L’esposizione cronica all’inquinamento, anche a livelli inferiori delle soglie di legge sanciti dalla UE, incrementa la probabilità di morte per cause naturali, cardiovascolari, infarti, ictus e la mortalità cardiopolmonare in generale. Questi i dati preliminari raccolti in Italia su poco più di 2.5 milioni di cittadini di Roma, Torino e Bologna. Si confermano anche gli effetti negativi dell’esposizione allo smog durante la gravidanza: bassi ma costanti livelli di inquinamento comportano un aumento della probabilità di complicanze durante la gestazione e al momento del parto.
Non c’è una ‘dose sicura’ per lo smog: quando l’aria è inquinata la salute complessiva ne fa sempre le spese. Come non esiste un rischio zero con le sigarette, perché anche il fumo occasionale mette a rischio cuore e polmoni, così anche essere esposti a lungo a bassi livelli di inquinamento compromette la salute generale e accorcia la vita. Lo dimostrano studi discussi durante il Seminario Internazionale RespiraMi: Recent Advances in Air Pollution and Health, co-organizzato dalla Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico e dalla Fondazione Internazionale Menarini, secondo cui gli effetti nocivi su apparato cardiovascolare e polmonare sono evidenti già quando gli inquinanti nell’aria sono presenti a livelli inferiori alle soglie di sicurezza stabilite dalla UE e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
“In uno studio italiano, presentato in anteprima al congresso e che ha coinvolto oltre 2.5 milioni di cittadini di Roma, Torino e Bologna, abbiamo osservato che l’esposizione a particolato sottile (PM10) e particolato fine (PM2.5), si associa a un incremento della mortalità per livelli inferiori a quelli indicati come limiti di legge dalla Direttiva sulla Qualità dell’aria della UE, pari a 40 microgrammi/m3 per il particolato sottile e 25 microgrammi/m3 per il particolato fine – spiega Massimo Stafoggia, del Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario della Regione Lazio – ASL Roma 1, coordinatore dell’indagine – In particolare, per ogni aumento di 1 microgrammo/m3 di particolato fine si è stimato un incremento pari allo 0,3% del rischio di mortalità per cause non accidentali e dello 0,5% per malattie cardiovascolari; tale incremento risulta circa del 2% in corrispondenza di incrementi di 5 microgrammi/m3 di particolato fine. L’associazione è evidente anche alle dosi di esposizione più basse, a indicare che non esiste una soglia inferiore di sicurezza per l’esposizione allo smog, proprio come non esiste un fumo di sigaretta sicuro”.
“Lo smog inizia a fare male perfino durante la vita fetale: una revisione di tutti gli studi sull’argomento discussa durante il convegno sottolinea come l’esposizione ad aria inquinata durante la gestazione sia connessa a un incremento della probabilità di complicanze in gravidanza e al momento del parto, fra cui in particolare un aumento considerevole del rischio di diabete gestazionale e soprattutto di ipertensione gestazionale e preeclampsia – commenta Francesco Forastiere, co-presidente del Seminario e visiting professor all’Imperial College of London – Tutto questo può avere conseguenze a lungo termine anche sui bambini, si è per esempio osservato un incremento delle malformazioni congenite a carico dell’apparato cardiovascolare nei figli di donne esposte all’inquinamento atmosferico durante la gestazione”.
“L’esposizione allo smog è dannosa sulla salute in termini globali: si può dire che non ci sia un organo, un sistema o un apparato che non sia messo in pericolo dall’inquinamento, anche a livelli inferiori al previsto – interviene Pier Mannuccio Mannucci, co-presidente del Seminario e Professore Emerito di Medicina, Interna Università degli Studi di Milano e Policlinico di Milano – Per proteggersi, possiamo aiutarci con il verde delle piante: studi presentati al congresso confermano che le piante purificano l’aria delle nostre città intrappolando le polveri sottili, con un effetto positivo per la salute cardiorespiratoria che porta a un incremento dell’aspettativa di vita nelle città più verdi. L’urbanizzazione, che oggi riguarda il 55% della popolazione mondiale e raggiungerà il 75% nel 2050, ha ridotto drammaticamente la qualità e la quantità delle aree verdi: è perciò necessaria un’inversione di rotta, aumentando gli spazi verdi nelle città avendo cura di evitare le specie vegetali con effetti allergizzanti che possono essere amplificati dall’inquinamento atmosferico, come le graminacee. La capacità degli alberi di ripulire l’aria da particolati e ozono dipende soprattutto dalla specie, perciò è opportuno scegliere le piante anche in base alle sostanze inquinanti presenti. Anche negli ambienti chiusi è preferibile scegliere piante ‘anti-smog’ come ficus, benjamin ed edera, più efficaci contro benzene e ammoniaca che sono le sostanze inquinanti maggiormente presenti in scuole, case e uffici”.