegno di Bergoglio non c’è spazio per le “chiusure” dottrinali. La frattura dottrinale sorta attorno ad “Amoris Laetitia” continua a rappresentare la prova più evidente di questo assunto.
È questa la novità più rilevante che è posta in modo chiaro e determinante.
Secondo papa Francesco la causa prima di molti mali della chiesa – ricordiamolo ancora – è “il clericalismo”.
Dire no all’abuso significa dire con forza no a qualsiasi forma di clericalismo, che è il cancro che colpisce, preti e vescovi.