Umanizzazione, sia delle cure che dell’organizzazione, meritocrazia ed equità, conciliazione vita/lavoro, formazione e condivisione. Queste le parole d’ordine di un Sistema sanitario pensato dalle donne mediche e dirigenti sanitarie, deluse e insoddisfatte dall’attuale organizzazione del SSN emerse dalla Survey Anaao Assomed presentata alla IV Conferenza Nazionale Donne Anaao.
La pandemia da SarsCOVID-19 ha avuto un forte impatto sul Sistema Sanitario Nazionale e la componente femminile del personale sanitario, per quantità e qualità, è stata un’imprescindibile risorsa in questi anni difficili.
L’esperienza sul campo ha dimostrato che alle professioniste del lavoro di cura non servono patenti di leadership per assicurare l’assistenza fin nella più periferica postazione, organizzando e adattando conoscenze e abilità a ciò che bisognava fronteggiare. Ciò, nonostante la non rara inadeguatezza del sistema manageriale.
L’Anaao Assomed ha promosso su scala nazionale un questionario anonimo rivolto alle donne del SSN per interrogarle in merito alle criticità rilevate, alle esperienze vissute, alle proposte di miglioramento del lavoro di cura e di cambiamenti necessari a un SSN a prevalente componente femminile.
Il questionario condiviso alle iscritte Anaao Assomed attraverso la piattaforma SurveyMonkey tra il 9 marzo e il 14 aprile 2022 ha raccolto 1668 risposte tra partecipanti di età compresa tra i 26 e i 70 anni (età media 49,85 ± 10,03), la maggior parte convivente o sposata (69%), con figli (57%).
uLa maggior parte delle partecipanti ha un’anzianità di servizio di oltre 15 anni (54%), appartiene a un’area di specializzazione medica (60%) con un contratto a tempo indeterminato (92%) e lavoro a turni (60%).
La maggioranza delle risposte segnala insoddisfazione e delusione per il proprio lavoro (51,8%), con aspettative peggiorate nel 65% dei casi. Il 37%, tuttavia, si vede nel lavoro attuale anche nel prossimo futuro, prevalentemente perché ama il proprio lavoro (55,7%), una modesta maggioranza rispetto a chi segnala la prossima intenzione di cambiare lavoro. Tra le motivazioni addotte da quest’ultimo gruppo prevale l’insoddisfazione per le condizioni di lavoro (carenza di personale, disorganizzazione, carichi di lavoro, scelte aziendali, clima lavorativo (35,7%), la stanchezza, la demotivazione e il burnout con la percezione di non essere più in grado di gestire il proprio lavoro (24,7%), e anche l’assenza di sviluppo professionale (14,9%).
Tra le criticità emergono aspetti legati alla distanza percepita tra le scelte organizzative e le necessità degli operatori (22,6%), l’eccessivo carico di lavoro (19,2%) e la carenza di personale (17,9%), l’impossibilità di conciliare i tempi relativi al lavoro e alla propria vita privata (16,7%).
La maggioranza delle intervistate ritiene fondamentale migliorare l’organizzazione del lavoro attraverso l’aumento del personale, la riduzione dei carichi, orari più flessibili, turnistiche di reperibilità, notturne e festive ridotte, possibilità di usufruire di riposi e ferie, una riduzione del carico burocratico, un aumento della retribuzione e del tempo adeguato alla propria formazione professionale.
La stragrande maggioranza (93%) ritiene le attuali politiche di conciliazione casa-lavoro non sufficienti a rendere il proprio lavoro più soddisfacente, perchè trattasi di soluzioni marginali o lontane dalle reali necessità, in una società maschilista in cui poche donne sono al comando e nella quale le dottoresse vengono ancora chiamate signorine che dimostra anche una mancanza attenzione verso la maternità. Viene anche denunciato come le tutele esistenti spesso non vengono praticate e che chi le richiede sia spesso esposto a emarginazioni e discriminazioni da parte dei superiori e – talvolta – anche dai colleghi stessi.
Rispetto alla pandemia il 58% delle partecipanti riterrebbe utile un confronto tra la direzione organizzativa e i professionisti per analizzare le criticità, giudica la catena di comando rispetto al Covid inadeguata e priva di effetti sul proprio lavoro (66%), alla proclamata fine dell’emergenza.
Per rendere il lavoro nel Sistema Sanitario Nazionale più appetibile per i giovani professionisti, la maggioranza ritiene necessario un aumento della retribuzione, una riduzione dei carichi di lavoro e un maggior coinvolgimento nei processi decisionali rispetto al proprio lavoro. Anche nell’immaginare una sanità del futuro governata dalle donne emergono temi legati alla riorganizzazione del lavoro, alla maggiore conciliazione del lavoro con la propria vita e la famiglia, alla maggiore equità e possibilità di carriera.
Un aspetto segnalato come prioritario, e assente in altre indagini del genere, è la possibilità reale di uno sviluppo di carriera e un lavoro più flessibile negli orari e nei carichi rispetto alle esigenze. Sottolineata anche la necessità di umanizzazione sia delle cure sia dell’organizzazione: un’organizzazione sanitaria diretta da persone per le persone, dove il paziente torni ad essere al centro del processo.
Da segnalare come il 40% delle partecipanti riferisca di non aver mai partecipato a uno sciopero e di non ritenerlo uno strumento utile, mentre frequentemente segnalano alla propria direzione, da sole o con colleghi, diversi tipi di problematiche.
In sostanza, dalla survey è emersa la ricerca delle professioniste di un maggior ruolo, di maggior tempo, di maggiore partecipazione alla vita della organizzazione.