Qualche giorno fa ha fatto scalpore il caso del Conad di Pescara, riattivando il dibattito in merito sui diritti dei lavoratori.
Le telecamere possono essere usate sul luogo di lavoro?
La risposta è complessa. Le telecamere possono essere installate se sussistono i requisiti indicati dallo Statuto del Lavoratori:
– Sono necessarie per la tutela del patrimonio aziendale.
– Garantiscono la sicurezza nei luoghi di lavoro;
– Dipendono da esigenze tecniche, organizzative e produttive che devono essere descritte e documentate.
Prima dell’installazione è necessaria l’autorizzazione dei sindacati. Se mancano i sindacati serve l’autorizzazione da parte dell’Ispettorato del lavoro territorialmente competente che deve conoscere in anticipo il progetto di installazione dettagliato.
I dipendenti devono essere informati della presenza delle telecamere con indicazione precisa sul trattamento dei dati personali raccolti ed elaborati. Deve essere apposto un cartello che segnala in modo visibile l’ingresso in una zona video-sorvegliata a distanza.
Dove possono essere installate le telecamere?
Non in tutti i luoghi perché altrimenti verrebbe meno la ragione per cui l’installazione è stata autorizzata.
Non va MAI violata la privacy del lavoratore. Per cui le telecamere non potranno essere in bagni o spogliatoi.
Cosa accade se le telecamere sono installate in assenza dei requisiti previsti?
A rispondere ci aiuta la Corte di Cassazione con sentenza n. 17065 del 02 Maggio 2022. La Corte, chiarito che in assenza dei requisiti di legge l’installazione di telecamere nei luoghi di lavoro è illegittima, ha previsto che la condotta deve essere sanzionata, in via amministrativa e penale, come violazione della normativa sulla privacy.
Il Garante della privacy si è pronunciato sulla illiceità delle installazioni in bagni e spogliatoi. La violazione contestata è quella dell’art. 615 bis del codice penale, «interferenze illecite nella vita privata». Reato commesso non solo nei confronti dei dipendenti, ma anche, in via ipotetica, nei confronti di chi estraneo alla struttura si trovi a frequentare i servizi igienici riservati al personale. La norma prevede reclusione da 6 mesi a 4 anni,
Sara Astorino, legale, consulente Aduc