Dopo due anni di pandemia e lo scoppio della guerra in Ucraina, essere oggi genitori è più complesso che mai. Ai timori e l’apprensione degli adulti per la crisi internazionale si affiancano i sentimenti dei bambini che, mentre fanno proprie le sofferenze dei loro coetanei viste in tv, vogliono anche conoscere e capire.
Ad aiutare mamme e papà a districarsi in questa delicata situazione è la Fondazione Reggio Children-Centro internazionale Loris Malaguzzi di Reggio Emilia che propone una serie di “consigli educativi”, in pillole, per lanciare ai figli messaggi di speranza e rassicurazione. Nella “ricetta” spiegata dalla presidente Carla Rinaldi per esempio, non serve negare o edulcorare la tragedia, ma ascoltare i bambini e condividere le reciproche emozioni.
“Il periodo del Covid ha dato ai bambini non solo molte limitazioni ma probabilmente ha anche trasmesso loro la nostra paura del contagio: il termine paura è forse una delle parole che più di ogni altra ha caratterizzato questo tempo e anche le vite dei bambini”, premette Rinaldi. Spiegando poi che, “sebbene loro abbiano dei forti anticorpi a reagire, l’accumulo di stati di paura, soprattutto inespressi, non partecipati da altri e con altri a partire dai genitori e dalla scuola, può essere una cosa che davvero crea uno stato di angoscia con manifestazioni non sempre visibili o percepibili”. Per prima cosa, dunque, “delle paure bisogna parlarne, o meglio vanno ascoltate là dove si manifestano. Certamente attraverso la parola, ma a volte i bambini parlano anche con i ‘cento linguaggi’ come è caro alla nostra esperienza (è la filosofia di Malaguzzi, ndr) e raccontano le loro paure disegnando o giocando”.
Quindi, afferma la pedagogista parlando alla ‘Dire’, “dobbiamo alzare la nostra sensibilità e cogliere quegli elementi che ci trasmettono quando è il momento di parlare e di stare vicino ai bambini, che ascoltano tutto”.
In secondo luogo, non serve far finta che la guerra non ci sia o tentare di nasconderla, magari spegnendo la televisione. “Ricordiamoci sempre- avvisa Rinaldi- che i bambini di oggi sono immersi nelle immagini e le decodificano in modo più acuto e rapido di quanto accadesse un tempo e si pongono dei perché. I bambini sono i più grandi ricercatori di senso delle cose e la guerra è così difficile da riportare proprio perché non ha senso. Questo ci mette in imbarazzo e ci impedisce di dare spiegazioni”. Inoltre, “i bambini sono empatici e quindi quelli che piangono (in Ucraina) quasi certamente diventano loro”. Per questo, “dobbiamo aiutarli non negando, ma creando una zona non edulcorata ma di protezione”. Come? “Assolutamente- spiega Rinaldi- è meglio essere autentici anche perché i bambini sanno cosa sta accadendo. A loro bisogna dare un senso, ma soprattutto una dimensione e una proporzione degli avvenimenti e, far capire che c’è una distanza, anche geografica, con la loro vita”.
Poi i più piccoli vanno incoraggiati “dicendo che i ‘grandi’ che stanno cercando di risolvere, cercando di spiegare che la guerra non è la strada per i problemi ed educare alla pace nel quotidiano”. E ancora, dice la presidente della Fondazione, “dobbiamo aiutarli senza raccontare falsità ma condividendo le emozioni e rassicurando che comunque saremo con loro. Magari anche con le carezze e gli abbracci che non sono di poco conto”.
Prosegue Rinaldi: “Un altro concetto difficile da affrontare con i bambini è quello della morte, i bambini sanno che si può morire e che guerra e morte sono legati. Sono i concetti che agli adulti fanno paura, ma il bambino se li pone. I bambini non sanno esattamente cos’è la guerra, ma vogliono capirla e motivarla. Non sanno esattamente cos’è la morte ma vogliono immergersi e avere risposte”. Così, su questo piano, può aiutare anche una “narrazione” di quello che accade che, differenziata in base all’età, “ripeta soprattutto il fatto che non sono soli e insieme affronteremo questa cosa. Credo molto, in questi momenti nell’alleanza, tra genitori e bambini e nell’alleanza rassicurativa che può avvenire a scuola con gli altri bambini e le insegnanti”.
Il suo messaggio Rinaldi lo ribadisce con una citazione dello scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton secondo cui “le favole non raccontano ai bambini che esistono i draghi, lo sanno già, ma dicono che i draghi possono essere sconfitti”. Come “sconfiggere i draghi del nostro tempo- la guerra, la morte e la paura- è un problema che abbiamo in comune con i bambini ed è lì che l’alleanza più profonda tra adulti e bambini, tra genitori e figli, potrà aiutare”, conclude la presidente della Fondazione Reggio Children.