Il Tribunale del lavoro di Londra segna un passo in avanti in termini di parità di genere sul tema del gap occupazionale e retributivo tra uomini e donne.
Ritorniamo a trattare del tema relativo al gap occupazionale e retributivo tra uomini e donne, segnalando un’importante sentenza emanata dal Tribunale del lavoro Londra, di recente messa in evidenza dai principali quotidiani italiani e stranieri.
La notizia di grande rilievo riguarda la dott.ssa Stacey Macken, broker inglese, assunta nel 2013 nel ramo londinese di BNP Paribas, con un importante ruolo nella divisione hedge funds, la quale avvedutasi di percepire una busta paga molto più basta di quella percepita dai colleghi di sesso maschile aventi le medesime sue responsabilità e ruolo, con un divario che l’istante ha denunciato essere arrivato sino all’85%, chiedeva in molte occasioni un aumento in busta paga al suo datore di lavoro.
Tuttavia, la perdurante mancata presa in considerazione della richiesta da parte della Banca e, non solo, anche i comportamenti discriminatori subiti dai colleghi che lavoravano a contatto con lei in un ambiente lavorativo prevalentemente maschile, hanno determinato nel 2017 la lavoratrice a rivolgersi al Tribunale di Londra, che ha accolto le sue richieste, condannando il gruppo bancario francese a pagare la somma di oltre 2 milioni di sterline (circa 2,5 milioni di Euro), per discriminazione sessuale e disuguaglianza salariale.
Il rilevante verdetto è stato emanato a seguito di una verifica e comparazione, da parte del Tribunale, degli stipendi, bonus ed altri compensi percepiti dall’istante rispetto a quelli dei colleghi con pari mansioni e, a seguito di tali verifiche, il Giudice del lavoro ha effettivamente accertato un divario di retribuzione considerevole tra la lavoratrice ed i suoi colleghi maschi aventi equivalenti incarichi.
In più, la sentenza ha anche accertato condotte discriminatorie a danno della lavoratrice, verificatesi all’interno della filiale londinese del noto gruppo bancario, sia per l’attribuzione di nomignoli maleducati e sia per comportamenti di scherno da parte dei colleghi d’ufficio, in un ambiente di lavoro prevalentemente maschile.
Quindi, un importante provvedimento che segna un passo in avanti in favore delle donne sul tema del gap occupazionale e retributivo, nonché un chiaro messaggio al mondo lavorativo che tale discriminazione tra uomo e donna non può essere tollerata, essendo suscettibile di tutela giurisdizionale.
Seppur si segnalano ogni anno progressi nell’Unione Europea e in tutti gli Stati membri, ancora la strada per colmare tale divario non sembra essere breve.
In Italia, importanti passi avanti sono stati fatti a livello normativo con l’introduzione del Codice delle pari opportunità tra uomo e donna (D.lgs n. 198/2006) e con la Legge n. 162/2021, che ha rafforzato la tutela già offerta dal Codice, individuando e sanzionando in maniera più puntuale ed incisiva i trattamenti discriminatori presso i luoghi di lavoro.
Tuttavia nel nostro Paese, soffriamo ancora di una profonda arretratezza sotto il profilo della rappresentanza femminile, sia nelle istituzioni che nelle aziende: basti pensare alla presenza ancora limitata delle donne ai vertici delle strutture scientifiche (università, istituti di ricerca, associazioni scientifiche, etc.).
Dunque, in considerazione della situazione di divario occupazionale e retributivo tra uomo e donna in cui viviamo ancora oggi, ci auguriamo che la battaglia portata avanti dalla lavoratrice Stacey Macken e conclusasi con la vittoria della causa per discriminazione e disuguaglianza salariale sul luogo di lavoro, non sia solo un caso isolato ma possa essere un motore per l’evoluzione di un sistema lavorativo occupazionale e retributivo improntato sulla totale parità tra uomo e donna.
Maddalena Boffoli, avvocato giuslavorista